Affidare all’industria dei servicer una quota dei crediti erariali che attualmente rimangono “in sonno” nel magazzino fiscale dello Stato potrebbe far affluire a quegli operatori specializzati uno stock di crediti da riscuotere tra i 100 e i 120 miliardi dal 2025 e un flusso annuo di nuovi crediti fiscali tra i 10 e i 15 miliardi a partire dal 2030. La stima è di E&Y, contenuta in un report pubblicato in questi giorni (“Crediti Erariali: una nuova asset class per Servicer ed Investitori NPE?”).
Lo studio analizza le dinamiche di un fenomeno in continua crescita, quello dei crediti non riscossi dallo Stato, che ha raggiunto la consistenza di ben 1.205 miliardi alla fine del 2023. Dentro quell’enorme ammontare, che l’Agenzia delle Entrate (AdE) non riesce a gestire con efficacia, c’è un po’ di tutto: imposte o contributi previdenziali non versati, sanzioni amministrative non saldate, altre entrate non riscosse e crediti da regresso (derivanti dall’escussione delle garanzie pubbliche).
Inchieste giornalistiche realizzate in questi anni hanno mostrato che molte di quelle pretese da parte del fisco fanno riferimento a persone defunte o nullatenenti, oppure sono contestate dai debitori. Dei 1.780 miliardi di crediti ottenuti in gestione nel periodo 2000-2023, l’AdE ne ha recuperati meno del 10% (165 miliardi). Altri 410 miliardi si sono persi per strada per procedure di annullamento parziali o totali della pretesa creditoria. Di quel che è rimasto, ovvero i 1.205 miliardi, una parte potrebbe essere affidata ad altre mani e avere maggiori chance di recupero, con sollievo per le casse pubbliche.
Il report non ha preso in considerazione, se non marginalmente, l’emendamento presentato dal presidente della commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia (poi ritirato), finalizzato a trasferire una quota dell’arretrato ai servicer per il tramite di AMCO, la società pubblica per la gestione dei crediti deteriorati. Ha invece analizzato la legislazione già esistente, compreso il “Dl Riscossioni”, il quale dispone:
- Discarico automatico
I crediti affidati all’AdE da gennaio 2025 e non riscossi entro 5 anni saranno automaticamente riaffidati agli enti creditori, ad esclusione dei crediti per cui risulta sospesa la riscossione o vi sono procedure già avviate. - Discarico anticipato
Gli enti creditori potranno chiedere la riconsegna anticipata dei crediti dopo almeno 24 mesi dall’affidamento, ad esclusione dei crediti per cui risulta sospesa la riscossione o vi sono procedure già avviate. - Riaffidamento dei carichi
I crediti riaffidati agli enti creditori potranno essere alternativamente:- gestiti in proprio dall’ente;
- riaffidati all’AdE per 24 mesi, qualora divengano noti nuovi elementi reddituali o patrimoniali;
- affidati in gestione a soggetti privati tramite procedura pubblica di aggiudicazione.
Con alcuni adattamenti della legislazione già in vigore, l’industria dei servicer potrebbe affiancare l’AdE nello smaltimento di quei crediti, mettendo a disposizione le competenze acquisite in questi anni nella gestione dei crediti distressed acquisiti dal sistema bancario. L’arrivo dei crediti erariali, tra l’altro, fornirebbe nuova linfa a un’industria attualmente a corto di “materia prima”, visto che le banche sono attualmente molto più attente nell’evitare accumuli di NPL nel proprio portafoglio crediti e, comunque, cercano di gestirli in proprio.
I numeri in gioco sarebbero, appunto, assai rilevanti. All’industria dei servicer, entro il 2025, potrebbe affluire uno stock tra i 100 e i 120 miliardi di crediti fiscali e, a partire dal 2030, potrebbe contare su un flusso annuo tra i 10 e i 15 miliardi. «Per me – sottolinea Michele Thea, Partner EY, Europe West NPE Leader – la domanda chiave è la seguente: i crediti erariali rappresentano una nuova asset class per servicer ed investitori NPE? Si tratterebbe di una “bomba” sul mercato, ma positiva per i seguenti motivi: i) dalla collaborazione pubblico (AdE)/privato (industria credit servicing) potrebbe innescarsi un beneficio per le finanze pubbliche, grazie ad alcune evolute prassi gestionali; ii) l’industria del credit servicing, in Italia giunta al suo stadio maturo, troverebbe nuove fonti di ricavo, continuando a incrementare organici e tasse pagate; iii) ci potrebbe essere un crescente interesse degli investitori in NPE per alcune tipologie di crediti (es. nel contesto di procedure) su cui accelerare gli incassi. Credo che il dibattito, includendo anche gli operatori di mercato, non possa che fare bene per trovare delle soluzioni, anche normative, condivise e praticabili».