«Abbiamo aperto una porta, anche se siamo stati accusati di lesa maestà». Parlando con Be Bankers, Massimo Garavaglia, senatore della Lega e presidente della Commissione Finanze di Palazzo Madama, considera solo rinviata la sua battaglia per trasferire una quota dei crediti fiscali all’industria dei servicer, per favorire il miglior recupero delle somme che attualmente rimangono soprattutto sulla carta. L’emendamento, presentato con altri parlamentari al Dl Fisco, è stato alla fine ritirato per le pressioni, a quanto si è appreso, dell’Agenzia delle Entrate, evidentemente non convinta che quella proposta dal parlamentare fosse la strada giusta da percorrere.
Il testo di modifica legislativa, in particolare, disponeva per i crediti del magazzino fiscale «il discarico anticipato e il contestuale affidamento a un operatore pubblico specializzato nel recupero crediti, con funzione di master servicer, il quale può a sua volta avvalersi, a seguito di procedure di gara, di uno o più operatori dotati di esperienza, affidabilità e risorse organizzative e tecnologiche adeguate, con funzione di special servicer». Chi fosse quell’operatore pubblico specializzato non era difficile immaginarlo. Sarebbe stato senza dubbio Amco, società pubblica di gestione dei crediti deteriorati, che ha già svolto un’azione di primo piano nel traghettare in questi anni fuori dai bilanci bancari buona parte dei portafogli Npl. La cessione dei crediti agli special servicer non sarebbe avvenuta gratis. Quei soggetti avrebbero dovuto versare allo Stato un’anticipazione sui futuri incassi pari al 10% del valore nominale dei crediti affidati. Un obbligo, per la verità, considerato difficile da soddisfare da più di un operatore. Tutto cancellato, anche se Garavaglia appare intenzionato a proseguire la sua battaglia.
«Il magazzino fiscale – spiega il parlamentare – è in continua crescita e i recuperi di crediti dell’Agenzia delle Entrate non riescono a diminuire i flussi in entrata. Che ci sia qualcosa che non quadra mi sembra di tutta evidenza». A suo giudizio, circa 200 miliardi di quel grande ammontare potrebbero essere dirottati verso l’industria dei servicer per poter essere gestiti con maggiore efficienza, sfruttando le professionalità che quegli operatori hanno dimostrato in questi anni nell’estrarre valore dai portafogli di Npl ricevuti dalle banche. Il calcolo l’aveva fatto lo stesso presidente della commissione Finanze annunciando il suo emendamento a un convegno organizzato da «CreditNews». Vi sono – aveva spiegato – circa 120 miliardi di crediti sospesi in cui il debitore ha versato la prima rata, poi più nulla. A questi occorrerebbe aggiungere circa 70 miliardi di crediti relativi a procedure concorsuali o di liquidazione in atto, per le quali i pagamenti risultano anch’essi sospesi in attesa del loro esito. In totale sono appunto 200 miliardi che avrebbero concrete possibilità di tradursi, almeno in parte, in effettive entrate a favore delle casse dello Stato.