Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo al correttivo del Codice della crisi, giunto al quarto tagliando, con alcune modifiche rispetto al testo approvato in prima lettura il 10 giugno. Quest’ultimo – spiega Il Sole 24 Ore pre -disciplinava le ipotesi di cram down, cioè i concordati con continuità aziendale omologati dal tribunale nonostante un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, se ritiene che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente percorribili.
In pratica il cram down – sosteneva quel testo – era percorribile se il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi non fosse stato pari almeno: a) al 70% di tali crediti, esclusi interessi e sanzioni, qualora i creditori diversi da quelli pubblici che aderiscono alla ristrutturazione rappresentino meno del 25% dell’intero debito, ovvero b) al 60% di tali crediti, esclusi interessi e sanzioni, qualora i creditori diversi da quelli pubblici che aderiscono alla ristrutturazione rappresentino il 25% o più dell’intero debito.
I problemi però nascevano dal fatto che non è sufficiente elevare la soglia legale di soddisfacimento per ottenere un incremento del pagamento offerto, perché le imprese che si trovano in una situazione di crisi dispongono di risorse finanziarie limitate; conseguentemente, se nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (Adr) l’omologazione forzosa risulta troppo onerosa, il debitore è indotto a perseguire il risanamento mediante un diverso istituto in cui le soglie non siano previste: ad esempio mediante il concordato preventivo in continuità, ove non è prevista alcuna soglia minima.
La soluzione sarebbe ora stata individuata prevedendo due soglie, a seconda dell’ampiezza delle adesioni degli altri creditori, pari al 50 e al 60% del debito costituito solo dai tributi, con esclusione di sanzioni e interessi, che corrispondono sostanzialmente al 37 e al 44% circa dell’intero debito. Inoltre, il cram down viene precluso quando il debito tributario o contributivo non è inferiore all’80% dell’intera esposizione debitoria dell’impresa debitrice e inoltre: a) il contribuente ha omesso il versamento di imposte o contributi in almeno cinque periodi, oppure b) nel caso in cui il debito tributario o previdenziale derivi, per almeno un terzo del debito oggetto di transazione, dall’accertamento di violazioni fraudolente.
Non era necessario, infine – spiega ancora il giornale – alcun intervento sulla norma contenuta nel testo approvato lo scorso 10 giugno che introduce la falcidia dei debiti tributari nella composizione negoziata, dalla quale sono escluse le risorse proprie dell’Unione Europea. Anche l’Iva può essere oggetto di riduzione in tale ambito, e non il contrario: questo tributo non rientra infatti tra le risorse proprie dell’Unione europea, se non per il solo 0,30%, come discende dall’articolo 2 della decisione UE 2020/2053 del Consiglio UE del 14 dicembre 2020.