Non è facile delineare le future evoluzioni di quella che è a tutti gli effetti una “industria” in uno stadio maturo; ciò che si può provare a fare è, almeno schematicamente, identificare le sfide che certamente i credit servicer hanno di fronte nei prossimi 3-5 anni in Italia. Volendo stare sulle dita di una mano, esse sono rappresentate da:
- Trovare nuove fonti di ricavi: proprio perché è un’industria matura con nuovi flussi “tradizionali”, dunque derivanti da NPL ed UTP, in diminuzione si deve guardare ad “altro”.
La domanda chiave è, evidentemente, cosa è questo “altro”? Articolando la risposta, la ricerca dovrebbe andare verso:
- Asset class cosiddette adiacenti a NPL ed UTP, e più tradizionali, quindi Stage 2 o credito subperforming; ci sono però anche altre tipologie di credito quali i crediti fiscali derivanti dal Superbonus su cui, forse, il mondo del Credit Servicing è stato un po’ “timido” nel dare una risposta sui 120 € miliardi di stock derivanti dalla discussa misura legislativa. Se per quest’ultima tipologia la finestra di mercato sembra quasi alle spalle, di certo non lo è per i crediti erariali su cui il D.L. Riscossione dello scorso agosto 2024 sembra aprire una nuova opportunità di mercato. Per inciso, anche con una prospettiva di benefici per le finanze pubbliche degna di interesse.
- Monetizzazione dei dati, quindi lo sfruttamento sempre più evoluto del patrimonio informativo.
- Estero: l’Italia con la gestione del più grande stock europeo di NPE ha dimostrato di saper gestire in modo sempre più evoluto questa criticità. Siamo sicuri che non ci siano ancora paesi in cui “esportare” questa esperienza, attraverso crescite inorganiche o partnership? Ad esempio Germania e Francia.
- L’intelligenza artificiale, che può aiutare a vendere servizi sempre più evoluti a banche o investitori, ma che certamente è anche una delle leve della sfida successiva.
- Inseguire l’efficienza operativa: essendoci una pressione sui ricavi e “masse” gestite a rischio di calo, il c.d. “cost-to-serve” deve essere una nuova disciplina gestionale per l’industria. Lo si può fare, lo si deve fare: si guardi al mondo bancario italiano, che con i miglioramenti continui nel cost-to-income sta dando una lezione positiva in Europa.
- Un aspetto che mi piace molto ricordare, perché riguarda il “bene comune”, è l’economia sociale di mercato. Lo ricordava il Governatore della Banca d’Italia nelle ultime sue considerazioni finali dello scorso 31 maggio 2024: se noi guardiamo gli ultimi 10 anni in Italia, gran parte del balzo che si è avuto nella bilancia commerciale – passata da essere negativa per 23 punti percentuali sul PIL a essere positiva per oltre 7 punti percentuali sul PIL, che vogliono dire 155 € miliardi – è stato reso possibile, oltre che dalle politiche monetarie e di bilancio espansive, dalla ristrutturazione del tessuto produttivo. Ebbene, quindi, l’industria del Credit Servicing, che ha in mano una gran parte di economia reale, ha un ruolo e una sfida molto importante su questo. La ricerca proattiva di soluzioni per i “clienti/debitori”, trovando nuove forme di finanziamento e partner (o compratori) industriali che ne determinino il rilancio è essenziale.
- La sfida tecnologica: è stato già toccato parzialmente il punto, accennando ai dati ed all’intelligenza artificiale quale fonti di nuovi ricavi e, quest’ultima, anche quale leva, tra le altre, per l’efficienza operativa. Lo sviluppo e l’applicazione a 360° della tecnologia merita però una riflessione importante, nonchè investimenti decisi, che solo gli operatori più strutturati possono mettere a terra. Di certo molto si sta muovendo e se ne raccoglieranno presto i frutti.
- L’impatto della “Direttiva NPL”: riguarda soprattutto i “piccoli”, perchè i “grandi” sono già attrezzati, quindi per loro è una sfida già vinta o realizzata.