Fallimenti, ecco perché sono nulli i contratti assistiti con garanzia statale

In una sua analisi, il magistrato Filippo D'aquino, approfondisce il tema della nullità dei contratti di finanziamento assistiti da garanzia statale, nel caso di abusiva concessione di credito e violazione delle regole di prudenza bancaria

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L’Unione Europea, in seguito al Covid e allo shock anche energetico dovuto alla crisi russo-ucraina ha introdotto una deroga, temporanea, al divieto di aiuti di Stato. Le imprese sono incentivate ad accedere alla liquidità mediante prestiti assistiti da garanzia statale. Anche l’Italia, di pari passo – come spiega il magistrato della Corte di Cassazione Filippo D’Aquino in una propria analisi sul Sole24Ore – ha provato ad agevolare con alcuni provvedimenti di legge l’accesso ai finanziamenti bancari alle Pmi garantiti da Sace e dal Fondo di garanzia Mediocredito Centrale Spa (Mcc).

La liquidità assistita da garanzia statale si sta tuttavia scontrando con l’insolvenza delle imprese finanziate, fa notare il giudice. La concessione di questi finanziamenti – secondo le sentenze dei tribunali ordinari – laddove si verifica una abusiva concessione di credito e violazione delle regole di prudenza bancaria è nulla, sia perché la banca si macchia del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, sia per una più generale violazione di norme penali, che prefigurerebbero un concorso in bancarotta dei funzionari della banca erogatrice.

Anche la Cassazione ha cambiato il proprio punto di vista sul tema, in alcune sue pronunce, affermando che il contratto è nullo “non solo in caso di contratto strutturalmente vietato dall’ordinamento”, come in caso di acquisto di prodotti contraffatti («contratto illegale»), ma anche ove sia frutto di condotta penalmente rilevante («reato in contratto»), ancorché la conclusione dello stesso avvenga con la mera cooperazione artificiosa della vittima (contratto estorsivo: casi che tradizionalmente rifluivano nell’annullabilità contrattuale); ovvero ancora, venendo al caso di specie, è nullo il contratto ove il titolo negoziale abbia violato una norma penale, quale la ritardata richiesta di fallimento.

Si tratta – precisa Filippo D’Aquino – di un orientamento controverso degli Ermellini. Infatti le Sezioni Unite della Cassazione, pronunciandosi nel 2022 sul tema del superamento di limite di finanziabilità del mutuo fondiario, hanno affermato che la violazione delle norme di «vigilanza prudenziale» bancaria non può condurre di per sé alla nullità del contratto. All’origine, in questo caso, c’è l’accertamento “incidenter tantum” di una fattispecie penalmente rilevante, che compone la violazione delle regole imperative e investe, nella sostanza, la valutazione del comportamento del funzionario bancario che ha erogato un finanziamento a imprese senza concrete prospettive di restituzione. Tuttavia, anche in questa chiave, la nullità non appare risolutiva.

L’esclusione del credito da finanziamento potrebbe non impedire l’escussione della garanzia da parte del creditore garantito, visto che – alla luce delle disposizioni operative per l’escussione della garanzia della legge 662/1996 – per escutere la garanzia è sufficiente l’avvio delle procedure di recupero del credito e non anche la sua ammissione al passivo. Non vi sarebbero, pertanto (in tesi) esternalità positive per il mercato derivanti dalla repressione di finanziamenti incauti.

Inoltre, se il curatore vuole mettere di fronte alle proprie responsabilità debitore e banca per ricorso abusivo al credito, ha l’obbligo di segnalare il finanziamento nella relazione prevista dal Codice della crisi d’impresa. Se il contratto è nullo e il credito da restituzione diviene inopponibile alla massa, non c’è danno per i creditori per concorso della banca creditrice, ma solo danno da ritardata dichiarazione di insolvenza. Perciò, conclude il magistrato, è più condivisibile l’orientamento secondo cui l’abusiva concessione di credito comporta una responsabilità da fatto illecito della banca (ex articolo 2043 del Codice civile) che legittima un controcredito della curatela, opponibile in compensazione, ovvero azionabile in sede ordinaria.