Veneto Banca, a sette anni dalla liquidazione recuperati 2,2 miliardi di euro

Il bilancio provvisorio sull’attività della liquidazione: rimangono ancora beni per 1,8 miliardi da liquidare. Ma solo Intesa San Paolo e in parte lo Stato saranno soddisfatti

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Sono trascorsi sette anni dalla liquidazione del 25 giugno 2017 delle ex popolari venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca). E ora i commissari liquidatori, Alessandro Leproux, Giuliana Scognamiglio e Giuseppe Vidau, tracciano un bilancio dei risultati raggiunti. In origine, il patrimonio da liquidare era di 5.980 milioni, di cui 4,8 miliardi di NPL e un altro miliardo di quote di partecipazioni in fondi e società proprie, messe all’asta. Dunque quasi sei miliardi di euro.

Secondo quanto emerge dall’informativa un terzo è stato recuperato. Fino alla fine del 2023 sono stati incassati 2,245 miliardi di euro: 251 milioni dalla vendita di partecipazioni finanziarie, 209 milioni dalla vendita di società proprie, 1,357 miliardi dal recupero di crediti da Amco e 324 milioni dai crediti rimasti ai liquidatori. Invece un altro terzo dei 6 miliardi è stato svalutato. Gli NPL, inizialmente 4,848 miliardi di euro trasferiti in gran parte ad Amco, sono stati svalutati di 2,2 miliardi in base alle stime di recupero. L’ultimo terzo è ancora da recuperare. A fine 2022 c’era un patrimonio residuo di 1,8 miliardi di euro.

Ora ci si domanda quanto tempo verrà concesso ancora ai liquidatori, stretti da un lato dalla necessità di massimizzare il recupero e dall’altro dal bisogno di chiudere tutto, con quasi 13 mila creditori che aspettano ancora dopo sette anni. Quali creditori saranno soddisfatti? I commissari affermano che tenendo conto delle passività e delle stime di recupero, non ci sono prospettive concrete per soddisfare creditori diversi da Intesa e dallo Stato.

Due sono i numeri chiave: 1,8 miliardi di patrimonio sono ancora da valorizzare (di cui 1,5 miliardi di crediti deteriorati) e passività per 5 miliardi di euro (4,998 milioni), di cui 4,041 milioni sono debiti verso Intesa e lo Stato, che hanno la precedenza nei pagamenti rispetto agli altri creditori. Durante la liquidazione, sussistono due vincoli principali. Il primo è dato dai 2,3 miliardi di euro che lo Stato ha versato all’inizio della procedura per sostenere l’operazione di Intesa, tra capitale e costi di ristrutturazione, e che ora sono debiti da ripagare con i recuperi. Il secondo vincolo è il debito di 3,2 miliardi verso Intesa, nato dal dislivello tra le passività prese dalla banca e le attività cedute. Questo debito è stato risolto con un finanziamento di Intesa ai commissari per 3,197 miliardi di euro, a un tasso dell’1%, scaduto nel 2022 e prorogato.

La legge di liquidazione stabilisce che questo debito va pagato per primo, subito dopo i crediti prededucibili, e prima dei crediti statali. Se i liquidatori non riescono a restituirlo, lo Stato coprirà il prestito. Fino ad ora, i recuperi (2 miliardi fino al 2022, 2,2 miliardi fino al 2023) sono stati usati per restituire il prestito di Intesa: 1,985,8 milioni tra capitale e interessi sono stati restituiti fino alla fine del 2022. A fine 2023 il saldo del prestito è di 1,222,4 milioni. Considerando anche l’altro prestito di Intesa, è difficile credere che lo Stato potrà recuperare cifre significative.