Gli istituti di credito italiani stanno per andare incontro ad un lieve deterioramento della qualità degli attivi, del tutto gestibile, bilanciato da una forte redditivitià. Parola di S&P, secondo la quale lo stock di NPE ha toccato minimi storici nel 2023, attestandosi a poco più del 3% dei prestiti ai clienti, al lordo delle rettifiche. Tuttavia le previsioni dell’agenzia, inserite in un report sulle banche globali, riferiscono che “il flusso di nuove Npe aumenterà nel 2024 a causa delle condizioni economiche meno favorevoli e dei costi di finanziamento più elevati” ma “l’effetto sarà gestibile per la maggior parte delle banche”.
Una prova per gli istituti
Secondo l’agenzia statunitense le perdite su crediti aumenteranno a una media di 70 punti base (bps) nel 2024 e 2025 (rispetto ai 45 bps del 2023), un livello che viene considerato “la norma per le banche italiane”. L’aumento delle esposizioni deteriorate è dovuto a condizioni economiche meno favorevoli e di un aumento dei costi di finanziamento. Secondo le stime, in ogni caso, “l’Italia eviterà una recessione, con una crescita del Pil prevista dello 0,9% nel 2024”. Anche se in leggera flessione rispetto al 2023, il reddito netto da interessi rimarrà in media superiore del 50%-55% rispetto al periodo della pandemia.
Da un lato dunque ci si aspetta una ripresa delle spese operative e delle perdite su crediti che eroderà gli utili. Dall’altro il rendimento del capitale proprio rimarrà superiore al costo del capitale delle banche, attestandosi con buona probabilità su una media del 12%-13% per le banche italiane con rating, prima di diminuire gradualmente. La situazione sarà gestibile per la maggior parte delle banche. Mentre nel corso del prossimo anno, il rallentamento economico potrebbe mettere alla prova la resistenza degli istituti. Sono più protetti quelli con buffer sani, ma alcune banche, soprattutto quelle che avranno difficoltà a reperire finanziamenti a medio o lungo termine, potrebbero soffrire se le condizioni di mercato dovessero peggiorare.