Il pegno non possessorio, verso una nuova frontiera per l’asset based lending

Il pegno non possessorio presenta un’indubbia attrattiva per i creditori alternativi che approcciano un tavolo di ristrutturazione con concessione di nuova finanza

0
57
Light bulb in human hand, yellow background.

La concessione di nuova finanza in contesti di crisi d’impresa ha rappresentato negli anni un esperimento piuttosto controverso e, purtroppo, non sempre pienamente riuscito.

I piani nell’immediato post-riforma Legge Fallimentare 2006 si concentravano sul richiedere alle stesse banche, già creditrici dell’impresa in difficoltà, nuovo rischio, con grande complessità nell’individuare gli appropriati criteri di allocazione. Le successive evoluzioni, con il progressivo assorbimento del mercato secondario degli NPE e l’ingresso di nuovi creditori alternativi, hanno portato le manovre a concentrarsi sull’impiego di strumenti che permettessero il beneficio della pre-deduzione, spesso accompagnato dall’acquisizione di nuove garanzie ipotecarie.

Oltre a un crescente ricorso a forme di collateralizzazione attraverso la cessione del credito, come ad esempio il factoring per il sostegno del fabbisogno di breve periodo, si è cominciato solo in tempi molto recenti a esplorare la componente di attivo circolante rispetto all’”inflazionato”, e già oggetto di gravami preesistenti, attivo immobilizzato come fonte di garanzia anche di medio periodo.

A questa esigenza risponde molto bene il pegno non possessorio o rotativo (floating charge) divenuto operativo nel 2023.

COS’È ESATTAMENTE IL PEGNO NON POSSESSORIO?

Il pegno mobiliare non possessorio – così lo definisce l’Agenzia delle Entrate – è una forma di garanzia introdotta in Italia dall’articolo 1 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, a beneficio degli imprenditori iscritti nel Registro delle imprese, al fine di agevolarne l’accesso al credito.

A garanzia del credito il pegno può essere concesso su beni mobili (ad esclusione dei beni mobili registrati) apparte­nenti al debitore finanziato o ad un altro soggetto (terzo datore) e, a differenza del pegno previsto dal codice civile agli articoli 2784 e seguenti, il titolare dei beni dati in garanzia non ne perde il possesso.

Il pegno non posses­sorio si costituisce con atto scritto e ha effetto verso i terzi esclusivamente con l’iscrizione nell’apposito Registro, tenuto dall’Agenzia delle Entrate”.

Nulla dice il Decreto circa i requisiti soggettivi del creditore. Nel silenzio della legge, è da ritenersi che sia riservato ad ogni categoria di soggetto autorizzato all’attività finanziaria, ma non si ravvisano neppure espressi divieti ad un suo uso anche a favore di soggetti non finanziari, come ad esempio nelle operazio­ni di “supply chain finance” tra operatori di filiera.

Oggetto del pegno

Il pegno può essere costituito su una vasta gamma di beni registrati che comprende, di fatto, tutti i prodotti e strumenti inerenti e/o connessi all’attività d’impresa (quali ad esempio, prodotti delle industrie alimenta­ri, metalli, legno e suoi lavorati, macchinari industriali, nonché beni immateriali e beni finanziari).

Rotatività della garanzia

Salvo che non sia pattuito diversamente, l’impresa che ha costituito il pegno è autorizzata a trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre dei beni gravati dalla garanzia. In tal caso il pegno si trasferirà, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corri­spettivo, senza che ciò comporti costituzione di una nuova garanzia.

Il Decreto tace sulla possibilità di rotatività con sostituzione del bene con altro bene di pari o simili caratteristiche (come, per esempio, avviene per il pegno rotativo su prodotti DOP o IGP del DL 17/3/2020 n. 18). Tuttavia, da un punto di vista strettamente tecnico, non vedremmo ostacoli evidenti ad un meccanismo di sostituzione, con conservazione del pegno, purché nei limiti del valore dei beni sostituiti. Tale facoltà è oggi ammessa dalla giurisprudenza ed è coerente con la dichiarata finalità dell’istituto del pegno non possessorio di modernizzare il sistema delle garanzie pi­gnoratizie.

COME SI COSTITUISCE?

Il contratto costitutivo deve avere forma scritta a pena di nullità. L’atto deve inoltre contenere l’indicazione del creditore, del debitore e dell’eventuale terzo concedente il pegno, la descrizione dei beni che formano oggetto della garanzia e del credito garantito e la determinazione dell’importo massimo garantito.

Ai fini dell’opponibilità verso i terzi è neces­saria l’iscrizione del pegno presso il registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle Entrate, denominato “Registro dei Pegni” (il Registro), gestito da un apposito ufficio dell’Agenzia, sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia.

Per l’iscrizione nel Registro è necessario presentare al conservatore, per via telemati­ca, una domanda sottoscritta digitalmente, contenente tutte le informazioni previste dal Regolamento, unitamente al titolo costitutivo del pegno. L’iscrizione può essere eseguita solo in forza di:

  1. atto pubblico o scrittura privata autenti­cata;
  2. contratto sottoscritto digitalmente;
  3. provvedimento dell’autorità giudiziaria.

L’iscrizione ha durata di dieci anni e può essere rinnovata.

COME SI ESCUTE LA GARANZIA?

Al creditore pignoratizio è consentito tutelare il proprio credito tramite una forma di esecuzione agevolata in via di autotutela. Al verificarsi di un evento di escussione, il creditore deve notificare un’intimazione, anche direttamente a mezzo PEC, al debitore e all’eventuale terzo concedente il pegno, ed un avviso scritto al datore della garanzia e agli eventuali titolari di un pegno non posses­sorio trascritto nonché al debitore del credito oggetto del pegno.

Il creditore, salvo che il titolo disponga diversamente, ha diritto ad ottenere la consegna dei beni oggetto di pegno entro 15 giorni dall’intimazione.

In assenza di consegna, il creditore può rivolgersi all’ufficiale giudiziario affinché proceda, anche senza titolo esecutivo e precetto, con le formalità dell’esecuzione per consegna e rilascio. L’ufficiale giudiziario si avvale, nel caso, di un esperto o un commercialista per l’individuazione dei beni pegnati o del corrispettivo, nel caso di loro alienazione.

Compiuta l’intimazione, il creditore ha facoltà di procedere:

  1. alla vendita dei beni oggetto della garanzia;
  2. all’escussione o cessione dei crediti oggetto della garanzia;
  3. alla locazione dei beni oggetto della garanzia;
  4. all’appropriazione dei beni oggetto della garanzia.

Al datore di pegno va sempre restituita l’eventuale eccedenza rispetto all’importo garantito.

CONCLUSIONI E PRIME ESPERIENZE APPLICATIVE

Il pegno non possessorio presenta un’indub­bia attrattiva per i creditori alternativi che approcciano un tavolo di ristrutturazione con concessione di nuova finanza: è lo strumento idoneo a mitigare la perdita attesa in caso di default attraverso il ricorso diretto su beni che rappresentano una risorsa inespressa e libera da altri gravami.

Tuttavia, occorre osservare come le prime esperienze applicative lascino ancora indurre una certa prudenza agli operatori.

In particolare, l’approccio iniziale del conservatore del Registro induce a cautela; l’Agenzia delle Entrate, nelle prime esperienze, non si limita a una verifica formale ma, a quanto risulterebbe, interviene a sindacare i requisiti di merito soggettivi e oggettivi del pegno la cui iscrizione è richiesta, con il rischio per le parti di incorrere in rallentamenti o discussioni con l’Agenzia sull’interpretazione del Decreto.

Il successo dell’istituto, da considerarsi ancora di frontiera, dipenderà inoltre inevitabilmente dal corretto funzionamento dell’escussione privata, che potrà essere valutato solo nell’arco di qualche anno e che troverà il proprio banco di prova più importante nei contesti di restructuring normati dal nuovo Codice della Crisi.