Ex Ilva, il Senato approva il decreto legge, che ora passa alla Camera. Sì al prestito ponte da 320 milioni

Palazzo Madama dà il suo via libera con 84 sì al provvedimento, pensato per consentire l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria

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Il Senato dà il suo placet al decreto del governo sull’ex Ilva di Taranto, provvedimento che stanzia 320 milioni nel 2024 per un prestito-ponte. L’aula di Palazzo Madama ha detto sì, con 84 voti favorevoli, 27 no e 30 astenuti al decreto legge necessario per consentire l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria per Acciaierie d’Italia e garantire la continuità produttiva dell’azienda. Ora il testo passa all’esame della Camera dei Deputati. Dovrà essere convertito in legge entro il 18 marzo.

Non è la prima volta che il governo Meloni interviene sulla questione ex Ilva, come ha fatto notare a Palazzo Madama il senatore Salvo Pogliese, relatore del provvedimento approvato al Senato: “l’anno scorso un altro decreto legge sanciva un finanziamento di 680 milioni di euro per Acciaierie d’Italia, per garantire anche in quel caso la continuità aziendale e stanziando anche 1 miliardo di euro, già in realtà previsto in un precedente decreto, ma che poteva essere utilizzato entro il 31 dicembre 2022. Grazie a quel decreto-legge è stato esteso l’orizzonte temporale per utilizzare quel miliardo di euro fino al 31 dicembre 2023”. Sono risorse che non hanno tuttavia impedito il continuo aggravamento della crisi del gruppo siderurgico.

In particolare Taranto – ha ricordato Pogliese – avrebbe dovuto produrre 5,7 milioni di tonnellate d’acciaio nel 2022 e 4 milioni di tonnellate nel 2023. Ebbene – ha aggiunto – “a fatica sono riusciti a produrne 3,4 milioni di tonnellate nel 2022, che sono scese a 3 milioni nel 2023. Non sono stati mantenuti neppure gli impegni in merito ai livelli occupazionali e al rilancio industriale”.

Più tutele per le imprese dell’indotto

Il provvedimento, in sede di esame in Commissione Industria di Palazzo Madama, ha subito diverse modifiche, tra cui la norma di ‘raccordo’ tra l’amministrazione straordinaria avviata nel 2015 sulla proprietà degli stabilimenti ex-Ilva e quella attuale sulla gestione.

Sono state aggiunte inoltre alcune misure che ampliano la tutela per le imprese dell’indotto, tra cui: condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia Pmi, concessione di contributi a fondo perduto per abbattere il tasso d’interesse, pre-deducibilità dei crediti. In sede di esame al Senato queste misure sono state rafforzate: anche le micro imprese, oltre alle piccole e medie potranno accedere al Fondo e ai contributi. Inoltre sono stati ampliati i criteri per accedere al Fondo stesso: che sia prodotto per un periodo non risalente oltre cinque esercizi (invece dei due inizialmente previsti) almeno il 35% del fatturato medio complessivo (invece del 50% inizialmente previsto) nei confronti del committente sottoposto all’amministrazione straordinaria.

Le Regioni potranno utilizzare avanzi di amministrazione derivanti da trasferimenti statali per il finanziamento di misure di sostegno alle imprese. Il testo iniziale aveva stanziato 10 milioni nel 2024 per misure di integrazione al reddito per i dipendenti dell’indotto per un massimo di sei settimane: con un emendamento FdI che contiene anche proposte avanzate da Pd e M5S, le risorse salgono ora a 16,7 milioni e l’integrazione potrà essere prorogabile fino a un massimo di dieci settimane.

Previste poi misure per la cassa integrazione straordinaria dei dipendenti degli stabilimenti ex Ilva con limitazioni al suo ricorso per gli addetti alla manutenzione degli impianti e alla sorveglianza delle attività connesse alla sicurezza oltre agli addetti ai presìdi ambientali.

Prorogata l’indennità per Termini Imerese e Gela

Nel corso dell’esame dell’Assemblea poi, sono state apportate altre novità: si proroga per tutto il 2024 l’indennità di sostegno prevista per i lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, con particolare riferimento alle aree siciliane di Termini Imerese e di Gela, stanziando 973.400 mila euro.

Piano industriale del commissario entro sei mesi

L ‘articolo 1 del decreto legge approvato consente, nei casi di società partecipate da amministrazioni pubbliche statali, ai soci che detengano almeno il 30% delle quote societarie di ottenere l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale. Con la modifica introdotta in Senato si prevede che l’amministrazione straordinaria possa riguardare (in via alternativa alla cessione dei complessi aziendali) la cessione dei contratti o dei diritti, anche di natura obbligatoria, aventi a oggetto, in tutto o in parte, gli stessi complessi aziendali.

Un altro emendamento approvato prevede che il commissario straordinario, entro sei mesi dal provvedimento di ammissione, comunica il piano industriale al Ministero delle imprese e del made in Italy. L’articolo 2 è quello che permette al Mef finanziamenti a titolo oneroso per la durata massima di 5 anni ed entro un tetto di 320 milioni per quest’anno per supportare la continuità produttiva e aziendale e assicurare la salvaguardia dell’ambiente e della sicurezza sul lavoro.

Le piccole imprese strategiche

L’articolo 4 fissa la disciplina applicabile alle grandi imprese in stato di insolvenza che rientrino nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 270 del 1999, per accelerare la chiusura della fase liquidatoria. Tra le novità aggiunte da Palazzo Madama, vi è la previsione che i componenti del comitato di sorveglianza non possano essere membri di più di tre comitati di sorveglianza.

Introdotto inoltre un articolo 4 bis che detta una serie di modifiche alle norme del Decreto 270/99: potranno essere ammesse le aziende ‘piccole’ (40 dipendenti) di rilevanza strategica che possono essere soggette al golden power; inoltre il commissario straordinario potrà rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente; e al momento della cessazione dell’esercizio dell’impresa con decreto del tribunale potrà chiedere la conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale o, per le start up innovative in liquidazione controllata.

Infine si prevede che la procedura di amministrazione straordinaria si chiude anche quando si accerti che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura.

Imprese nate da aggregazioni

Il decreto aggiunge il porto di Siracusa all’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia Orientale, che già include i porti di Augusta, Catania e Pozzallo. Un altro emendamento apportato prima dell’approvazione consente in via sperimentale per l’anno 2024 e 2025 nell’ambito del piano di politiche attive previsto dal PNRR, che le nuove imprese costituite attraverso processi di aggregazioni derivanti da una o più operazioni societarie (fusioni, cessioni, conferimenti, acquisizioni di aziende o rami di esse), con un organico di mille lavoratori o più, possano avviare un confronto sindacale.

Il confronto deve essere mirato a stipulare un accordo “in cui è contenuto un progetto industriale e di politica attiva, che illustri le azioni volte a superare le difficoltà del settore in cui opera e le azioni per la formazione o la riqualificazione dei lavoratori per garantire loro un adeguamento delle competenze professionali al nuovo contesto lavorativo e per gestire processi di transizione occupazionale”. Al datore di lavoro spettano esoneri contributivi per i lavoratori coinvolti per 24 mesi nella misura massima di 3.500 euro per lavoratore e ulteriori dodici mesi entro 2mila euro.

Pd: “Un provvedimento insufficiente

Il via libera al decreto, con tutte le modifiche apportate, è stato accolto con cauta soddisfazione, tuttavia per una parte della politica le misure non bastano. Come ha fatto notare ad esempio il senatore Antonio Misiani del Pd, secondo il quale rispetto al testo iniziale il decreto-legge è migliorato anche grazie ad una serie di proposte presentate dal proprio partito. Tuttavia “Sono insufficienti i 320 milioni di prestito ponte e gli interventi di sostegno nei confronti dei lavoratori e delle imprese dell’indotto – ha evidenziato – oltre che l’accesso al fondo di garanzia e il contributo in conto interesse. Misure utili, per cercare di risollevare una situazione drammatica, ma non sufficienti ad aggredire con efficacia i nodi che Acciaierie d’Italia ha di fronte”.

Il senatore ha invitato tutte le forze politiche ad un esame di coscienza e ad un’assunzione di responsabilità, sottolineando come il commissariamento e l’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia derivino da una storia di errori, di ritardi, di inadempienze di governi di ogni colore politico che si sono susseguiti negli anni.