Le imprese fanno meno ricorso alle banche e, per le proprie esigenze di finanziamento, utilizzano maggiormente l’autofinanziamento apportando capitali propri (di imprenditori e soci) o di terzi (attraverso il mercato dei capitali e l’azionariato diffuso). È la tesi sostenuta dall’Ufficio Studi della CGIA, l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, che in un report sottolinea come negli ultimi anni si stia assistendo a una decisa diminuzione della domanda di credito da parte delle imprese. Il trend, però, riferisce Repubblica, non ha coinvolto indistintamente tutte le realtà produttive e commerciali del Paese. È verosimile che, per molte micro imprese, alla contrazione dei prestiti non sia seguita alcuna forma di autofinanziamento, bensì un progressivo deterioramento economico/finanziario che le avrebbe fatte scivolare nell’area grigia dell’insolvenza o, peggio ancora, a rivolgersi al mercato del credito illegale.
Ed ecco i dati: a fine dicembre del 2011 i prestiti bancari alle imprese italiane ammontavano a 995 miliardi di euro; verso la fine del 2024, invece, la quota è scesa a 666 miliardi (-329 miliardi di euro, pari a una contrazione del 33 per cento). Per contro, nello stesso arco temporale, i depositi bancari delle aziende sono passati da 219 miliardi a 519 miliardi (+300 miliardi, pari a un incremento del 137 per cento).
Oltre ai fattori appena citati, alla contrazione del credito alle imprese vanno aggiunte le importanti trasformazioni registrate dal sistema bancario e imposte dalla Banca Centrale Europea che, a seguito delle crisi finanziarie avvenute in questi ultimi decenni, ha introdotto dei parametri molto stringenti nella valutazione del merito e del rischio di credito. Inoltre, le stesse banche sono state costrette ad aumentare notevolmente il livello di patrimonializzazione, con misure che hanno indotto il sistema creditizio a razionalizzare i prestiti alle imprese potenzialmente più insolventi, riducendo così il rischio di veder aumentare la platea dei crediti deteriorati.
In Europa, non tutti i paesi hanno registrato simili contrazioni. Anzi, lo scenario italiano appare quasi un’eccezione. Secondo i dati della BCE, tra il 2011 e il 2023 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili per un confronto europeo), i prestiti bancari alle imprese nell’Area Euro sono cresciuti del 4,3% (+188,6 miliardi di euro), con picchi positivi del +61,4% in Francia e del +46% in Germania. In valore assoluto, Parigi e Berlino possono contare su un’esposizione degli istituti di credito verso le attività economiche quasi doppia rispetto a quella di Roma. Tra le nazioni economicamente più importanti, solo la Spagna ha registrato una flessione superiore a quella italiana: se nel Bel Paese la riduzione è stata del 30,9%, Madrid ha visto scendere i prestiti del 46,7%. In difficoltà anche le aziende dei Paesi Bassi, che hanno subito una riduzione dell’8,1 per cento.