Cessione dei crediti in blocco tramite cartolarizzazione: la guida per affrontare una richiesta risarcitoria o restituzione dell’indebito

Il parere giuridico dell’avvocata Marika Miceli fornisce alcune indicazioni pratiche per chiunque sia legittimato passivamente a resistere in giudizio (cedente o cessionario) a fronte di una richiesta di risarcimento del danno o restituzione dell’indebito

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L'avvocata Marika Miceli dello Studio legale Miceli

Questo articolo, nell’ambito di un’operazione di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 TUB, eseguita tramite cartolarizzazione, ai sensi della L. n. 130/1999 artt. da 1) a 4), ha l’obiettivo di fornire un supporto pratico in merito a chi sia, il soggetto legittimato passivamente, fra il cedente o cessionario, a resistere:

  • alle domande riconvenzionali volte ad una richiesta di risarcimento del danno o di restituzione dell’indebito articolate dai debitori ceduti nei giudizi (attivi) proposti dal cedente o dal cessionario per il recupero del credito;
  • alle domande risarcitorie o di restituzione dell’indebito nei giudizi passivi proposti dai debitori ceduti.

Sulla sussistenza della legittimazione a resistere alle domande risarcitorie/restitutorie gli Ermellini hanno sancito che in caso di cessione di crediti il debitore può utilmente «opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori e posteriori alla cessione, purché anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto» (Cass. Sez. 3, sent. 17 gennaio 2001, n. 575, Rv. 543196-01; in senso analogo Cass. Sez. 5, ord. 20 aprile 2018, n. 9842, Rv. 648359-01 e molte sentenze di merito tra cui: Trib. Milano, sent. 12 gennaio 2016; Trib. Pavia, sent. 12 ottobre 2016; Trib. Napoli Nord, sent. 10 novembre 2016; Trib. Rieti, sent. 18 aprile 2017 e Trib. Catania, sent. 19 marzo 2018).

Tale orientamento è stato rivisto dagli stessi Giudici di legittimità i quali hanno, successivamente, affermato che tale principio se è possibile applicarlo ai cessionari dei crediti ex art. 58 TUB, non vale per le società veicolo delle operazioni di cartolarizzazione dei crediti, c.d. SPV (Cass. civ., sez. III, sent. 30 agosto 2019, n. 21843 Cfr. ABF Milano, Cass. Civ. n. 23154/2020; n. 884/2015, Trib. S.M. Capua Vetere, n. 1742/2018; Cass. n. 1772 del 2018, Trib. Monza, n. 1761/2017.), in quanto i crediti oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un “patrimonio separato”, sia rispetto a quello della SPV, che rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione, come stabilito dalla stessa L.n. 130/1999 all’art. 3, comma 2). Tale patrimonio, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 1, lett. b) della legge, è destinato al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione. In altri termini, il flusso di liquidità incassato è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell’operazione.

Del resto, come afferma la Corte, ragionare diversamente finirebbe “per annullare – quasi per “sublimazione” – gli istituti giuridici della cessione del credito e della cessione del contratto” snaturando la cessione prevista dalla L. n. 130 del 1999. Gli istituti giuridici della cessione del credito e del contratto sono, infatti, molto differenti fra loro. Il primo, disciplinato dagli artt. 1260 e ss. c.c., prevede che la cessione del credito si realizza mediante un accordo tra cedente e cessionario e che insieme al credito vengano trasferiti privilegi, garanzie personali e reali, e altri accessori, ritenendo ricomprese in tale definizione le azioni poste a tutela del credito; il secondo è disciplinato dall’art. 1406 c.c.. e ss. prevede che la cessione si realizza quando il titolare di un rapporto contrattuale sostituisce a sè un terzo nei rapporti derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive purchè non ancora eseguite e col consenso dell’altra parte.

Sul punto si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con la nota ordinanza n. 19849/2018 che ha chiarito che: “La differenza tra le due figure (cessione del credito e cessione del contratto) sta anzitutto nell’oggetto: con la cessione del credito si cede solo il lato attivo del rapporto, mentre con la cessione del contratto si cede tutta la posizione contrattuale, compresi oneri accessori, prestazioni secondarie, eccetera. Inoltre, la differenza è ravvisabile nelle azioni ed eccezioni trasferite ed esercitabili dal cessionario: con la cessione del credito si cedono solo le azioni volte a recuperare il credito (azione di adempimento e garanzie correlate), mentre con la cessione del contratto si cedono tutte le azioni relative al contratto (incluse quelle di risoluzione, rescissione, eccetera)”.

In sostanza mentre con la cessione del contratto, il cessionario si sostituisce in tutte le posizioni attive o passive, principali e accessorie, connesse al rapporto giuridico ceduto, ivi compreso il credito; con la cessione del credito, al cessionario viene trasferito il solo diritto di credito non subentrando nell’originario sinallagma contrattuale; non può, quindi, sussistere in capo al cessionario la legittimazione passiva rispetto alle richieste restitutorie avversarie del debitore ceduto.

Fatta questa introduzione, esaminiamo gli scenari più frequenti, senza pretesa di esaustività, che possono presentarsi a seguito della cessione e quale sia il soggetto legittimato a resistere nei giudizi alle richieste del debitore ceduto.

Ipotesi 1) – Azioni proposte dal cedente prima della cessione:

  • A) Domanda riconvenzionale formulata dal debitore ceduto con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal cedente prima della cessione. Se il cedente prima della cessione ha ottenuto e notificato il decreto ingiuntivo o atto di citazione ed il debitore ceduto opponendosi o costituendosi propone domanda riconvenzionale (salvo che il contratto di cessione disponga diversamente), avranno interesse a costituirsi sia il cedente, legittimato passivo in merito alla domanda riconvenzionale che il cessionario al fine di tutelare il recupero del credito ceduto, con contestuale atto di intervento 111 c.p.c., eccependo il difetto di legittimazione passiva in merito alla domanda riconvenzionale (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive o domande riconvenzionali).
  • B) Domanda riconvenzionale formulata dal debitore ceduto con comparsa di costituzione e risposta in un giudizio ordinario proposto dal cedente prima della cessione. Se il cedente prima della cessione ha notificato atto di citazione ed il debitore costituendosi propone domanda riconvenzionale, (salvo che il contratto di cessione disponga diversamente), il cedente ha interesse a proseguire il giudizio in quanto legittimato passivo in merito alla domanda riconvenzionale e il cessionario ha interesse a costituirsi con intervento 111 c.p.c. al fine di tutelare il credito ceduto, eccependo il difetto di legittimazione passiva in merito alla domanda riconvenzionale (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive o domande riconvenzionali).
  • Ipotesi 2) – Azioni proposte dal cessionario dopo la cessione:
  • C)   Domanda riconvenzionale formulata dal debitore ceduto con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dal cessionario dopo la cessione. Se il cessionario dopo la cessione ha ottenuto il decreto ingiuntivo ed il debitore ceduto opponendosi al decreto formula domanda riconvenzionale, hanno interesse a costituirsi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sia il cessionario per la tutela del credito ceduto, eccependo il difetto di legittimazione passiva in merito alla domanda riconvenzionale subita (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive o domande riconvenzionali) sia la cedente, in quanto soggetto legittimato passivo in merito alla domanda riconvenzionale. A tal fine è opportuno che il cessionario informi tempestivamente il cedente dell’azione subita affinchè quest’ultimo, quale unico legittimato passivo rispetto alla domanda riconvenzionale, sia posto nelle condizioni di poter decidere se resistere all’azione promossa dal debitore ceduto, mediante il deposito di un atto intervento ex art. 105 c.p.c. a tutela delle propria posizione soggettiva, oppure il cessionario potrà chiedere l’integrazione del contraddittorio del cedente (ove non lo chieda il debitore ceduto) o chiamare in causa la cedente ai fini della manleva ove previsto nel contratto di cessione.
  • D) Domanda riconvenzionale formulata dal debitore ceduto con comparsa di costituzione e risposta in un giudizio ordinario proposto dal cessionario dopo la cessione. Se il cessionario dopo la cessione ha notificato atto di citazione ed il debitore ceduto costituendosi propone domanda riconvenzionale, il cessionario eccepirà il difetto di legittimazione passiva (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive o domande riconvenzionali) e proseguirà il giudizio per la tutela del credito ceduto ed il cedente avrà interesse a costituirsi in quanto legittimato passivo in merito alla domanda riconvenzionale (salvo che il contratto di cessione disponga diversamente). A tal fine è opportuno che il cessionario informi tempestivamente il cedente della domanda riconvenzionale proposta affinchè quest’ultimo, quale unico legittimato passivo per la domanda riconvenzionale, sia posto nelle condizioni di poter decidere se resistere all’azione promossa dal debitore ceduto, mediante il deposito di un atto intervento ex art. 105 c.p.c. a tutela della sua posizione soggettiva, oppure il cessionario potrà chiedere l’integrazione del contraddittorio del cedente (ove non lo chieda il debitore ceduto) o chiamare in causa la cedente ai fini della manleva se previsto nel contratto di cessione.
  • Ipotesi 3) – Azioni proposte dal debitore ceduto prima e dopo la cessione:
  • E)  Azione ordinaria di restituzione dell’indebito/risarcitoria promossa dal debitore ceduto contro il cedente prima della cessione del credito.
    • Se il cedente è destinatario di un’azione passiva proposta prima della cessione dal debitore per la restituzione dell’indebito o risarcimento del danno, ed il cedente (prima della cessione) costituitosi in giudizio non ha proposto domanda riconvenzionale contro il debitore ceduto pur vantando un credito, il cessionario non ha interesse a costituirsi in tale giudizio poiché, essendo scaduti i termini per proporre domanda riconvenzionale, non potrà più tutelare in quella sede il suo credito.
    • Se il cedente è destinatario di un’azione passiva proposta prima della cessione dal debitore per la restituzione dell’indebito o risarcimento del danno, ed il cedente ha proposto domanda riconvenzionale contro il debitore ceduto volta alla tutela del credito (fatti salvi patti contrari previsti nel contratto di cessione), il cessionario ha interesse a costituirsi nel giudizio per la tutela del diritto di credito ceduto proponendo intervento ex art. 111 c.p.c. ed eccependo il difetto di legittimazione passiva relativamente alla domanda di restituzione o risarcitoria (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive o domande riconvenzionali).
  • F)  Azione ordinaria di restituzione dell’indebito/ risarcitoria promossa dal debitore ceduto contro il cessionario dopo la cessione del credito.
  • Se il cessionario, dopo la cessione, è destinatario di un’azione passiva, avrà interesse a costituirsi eccependo il difetto di legittimazione passiva in merito alla domanda subita (ad eccezione dei casi in cui nel contratto di cessione si sia obbligato a rispondere anche per tali tipologie di azioni passive) ed è opportuno che informi tempestivamente il cedente dell’azione subita affinchè quest’ultimo, quale unico legittimato passivo per le domande risarcitorie o/e restitutorie, sia posto nelle condizioni di poter decidere se resistere all’azione promossa dal debitore ceduto, mediante il deposito di un atto intervento ex art. 105 c.p.c. a tutela delle propria posizione soggettiva oppure il cessionario potrà chiedere l’integrazione del contraddittorio del cedente (ove non lo chieda il debitore ceduto) o chiamare in causa la cedente ai fini della manleva se previsto nel contratto di cessione. Il cessionario a sua volta: 1) potrà promuovere domanda riconvenzionale per tutelare ed ottenere la creditoria vantata. In questo caso, però, essendo attore in via riconvenzionale dovrà fornire la prova della sua legittimazione attiva a proporre domanda riconvenzionale, nonché dare la prova del credito sia in merito all’an che al quantum debeatur; 2) potrà decidere di non proporre domanda riconvenzionale per il recupero del credito ceduto al fine di non invertire l’onere della prova ex art. 2697 c.c. (soprattutto in caso di documentazione carente) o per attivare l’indennizzo previsto (generalmente) nel contratto di cessione ove pendano ancora i termini per richiederlo (si precisa, infatti, che ogni contratto di cessione prevede termini e garanzie diverse); in tal caso, il cessionario, nelle more della definizione del giudizio, quale titolare del credito, è opportuno che si attivi mediante il compimento di un atto stragiudiziale valido (es. lettera di messa in mora) ai fini dell’interruzione della prescrizione decennale del credito nei confronti del debitore ceduto.

Questi gli scenari di massima che si possono presentare a seguito delle operazioni di cessione eseguite tramite cartolarizzazione, tenendo presente, però, che l’atto di cessione potrebbe prevedere accordi differenti ed in tal caso prevarranno e dovranno essere applicate le obbligazioni assunte reciprocamente tra le parti.