Il principio contabile IFRS 9, entrato in vigore nel 2018, ha profondamente rivisto le modalità di classificazione e valutazione delle attività finanziarie, introducendo, in particolare per la valutazione dei crediti, un approccio basato sulle perdite attese (expected credit loss – ECL), a fronte di quello basato sulle perdite incurred.
Le indicazioni normative in tema di assegnazione dei crediti ai diversi “Stage” previsti dall’IFRS 9 (“staging” o “stage allocation”) prevedono di identificare le variazioni significative del rischio di credito facendo riferimento ai seguenti aspetti principali:
- la variazione della probabilità di default (PD) rispetto alla prima rilevazione dell’attività finanziaria;
- la vita attesa dell’attività finanziaria;
- le informazioni forward looking che possono influenzare il rischio di credito.
L’assegnazione di un’attività allo Stage 1 o allo Stage 2 non è legata alla sua rischiosità assoluta (in termini di probabilità di default), ma alla variazione (positiva o negativa) del rischio rispetto alla prima rilevazione. Pertanto, nello Stage 1 possono trovarsi asset con PD maggiore di quelli presenti in Stage 2. Inoltre, poste rilevate in Stage 2 possono, a seguito di miglioramento nella loro probabilità di default, migrare nello Stage 1.
Da un’indagine condotta da Banca d’Italia presso un campione di banche, volta ad analizzare l’implementazione del principio contabile IFRS 9, è emerso come uno degli indicatori maggiormente utilizzati per la valutazione del “significativo incremento del rischio di credito” (SICR), ai fini della classificazione come Stage 2, sono incluse principalmente le esposizioni per le quali si è rilevata una variazione (oltre soglie determinate) della probabilità di default lifetime rispetto al momento dell’iscrizione iniziale in bilancio dello strumento finanziario.
Rilevano altresì ai fini della classificazione a Stage 2 la presenza di uno scaduto che – ferme restando le soglie di significatività identificate dalla normativa – risulti tale da almeno 30 giorni o, per la maggior parte degli intermediari, la presenza di misure di forbearance (tolleranza). Ciò è in linea con le aspettative, in quanto la forbearance è associata alle difficoltà finanziarie del debitore, status di norma non compatibile con la permanenza in Stage 1.
L’attivazione di una misura di forbearance implica, inoltre, una permanenza di almeno 24 mesi (c.d. probation period) del credito a Stage 2. Infine, sono considerati – ai fini del passaggio tra “stage” – anche alcuni degli indicatori dei sistemi di monitoraggio del credito delle banche (sistemi di “early warning”) che, in caso di segnali di rischiosità elevata, suggeriscono un perimetro di controparti potenzialmente più rischiose, da classificare a Stage 2.
Stando alle statistiche dell’EBA e della ECB da fine 2018 (anno di entrata in vigore del principio contabile IFRS 9) la percentuale dei crediti in Stage 2 sul totale crediti delle banche in Europa è passata dal 7,4% al 9,7% con un incremento del 31%. Lo scoppio della pandemia da Covid-19 prima, con le ripercussioni in termini di aumento dell’incertezza del contesto di riferimento e della volatilità sui mercati finanziari, la profonda recessione dovuta alle limitazioni nello svolgimento delle attività commerciali, unitamente poi ad una elevata inflazione, politica monetaria restrittiva della Bce con conseguente aumento dei tassi di interesse e rallentamento dell’economia causati dallo scoppio del conflitto bellico russo-ucraino, sono state le principali cause di tale incremento.
A luglio 2024, la BCE ha pubblicato il risultato di una indagine condotta su 51 banche – circa la metà delle banche sotto supervisione diretta – relativa alla valutazione di sei “novel risks” ed i criteri di misurazione delle perdite potenziali provenienti da questi rischi nonché il loro impatto sulla classificazione a Stage 2 e Stage 3.
Tali rischi riguardano:approvvigionamento energetico, scarsa resilienza della supply chain in generale, rischi geopolitici, tassi di interesse elevati, alta inflazione, rischi ambientali “IFRS 9 overlays and model improvements for novel risks”.
La maggior parte delle banche non sono in grado di catturare questi “nuovi rischi” all’interno dei propri modelli statistici a causa di dati insufficienti nelle serie storiche. Le banche, quindi, utilizzano attualmente il ricorso al metodo dei “macro-overlay”, ovvero procedono ad effettuare un aggiustamento “post-model” andando ad alterare i parametri di rischio (ad esempio la probabilità di default) incorporando informazioni macroeconomiche forward-looking.
Tuttavia, questi modelli di “macro-overlay” sono stati progettati prima del 2018 per prepararsi all’introduzione dell’IFRS 9. Per definizione, tali modelli non sono sensibili ai nuovi rischi e non sono in grado di differenziare gli impatti settoriali per ciascun “nuovo rischio”. Questo approccio ignora la natura non lineare del rischio e delle perdite di credito attese, sottostimando così sistematicamente l’impatto medio e la staging allocation. Sulla base dei risultati di questo esercizio, la BCE ha deciso di intervenire prontamente per spingere le banche più carenti a misurare meglio questi rischi, per i quali non esistono dati statistici storici affidabili.
Si pone, quindi, un profondo tema manageriale nella gestione dei crediti tenuto conto che sono migliaia le imprese a «rischio» classificate come Stage 2 ed i nuovi flussi NPE saranno costituiti prevalentemente da crediti “vivi” riferibili a piccole/medie imprese appartenenti ai settori più colpiti dalla crisi pandemica e/o maggiormente esposte ai “novel risks”. È quindi sempre più cruciale, per avere una gestione efficace del credito, puntare alle competenze e investire su tecnologia e digitalizzazione per sviluppare soluzioni sempre più innovative e smart.
A fronte di queste considerazioni, emerge la necessità di definire un approccio che consenta di monitorare i crediti Stage 2 e definire chiare ed immediate contromisure, in caso si evidenzino segnali di possibile deterioramento.
L’innovazione tecnologica risulta quindi un elemento imprescindibile per mettere in atto una gestione strategica e tailor made dei crediti più rischiosi, in ottica di creazione di valore per le Banche.
Un esempio è rappresentato da strumenti di AI che utilizzano tecniche di Machine Learning (ML) sui portafogli crediti considerati più rischiosi, i cosiddetti Stage 2 volti alla selezione e alla definizione di cluster di portafogli. Ad ogni cluster individuato, viene poi associata una strategia di gestione ottimale, tramite l’utilizzo di una pluralità di alberi decisionali.
La strategia ottimale identificata, sulla base degli algoritmi di ML potrebbe tradursi in:
- soluzioni alternative di finanziamento, per garantire alle aziende l’entrata di denaro in cassa necessaria per far fronte alle esigenze dell’attivo circolante;
- cartolarizzazioni sintetiche, che permettono di aumentare la capital efficiency con effetti positivi anche in termini di expected credit loss;
- misure di forbearance, che permettono di equilibrare le uscite di cassa del cliente con le entrate, in modo tale da evitare situazioni in cui il cliente potrebbe entrare in default causa mancanza di liquidità;
- soluzioni specifiche per le aziende volte ad accelerare il percorso verso l’efficientamento energetico e una transizione energetica intelligente, nonché ridurre i potenziali impatti causati dai rischi climatici.
Volendo fare il punto sul quadro normativo fornito dall’A.I. Act, gli algoritmi di A.I. che assegnano un punteggio in ambito creditizio, sono consentiti, ma, qualificati come sistemi ad alto rischio, soggetti agli specifici obblighi e requisiti stabiliti per tali sistemi, in particolare, l’obbligo di istituire, attuare, documentare e mantenere un sistema di gestione dei rischi, l’obbligo di ricorrere a set di dati di addestramento, convalida e prova che soddisfino criteri di qualità, esattezza, pertinenza e rappresentatività.