Ok al concordato senza la maggioranza dei creditori

Una decisione del Tribunale di Torre Annunziata di cui scrive Il Sole 24 Ore.

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Un concordato preventivo può essere omologato anche senza l’assenso della maggioranza dei creditori. Lo ha stabilito il 31 dicembre scorso – ha scritto Il Sole 24 Ore – il Tribunale di Torre Annunziata, decidendo appunto di omologare un concordato preventivo nonostante il mancato raggiungimento della maggioranza prescritta dall’articolo 177 della legge fallimentare.

Nel caso specifico, la proposta di concordato non aveva conseguito la maggioranza del totale dei creditori ammessi al voto. Il tribunale ha preso la sua decisione – spiega il quotidiano – con un’interpretazione estensiva dell’articolo 180 della legge fallimentare, che regola l’istituto del cram down fiscale e previdenziale. Interpretazione in base alla quale si ritiene non solo l’interesse concorsuale prevalente rispetto a quello fiscale, ma che la transazione deve essere omologata forzosamente se è conveniente per i creditori pubblici, malgrado il rigetto della proposta da parte di questi ultimi.

L’omologa può avvenire al ricorrere delle seguenti condizioni: quando l’adesione dei creditori pubblici è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze richieste dall’articolo 177 della legge fallimentare e quando la proposta di soddisfacimento dei crediti della predetta amministrazione appare più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Ad avviso del Tribunale di Torre Annunziata ricorrevano entrambi questi presupposti, ed esso ha quindi accordato l’omologa. In particolare, la prosecuzione dell’attività di impresa, in base alle valutazioni e verifiche del professionista illustrate nella relazione giurata – ha spiegato ancora il giornale – «consentirà di conseguire una provvista complessiva superiore a quella che potrebbe essere ottenuta nell’alternativo scenario fallimentare, con conseguente possibilità di far realizzare anche ai creditori chirografari (tra cui l’Agenzia delle Entrate e l’INPS) una soddisfazione, seppur parziale, del loro credito, che rimarrebbe invece totalmente insoddisfatto in caso di fallimento».