Litigation funding: così lo strumento per finanziare i processi si sta facendo strada in Italia

Cresce il ricorso al finanziamento del contenzioso anche nel nostro Paese, sull’onda di importanti pronunce della Cassazione e con l'avallo dell’Antitrust

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L’Italia sta spianando la strada alla diffusione del litigation funding, strumento tipico dei sistemi giuridici di Common law. Vanno nella medesima direzione – riferiscono alcuni articoli apparsi in questi giorni sulla stampa – recenti pronunce della Cassazione e dell’Antitrust. Il ricorso allo strumento trova infine alimento anche nella presenza del Tribunale unico dei Brevetti a Milano.

Di cosa si tratta? Leggi qui cos'è il Third Party Litigation Funding e come può incentivare l'accesso alla giustizia. Sullo stesso tema scopri anche il punto di vista dell'avvocato Marco Rossi

Secondo quanto riferisce il Sole24Ore, il finanziamento delle spese legali da parte di fondi di investimento sta crescendo nel nostro Paese con l’ingresso di fondi internazionali e il sorgere di realtà italiane specializzate nel settore. Tuttavia, ad oggi, il numero di casi che ricevono finanziamenti è limitato a causa dei criteri di selezione rigorosi adottati dagli investitori.

Le pronunce della Cassazione

La Suprema Corte in particolare, con quattro sentenze pubblicate tra febbraio e marzo ha confermato – scrive NF – la validità del contratto di litigation funding mediante cessione del credito litigioso. Il contratto, per gli Ermellini, è valido anche in assenza di iscrizione del cessionario all’apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia (previsto dal TUB, il testo unico bancario). La vicenda che ha dato luogo alle pronunce aveva come protagonista un finanziatore il quale aveva avviato un’azione di risarcimento contro alcune compagnie aeree, essendo il cessionario del credito di alcuni passeggeri danneggiati da ritardi e cancellazioni di voli. Il Giudice di pace, in primo grado, aveva rigettato la richiesta di risarcimento, giudicando nullo il contratto di cessione perché il litigation funder non era iscritto all’albo degli intermediari tenuto dalla Banca d’Italia.

In appello tuttavia, il contratto di cessione del credito era stato dichiarato valido. In secondo grado infatti si era stabilito che l’articolo 106 del TUB si applica solo se la cessione implica un’anticipazione finanziaria. Poiché il corrispettivo della cessione era condizionato al successo del recupero del credito dalla compagnia aerea, non vi era causa di finanziamento. Le compagnie aeree hanno dunque fatto ricorso alla Cassazione, sostenendo che la cessione dovesse essere considerata un’operazione di finanziamento e che, essendo il litigation funder non iscritto all’albo, la cessione sarebbe stata nulla. A quel punto la Suprema Corte ha confermato la decisione d’appello, chiarendo che la cessione di credito non era un’operazione di finanziamento, poiché il pagamento al cedente dipendeva dal successo dell’azione legale e non era un’anticipazione finanziaria. La Corte pertanto – chiarendo un aspetto controverso – ha definito questa cessione come un contratto atipico legato ai servizi offerti dal litigation funder e ha confermato che il corrispettivo derivante dall’eventuale somma riscossa non costituiva un prezzo di vendita, ma il compenso per i servizi resi dal funder.

In Italia c’è ancora diffidenza

Anche l’Antitrust sta contribuendo alla diffusione del finanziamento del contenzioso: con una sua pronuncia nel 2019 ha sanzionato 34 aziende individuando un cartello tra i produttori di fogli e di cartone ondulato, realizzato nel periodo tra il 2004 e il 2017. Le decisioni dell’Antitrust sono state impugnate ma senza successo e ora sono centinaia le aziende che stanno facendo ricorso al litigation funding.

Lo studio legale Grimaldi Alliance, già nel 2023, aveva riconosciuto le potenzialità del settore del litigation funding, siglando una partnership strategica con Deminor, un noto litigation funder internazionale, che ora opera anche in Italia. Il settore nel frattempo è in crescita: i fondi di investimento collaborano con vari studi legali, sostenendo i costi delle controversie, anche in caso di insuccesso.

Le aziende si avvalgono di questo strumento per esternalizzare la gestione delle controversie e i relativi costi. Tuttavia pochissime cause riescono ad ottenere i finanziamenti, superando le selezioni. L’attrattività del mercato italiano è influenzata dalla lentezza del sistema giudiziario, ma ci sono alcuni settori più promettenti di altri, come ad esempio il contenzioso brevettuale, grazie al Tribunale unico specializzato di Milano.

In Italia dunque il litigation funding rappresenta un’opportunità, anche se manca ancora una cultura sul tema, ed è guardato ancora con diffidenza. Secondo gli esperti, servirebbe una regolamentazione europea per garantire un approccio uniforme allo strumento, mentre un’ordinanza della Cassazione di febbraio 2023 ha stabilito che i finanziatori del contenzioso non devono essere necessariamente considerati società finanziarie.