Le nuove regole sul cram down fiscale introdotte dal “correttivo ter” al Codice della crisi potrebbero «pregiudicare l’accesso ad uno strumento agile ed efficiente come l’accordo di ristrutturazione per quelle imprese che presentano debiti con i creditori pubblici». Lo fa presente Assonime, l’associazione delle società per azioni, in una Guida al codice della crisi aggiornata alle misure correttive del d.lgs 13 settembre 2024, n. 136. Il fatto è che perchè le amministrazioni pubbliche “mandino giù con forza” (la traduzione dell’espressione cram down) un concordato lesivo dei loro interessi, fiscali o contributivi consentendo al tribunale di omologare l’accordo – osserva la guida – lo stesso tribunale deve verificare il soddisfacimento del 50% dei creditori in luogo del precedente 30 per cento. E, pertanto, è più complicato da realizzare.
È questa l’unica perplessità formulata sulle nuove disposizioni sulle quali il giudizio di Assonime è largamente positivo. Il Correttivo ter è intervenuto sulla maggior parte degli istituti e delle regole riformate dal Codice, con lo scopo di risolvere le principali questioni interpretative sorte nei primi due anni di applicazione.
Il decreto, in particolare – segnala la guida – modifica la disciplina degli assetti per la rilevazione tempestiva della crisi, chiarendo che i segnali indicati dall’articolo 3 del Codice della crisi (e cioè debiti scaduti verso fornitori; esposizioni verso banche e creditori pubblici) «non sono da considerare come segnali di allarme di una situazione già compromessa che determinano un obbligo di attivazione della composizione negoziata o di altro strumento, ma indicazioni da valutare in chiave prospettica e preventiva e che servono ad agevolare il monitoraggio costante sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria della società».
Sono stati, inoltre, modificati gli obblighi di segnalazione in capo all’organo di controllo che «non sono più legati al verificarsi di una situazione di squilibrio economico-patrimoniale, ma di vera e propria crisi o insolvenza, riconducendo nella discrezionalità degli amministratori la gestione della situazione di pre-crisi».
Tra le modifiche più rilevanti, si segnalano, inoltre, quelle in tema di composizione negoziata, volte a garantire una maggiore accessibilità ed efficienza a un istituto che «inizia a dare buoni risultati non solo in termini numerici, ma anche di soddisfacimento dei creditori e di imprese risanate».
Si chiarisce, ad esempio, che possono accedere all’istituto anche le imprese «in stato di insolvenza purché non irreversibile e che l’accesso alla composizione negoziata non comporta di per sé una differente classificazione del merito creditizio, agevolando la partecipazione dei creditori bancari, e ancora si introduce la possibilità di concludere un accordo con l’Erario al di fuori delle più rigide procedure giudiziarie che consentono di ottenere il cram down fiscale».
Anche il concordato preventivo subisce numerose modifiche intese «a sanare le lacune della disciplina e a risolvere dubbi interpretativi già sorti in giurisprudenza come, ad esempio, quelli relativi al concetto di valore di liquidazione essenziale per valutare il rispetto delle regole della distribuzione del valore».
Il cantiere del codice della crisi, comunque, – osserva ancora Assonime – non è ancora chiuso. A livello europeo è, infatti, in corso di esame una proposta di direttiva per l’armonizzazione di alcuni aspetti della disciplina dell’insolvenza che, se approvata, «avrà un impatto significativo sulla disciplina della liquidazione giudiziale, richiedendo nuovi interventi correttivi».