L’Italia è più resiliente delle previsioni, nonostante la crisi si faccia sentire. Secondo un’analisi finanziaria di Morya Longo del Sole24Ore, sono state smentite le previsioni degli economisti che per il post Covid attendevano un’impennata delle insolvenze tra imprese e famiglie italiane. L’atteso picco di NPL non c’è in realtà stato – sottolinea Longo – tuttavia si intravede un aumento leggero e non paragonabile agli anni successivi al crack Lehman e alla crisi dello spread.
La conferma della lieve crisi si rintraccia nell’Osservatorio imprese di Crif, secondo il quale il tasso di default delle società di capitali dovrebbe raggiungere il 3,5% al termine del 2024 mentre invece era al 2,39% a dicembre 2023. Stesso discorso per i mutui: in base allo studio Nomisma su dati della Banca d’Italia e della Bce il tasso di deterioramento del credito alle famiglie è salito allo 0,7%. Tuttavia i livelli non sono paragonabili a quanto accadde dopo il 2013 e l’economia italiana sta resistendo.
Nonostante un contesto sfidante tra pandemia, difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime, aumento delle bollette energetiche, aumento dei tassi d’interesse, le imprese italiane hanno registrato un tasso di default minimo nel 2021, salendo poi leggermente nel 2022. Ora si prevede – secondo Luca D’Amico, ceo di Crif Ratings un ulteriore aumento al 3,5% nel 2024, influenzato da instabilità globale e fragilità economica italiana.
A parere di Morya Longo, l’Italia non ha registrato un’ondata massiccia di insolvenze per diverse ragioni. Le misure di sostegno governativo durante la pandemia hanno aiutato le imprese a sopravvivere ai lockdown, mentre il sistema bancario, che oggi a differenza del passato è solido e forte, ha garantito la continuità dell’erogazione del credito. Inoltre, il risparmio accumulato da imprese e famiglie durante il Covid e i finanziamenti a tassi vantaggiosi hanno contribuito a mitigare gli effetti della crisi. Infine, le imprese italiane si sono ristrutturate dal 2008 riducendo i debiti finanziari rispetto ad altri Paesi, e sono diventate più resilienti agli shock attuali.
I problemi gravano più che sulle imprese sulle famiglie, colpite dall’inflazione e dai tassi alti più della media dei nuclei europei. Secondo Roberto Anedda, Senior Advisor di Nomisma, 3,5 milioni di nuclei italiani hanno un mutuo in corso e la quota complessiva dei finanziamenti a tasso variabile è intorno al 40%. La rata mensile è schizzata al 119% in meno di due anni. Il reddito netto residuo disponibile è dimezzato. Per fortuna a giugno la Bce inizierà a tagliare i tassi d’interesse e anche i tassi dei mutui stanno scendendo.