Gacs tra luci ed ombre. Lo stato dell’arte della garanzia offerta dal Tesoro

Il punto su come stanno procedendo le operazioni assistite da Gacs e sulle attuali performance dei servicer

0
454

Il 17 ottobre scorso il Mef ha presentato alle Camere la relazione sull’andamento delle operazioni assistite da Gacs e sugli obiettivi di performance collegati. Emergono alcuni dati molto interessanti. Dal 2016, anno del varo del Gacs, al 31/12/2022 le operazioni di cartolarizzazione di sofferenze bancarie cedute massivamente ai sensi dell’articolo 58 del TUB, con applicazione della legge 130/99, assistite da garanzia del Tesoro, sono state 46 (di cui 28 multioriginator) per un GBV di 117,8 miliardi corrispondente ad un NBV di 30,3 miliardi. Il prezzo pagato dai cessionari è stato di 28,2 miliardi, pari al 23,9% del GBV ed al 93% del NBV. La perdita aggiuntiva delle banche è stata di circa 2,1 miliardi.

Per finanziare l’acquisto dei crediti sono stati emessi ABS per 26,6 miliardi, di cui 21,5 miliardi di titoli senior (80%) garantiti da Gacs che, per effetto dei rimborsi dovuti ai recuperi nel frattempo intervenuti, si sono ridotti a 12,6 miliardi. Solo nel 2022 le operazioni assistite da GACS sono state 10 a fronte di cessioni per un GBV di 29,2 miliardi corrispondente a 7,1 miliardi di NBV. Su questi portafogli le banche avevano quindi accantonato il 75% circa per rettifiche, analogamente alla media di tutto il periodo osservato ma ben oltre il 55% medio del sistema, comprendendo le sofferenze non cedute.

Per le cessioni del 2022 le banche hanno incassato un prezzo complessivo di vendita di 6,3 miliardi (con una perdita ulteriore rispetto al NBV di circa 800 milioni) finanziato con titoli emessi per 5,1 miliardi, di cui 3,9 (76%) senior e quindi garantiti da GACS. L’introduzione delle GACS, all’inizio, fece crescere i prezzi di vendita delle sofferenze, ma anche la quota di titoli senior. Nonostante non tutte le operazioni garantite abbiano un andamento favorevole rispetto alle previsioni originarie confortate dalle agenzie di rating con l’attribuzione del livello minimo di investiment grade (BBB-) ai titoli emessi, le Gacs non sono state escusse.

Anzi il fondo di dotazione originario di 120 milioni del 2016, incrementato di 100 milioni nel 2019, ha raggiunto al 31/12/2022 un ammontare di oltre 642 milioni (al netto degli oneri di gestione) grazie ai corrispettivi versati dalle emittenti nel periodo di rilevazione pari a circa 426 milioni.

Le performance dei servicer

Le 46 operazioni Gacs sono gestite da sei servicer. I risultati sono molto diversificati: al  31/12/2022 solo 19 operazioni sono considerate performanti, cioè avevano registrato recuperi superiori o pari al 100% delle previsioni di recupero originarie. Prelios sul 17 operazioni in gestione ne ha 7 performanti. DoNext su 12 ne ha 6 performanti. Cerved vede tutte sottoperformanti le sue tre operazioni. Master Gardant ne ha 2 performanti su 6. Banca Finanziaria Internazionale ne ha 3 performanti su 5. Zenith ha entrambe le operazioni in gestione performanti.

Da notare che la maggior parte delle operazioni non performanti sono di norma le più anziane, probabilmente per l’eccesso di ottimismo che aveva accompagnato l’elaborazione dei business plan all’inizio. Questa considerazione nasce dalla circostanza che, salvo il caso di Cerved, gli altri servicer registrano casi di successo e casi di mancato successo. Ne discende che le difficoltà non siano tanto nelle capacità dei servicer quanto nel rapporto asimmetrico tra qualità del portafoglio e relativo business plan. Non va trascurato inoltre che la fase pandemica ha sicuramente mortificato le attività di recupero.

Proprio per l’andamento deludente dei primi anni di sperimentazione delle GACS è intervenuto il decreto legge 25 marzo 2019 n. 22 che, tra l’altro, ha introdotto (i) la sostituzione del servicer in caso di risultati inferiori al previsto per due rate consecutive di pagamento degli interessi sui titoli, nonché (ii) il differimento del pagamento di almeno il 20% delle fees dovute al servicer in caso di risultati inferiori al 90% fino al rimborso dei titoli senior ovvero al conseguimento del 100% dei recuperi attesi.

A seguito dell’introduzione di questo correttivo all’originario decreto, in almeno un caso (operazione Bcc Npls 2018 Srl) l’originario servicer, Prelios, è stato sostituito da Master Gardant “a seguito del verificarsi di due eventi di underperformance”: ciononostante l’agenzia di rating non ha peggiorato il rating dei titoli correlati. La seconda ipotesi (II) è stata applicata all’operazione Iseo a carico di DoNext e all’operazione Penelope SPV a carico di Banca Finanziaria Internazionale.

Entrando nel dettaglio delle performance si rileva che quella peggiore è registrata da una operazione del 2017 con originator Banca Popolare di Bari e servicer Prelios che al 31/12/2022 aveva recuperato appena il 37,4% del business plan previsto. La migliore in assoluto è un’operazione con originator Iccrea e servicer DoNext che alla stessa data registrava il 589,3% di performance. Le operazioni sono talmente diverse che certi confronti sono poco significativi. Significativa è invece la circostanza che la maggior parte delle operazioni sia sottoperformante, il che potrebbe indurre a preoccupazioni per gli sviluppi futuri specialmente in una condizione congiunturale non favorevole che tenderebbe a rallentare i recuperi.

Vero è che dopo l’introduzione delle norme del decreto legge 22/19 di cui si è detto, che penalizza i servicer in caso di risultati disallineati rispetto agli obiettivi di periodo, gran parte delle operazioni successive hanno registrato un numero minore di casi di mancato successo. Il che fa ritenere che sarebbe stato opportuno introdurre sin dall’inizio norme penalizzanti per i servicer, i quali sarebbero stati probabilmente indotti a valutare con maggiore prudenza i business plan d’impianto.

Resta il fatto che l’aumento dei tassi di interesse e il conseguente pressoché automatico effetto deprimente sui prezzi di acquisto dei portafogli di sofferenze, dovuto ai meccanismi di attualizzazione dei flussi di cassa, potrebbe comportare un atteggiamento meno disponibile degli investitori su questo mercato ovvero un peggioramento delle perdite subite dalle banche in sede di cessione massiva delle sofferenze. Nei prossimi mesi le tendenze diventeranno più chiare e ci si potrà rendere conto se il fenomeno delle cartolarizzazioni potrà continuare ad evolversi in termini positivi o meno.