Le pillole della Banca d’Italia sulla gestione dei crediti in sofferenza e dintorni

Le risposte sui punti chiave sollevati durante la consultazione che ha portato all’adozione, il 23 febbraio 2025, del regolamento attuativo della normativa di recepimento della Secondary Market Directive

0
646
Osservatorio-Cartolarizzazioni

Il 23 febbraio 2025, ad esito di un articolato processo di consultazione, la Banca d’Italia ha emanato le nuove “Disposizioni di attuazione del nuovo Capo II, titolo V, del Testo Unico Bancario sulla gestione di crediti in sofferenza” (o, più brevemente, “Disposizioni”). Il testo finale (in larghissima misura conforme a quello sottoposto a consultazione) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 marzo 2025 e con ciò si è dato compimento all’ultimo atto di un lungo e tormentato processo di recepimento ed attuazione della c.d. Secondary Market Directive (SMD) in Italia.

Rivolgendoci a un pubblico specializzato e già in possesso di una conoscenza di base della nuova disciplina nelle sue varie declinazioni, in questa sede condurremo un approfondimento rispetto ad alcuni temi qualificanti su cui la Banca d’Italia ha voluto soffermarsi nelle Tavole di resoconto alla consultazione (o “Tavole”), anch’esse di recente pubblicazione.

Le Tavole e gli spunti in esse contenuti travalicano, in molti casi, i confini della semplice interpretazione autentica e del riscontro su casistiche particolari, fornendo, di contro, un punto di vista privilegiato su aspetti di portata più generale, quali, ad esempio, il ruolo della Banca d’Italia in questa area della vigilanza e la collocazione della nuova disciplina all’interno del più ampio contesto normativo in cui essa sarà chiamata ad operare.

Nella trattazione dei vari temi è stata, pertanto, privilegiata una prospettiva per così dire “modulare” che focalizzi l’attenzione su ciò che appare di interesse anche a costo di una minore organicità del discorso complessivamente svolto.

Gli aspetti da trattare sono stati, quindi, raggruppati in tre macro-argomenti:

  • L’impatto che la nuova normativa avrà sulle operazioni di cartolarizzazione domestiche
  • Le attività esercitabili dai nuovi soggetti vigilati
  • Possibili strutture di acquisizione e gestione di crediti in sofferenza

Operazioni di cartolarizzazione domestiche

In questo ambito, l’insight che ci viene fornito dalla Banca d’Italia nelle Tavole è a dir poco dirompente.

Dopo aver ribadito che ricadono nell’ambito di applicazione del D.lgs. 116/2024 le operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto esclusivamente crediti in sofferenza realizzate ai sensi della Legge 130/99 e prive della segmentazione del rischio, l’Autorità di Vigilanza conferma che, in tali operazioni, l’attività di gestione dei crediti in sofferenza cartolarizzati può essere svolta non solo da una banca o da un intermediario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 TUB, ma anche da un gestore di crediti autorizzato ai sensi dell’articolo 114.6 del TUB.

In caso di nomina di un gestore di crediti in sofferenza, a quest’ultimo faranno capo anche le attività di verifica della conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo (cc.dd. funzioni di master servicer).

Poiché la Legge 130/99 non prevede (ancora) questa estensione, è plausibile ritenere che la Banca d’Italia ci stia anticipando un prossimo intervento di modifica delle relative disposizioni della predetta legge, con ogni probabilità per effetto dell’esercizio da parte del governo dei poteri all’uopo delegatigli ai sensi dell’art. 7, lett. l, della L. 21 febbraio 2024, n. 15.

A tal proposito, riprendendo le riflessioni a suo tempo svolte sempre in questo Osservatorio (cfr. “Crediti in sofferenza e strutture di servicing nelle operazioni di cartolarizzazione mono-tranche: un puzzle normativo”) resterebbe ancora aperta la questione se non sia opportuno in sede di modifica anche parificare, sotto questo profilo, il trattamento dei gestori domestici di crediti in sofferenza e dei gestori di crediti autorizzati ai sensi della Direttiva muniti di passaporto per svolgere attività transfrontaliera in Italia, permettendo ad entrambi di assumere il ruolo di master servicer di operazioni di cartolarizzazione domestiche di crediti in sofferenza. In difetto, si potrebbe argomentare, parafrasando il considerando (40) della SMD, che la normativa nazionale ponga un ostacolo alla possibilità per i “gestori di crediti dell’Unione europea” di beneficiare dei vantaggi del mercato unico di nuova creazione.

Nell’elaborare le proprie risposte ai commenti in materia, la Banca d’Italia coglie l’occasione per confermare che il master servicer (banca, intermediario finanziario o gestore di crediti in sofferenza) potrà, a sua volta, nel rispetto della disciplina settoriale applicabile e sulla base di un contratto di esternalizzazione, avvalersi per lo svolgimento dell’attività di gestione dei crediti per conto dell’acquirente di soggetti terzi, inclusi gestori di crediti in sofferenza iscritti nell’albo di cui all’articolo 114.5 del TUB, nonché per il recupero stragiudiziale dei crediti in sofferenza cartolarizzati di soggetti titolari di licenza ex art. 115 TULPS.

Per completezza, segnaliamo che nel fornire questo chiarimento la Banca d’Italia sembra non aver precisato, come peraltro richiesto nel commento oggetto di riscontro, se il gestore di crediti in sofferenza autorizzato a gestire anche crediti diversi da quelli in sofferenza, possa agire quale sub-servicer nel contesto di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto tale tipologia di crediti.

Sempre con riguardo ai punti di contatto tra la nuova disciplina e il mondo delle cartolarizzazioni, la Banca d’Italia interviene, dietro sollecitazione di un partecipante alla consultazione, su un tema all’apparenza semplice ma dalle ramificazioni potenzialmente complesse. La richiesta verteva sulla conferma che l’esenzione dalla nuova normativa per le operazioni di cartolarizzazione “tranched” non opera per le società veicolo per la cartolarizzazione di cui all’articolo 2, punto 2), del Regolamento (UE) 2402/2017 costituite in uno Stato Membro diverso dall’Italia (e, quindi, non ai sensi della Legge 130/99). In risposta, la Banca si limita a rilevare – correttamente – che ai sensi del TUB l’esclusione opera solo per le operazioni effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione ai sensi della Legge 130/99 con segmentazione del rischio, concludendo che quelle non regolate dalla predetta legge (ivi incluse quindi quelle realizzate ai sensi di discipline di altri Stati membri) non beneficiano dell’esclusione e precisando che il regime applicabile alle stesse potrà variare in relazione alle scelte di recepimento della SMD effettuate nei rispettivi Stati. La risposta appare in verità un po’ evasiva né forse ci si poteva aspettare qualcosa di diverso data la portata delle questioni da trattare, che esula dalle finalità delle Tavole.

La tematica sembra intersecarsi con quella dell’attività di gestione dei crediti su base transfrontaliera. In via preliminare va osservato che, diversamente da quanto accade di norma in tema di attività transfrontaliera, ai fini che qui interessano l’attività assume natura transfrontaliera non quando il fornitore del servizio (il gestore di crediti) e il suo fruitore (l’acquirente di crediti) si trovano in Stati Membri diversi (basti pensare, infatti, che l’acquirente di crediti in sofferenza potrebbe ben trovarsi addirittura fuori dall’Unione Europea senza che ciò precluda di per sé l’applicazione della SMD e della normativa nazionale di recepimento). In questo specifico ambito, invece, assumendo rilevanza specifiche istanze di protezione del soggetto passivo del servizio (il debitore ceduto), il carattere transfrontaliero andrà valutato sulla base del luogo (Stato Membro) in cui tale soggetto si trova o l’attività di recupero debba essere esercitata in concreto. Se così è, volendo dare concretezza agli spunti offerti dalla Banca d’Italia, dovrebbe concludersi che laddove dei crediti in sofferenza nei confronti di debitori residenti in Italia siano oggetto di un’operazione di cartolarizzazione (con o senza tranching) ad opera di un veicolo straniero troverà applicazione, nella sua interezza, la normativa italiana di recepimento ed attuazione della SMD e, pertanto, tra le altre cose, l’acquirente dei crediti dovrà nominare un gestore domestico di crediti in sofferenza ovvero un gestore di crediti autorizzato ai sensi della Direttiva munito di passaporto per svolgere attività transfrontaliera in Italia. Va da sé che l’interazione tra le varie leggi coinvolte (quella italiana, quella dello Stato di origine del gestore in ipotesi non domestico, e la legge regolatrice l’operazione di cartolarizzazione) potrà creare vischiosità con il rischio che, alla prova dei fatti, tutto ciò si traduca in importanti limiti operativi nella gestione dell’operazione di cartolarizzazione se non addirittura nella impossibilità pratica della sua realizzazione.

Da ultimo, la Banca d’Italia ha affrontato anche una casistica particolare posta alla sua attenzione da un partecipante alla consultazione, in cui, per ipotesi, una stessa società per la cartolarizzazione dei crediti realizzi due operazioni, di cui una monotranche di crediti in sofferenza e l’altra che presenti una segmentazione del rischio. Il tema si poneva, in particolare, alla luce del tenore letterale del par. 1 della Parte Seconda – Capitolo 1 – Sezione II –delle Disposizioni (che peraltro non è stata modificato) che sembra collegare l’applicazione della nuova normativa alle caratteristiche del veicolo che conduce un’operazione di cartolarizzazione domestica di crediti in sofferenza e non, come ragionevole, a quelle dell’operazione stessa. Ad ogni modo, il regolatore ha proposto una interpretazione adeguatrice a conferma del fatto che la prima operazione di cartolarizzazione sarebbe assoggetta alla nuova disciplina, mentre la seconda beneficerebbe dell’esenzione più volte discussa.

Attività esercitabili da parte dei gestori di crediti in sofferenza

Su questo argomento gli spunti forniti dalla Banca d’Italia nelle Tavole sono copiosi.
È stata, innanzitutto, accolta l’elaborazione proposta da alcuni partecipanti alla consultazione in merito al significato dell’inciso “riscossione e recupero dei pagamenti dovuti dal debitore”, confermandosi che la “gestione di crediti in sofferenza” include sia l’attività di incasso rispetto ad un pagamento volontariamente effettuato dal debitore (“riscossione”) sia tutte le attività funzionali a ottenere il pagamento del debito, su base volontaria o coattiva (“recupero”).

Nel “recupero” può, inoltre, rientrare anche l’attività di recupero giudiziale, ove prevista e disciplinata dal contratto con il quale l’acquirente di crediti in sofferenza ha conferito l’incarico al gestore di crediti in sofferenza e nel rispetto della disciplina che regola la rappresentanza in giudizio delle parti interessate. Con inciso un po’ sibillino, la Banca d’Italia conferma che “[a]naloghe considerazioni valgono con riferimento ai crediti diversi da quelli in sofferenza” (vale a dire, per espressa precisazione dell’Autorità di Vigilanza, i crediti commerciali originati da soggetti non vigilati indipendentemente dallo status, e i crediti originati da soggetti finanziari diversi dalle sofferenze (es. UTP)).

L’indicazione, nella sua laconicità, è di difficile interpretazione. Poiché, stando alla legge e alle Disposizioni, i crediti diversi da quelli in sofferenza sono oggetto necessariamente di “attività di recupero stragiudiziale” (e non di “gestione di crediti in sofferenza”), la Banca d’Italia sembrerebbe ammettere che il recupero giudiziale non è incompatibile con questo tipo di attività (giudiziale).

A voler superare l’ossimoro implicito in questa impostazione, non sembrano esserci difficoltà pratiche ad ammettere che, ad esempio, nell’attività di gestione degli insoluti commerciali possa rientrare anche il recupero giudiziale degli stessi. Se si potesse ritenere che un tale approccio abbia l’avallo della Banca d’Italia, ciò potrebbe costituire argomento a supporto di chi contesta quella ben nota tesi giurisprudenziale che esclude la possibilità per i soggetti muniti di licenza di cui all’articolo 115 TULPS di svolgere attività di recupero giudiziale in qualità di sub-servicer per conto di società per la cartolarizzazione di crediti.

Sempre in argomento (crediti diversi dai crediti in sofferenza), la Banca d’Italia si esibisce poi in un complicato esercizio di bilanciamento per spiegare la rilevanza che l’attività di recupero stragiudiziale dei crediti diversi dai crediti in sofferenza può avere ai fini dell’esercizio della vigilanza sui gestori di crediti in sofferenza che siano autorizzati a svolgere anche la predetta attività.

Secondo questa ricostruzione, sebbene l’accertamento che tale attività di recupero stragiudiziale sia svolta in conformità alla disciplina applicabile sfugge alla competenza della Banca d’Italia e, quindi, esula dalla sua diretta supervisione, l’attività di recupero stragiudiziale dei crediti diversi dai crediti in sofferenza potrà rilevare nell’ambito della più ampia valutazione dell’operatività aziendale da parte dell’Autorità di Vigilanza ed esclusivamente al fine di tenerne in considerazione i possibili riflessi sull’attività di “gestione di crediti in sofferenza” propriamente intesa.

Più in particolare, il gestore sarà tenuto a presidiare, con apposite funzioni di monitoraggio, i rischi operativi, legali e reputazionali connessi alla gestione degli “altri crediti” e che potrebbero avere ricadute sull’attività oggetto di supervisione. Non è possibile nascondere una certa ammirazione per come la Banca d’Italia sia riuscita con questa interpretazione a colmare una vistosa lacuna della normativa di grado primario senza contraddirla, esercitando di fatto una vis attractiva che aiuta a dare stabilità al sistema.

Tra le attività esercitabili dai nuovi gestori di crediti in sofferenza la Banca d’Italia sembra far rientrare pacificamente la gestione di crediti in sofferenza a favore di un soggetto che non sia un “acquirente di crediti in sofferenza” come, ad esempio, una banca originator, avendo cura di precisare che in questi casi la delega della gestione è una facoltà del titolare dei crediti e non un obbligo (come invece nel caso dell’acquirente di crediti in sofferenza).

Al contrario, la Banca d’Italia non prende espressamente posizione sul caso, peraltro oggetto di commento, in cui l’attività di gestione in questione abbia ad oggetto crediti diversi da quelli in sofferenza, in quanto, presumibilmente, in questa ipotesi la tipologia di mandante (originator o avente causa) non assume alcuna rilevanza.

La Banca d’Italia ammette poi che tra le attività del gestore di crediti in sofferenza rientrino non soltanto le procedure esecutive ma anche i giudizi di cognizione che potrebbero avere ad oggetto i crediti gestiti (e.g., accertamenti negativi, opposizioni, giudizi di accertamento e condanna etc.) e, più in generale, tutte le attività di recupero stragiudiziale previste dall’articolo 115 TULPS, ove ciò sia previsto e disciplinato dal contratto con il quale l’acquirente di crediti in sofferenza ha conferito l’incarico al gestore di crediti in sofferenza e nel rispetto della disciplina che regola la rappresentanza in giudizio delle parti interessate.

Quanto ancora alla possibilità che un gestore avente sede in uno Stato dell’UE diverso dall’Italia possa gestire in Italia crediti diversi da quelli in sofferenza, la Banca d’Italia ha espresso chiaramente posizione contraria. Dopo aver precisato che i gestori di crediti dell’Unione Europea possono prestare in Italia le attività per le quali sono autorizzati nello Stato di origine (nel senso che ciò costituisce una prima limitazione), posto che le disposizioni di attuazione della SMD si applicano, ai sensi dell’articolo 114.2 del TUB, solo alla gestione di crediti in sofferenza, i gestori di crediti dell’Unione Europea sono legittimati a svolgere in Italia secondo le regole della SMD sull’operatività transfrontaliera attività di gestione limitatamente ai crediti classificati in sofferenza. Sul concetto di operatività transfrontaliera, si rimanda alle considerazioni di cui sopra.

Gestione di crediti in sofferenza acquistati dal gestore di crediti in sofferenza a titolo definitivo e per conto proprio – principio di prevalenza dell’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto terzi

Pur trattandosi di materia riconducibile alle attività esercitabili, la gestione di crediti in sofferenza acquistati dal gestore di crediti in sofferenza per proprio conto sollecita un discorso a sé stante.

Tale attività è ammessa qualora il gestore acquisti crediti in sofferenza per proprio conto “a titolo definitivo” e la relativa attività di gestione sia subordinata a quella tipica, vale a dire gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza terzi (il c.d. requisito della subordinazione).

Per la Banca d’Italia, un acquisto di crediti è a titolo definitivo qualora comporti l’integrale trasferimento dei rischi e dei benefici del credito dal cedente al cessionario. Non sono quindi considerate “a titolo definitivo” operazioni di cessioni pro solvendo che comportino il mantenimento di responsabilità in capo all’intermediario cedente. La definitività dell’acquisto non sembra invece precludere la possibilità che il gestore/acquirente di crediti in sofferenza riceda a terzi il credito acquistato, fermo restando l’obbligo per il nuovo acquirente di conferire la gestione a una banca, un intermediario finanziario o un gestore di crediti in sofferenza.

Quanto al requisito della subordinazione, esso si ritiene rispettato laddove il gross book value dei crediti in sofferenza oggetto di gestione per proprio conto rappresenti meno della metà del gross book value di tutti i crediti in sofferenza oggetto di gestione da parte del gestore di crediti in sofferenza (sia per conto proprio sia per conto di acquirenti di crediti in sofferenza terzi). Nel workshop che è seguito alla pubblicazione del testo definitivo delle Disposizioni, i funzionari della Banca d’Italia hanno chiarito, a questo proposito, un interessante aspetto di natura intertemporale, vale a dire che ai fini della verifica del principio di subordinazione, nel relativo calcolo si dovrà tenere in conto anche il gross book value dei crediti in sofferenza acquistati dal gestore di crediti in sofferenza per conto proprio prima di entrata in vigore della nuova disciplina e ancora in gestione successivamente a tale momento, anche ove si trattasse di acquisti risalenti nel tempo. Nulla invece è stato osservato rispetto all’analogo caso in cui la gestione di crediti in sofferenza per conto terzi predati l’entrata in vigore della disciplina protraendosi anche in un tempo successivo. Al riguardo potrebbero sussistere valide argomentazioni a favore di ciascuna delle opposte tesi per cui, in ultima analisi, restiamo in attesa di un chiarimento da parte dell’Autorità di Vigilanza.

Nelle Tavole, la Banca d’Italia spiega, con grande trasparenza, le motivazioni alla base dell’introduzione di un tale requisito, che, ad onor del vero, non era previsto né a livello di SMD né dalla normativa di rango primario. In sostanza, tale requisito ha una valenza per così dire “compensativa” rispetto alla mancata previsione a livello legislativo di un requisito patrimoniale minimo per i gestori di crediti in sofferenza (aggiuntivo rispetto a quello codicistico). Con le parole della Banca d’Italia, “[i]l requisito della subordinazione […] trova fondamento nella necessità di garantire coerenza tra l’oggetto sociale del gestore di crediti in sofferenza, ossia la gestione per conto di acquirenti e l’attività in concreto svolta […]. Si rammenta infatti che i gestori di crediti in sofferenza non sono soggetti a requisiti prudenziali di tipo quantitativo, nell’assunto che l’attività di questi soggetti sia appunto il recupero per conto degli acquirenti”. In altri termini, lo svolgimento dell’attività di gestione di crediti in sofferenza acquistati per proprio conto dal gestore (o, se si vuole, l’attività di investimento in crediti in sofferenza) costituisce un elemento di rischio rispetto alla stabilità finanziaria e patrimoniale del gestore, pertanto il requisito della subordinazione assolverebbe ad una funzione di contenimento di un rischio (patrimoniale) che, in assenza di un requisito di adeguatezza patrimoniale, potrebbe tradursi in criticità di tipo operativo rispetto all’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza terzi (che, in definitiva, è il vero oggetto della vigilanza del regolatore in questo ambito).

Alla luce di questa spiegazione della ratio del requisito, appare più chiaro il motivo per cui, per quei gestori che siano autorizzati a svolgere l’attività di recupero stragiudiziale dei crediti diversi da quelli in sofferenza, il gross book value di questa tipologia di crediti eventualmente in gestione non rileva ai fini della valutazione del rispetto del requisito della subordinazione e del relativo calcolo (come chiaramente indicato sia nelle Disposizioni sia nelle Tavole). In altre parole, l’attività di recupero stragiudiziale dei crediti diversi da quelli in sofferenza, ove autorizzata, può essere svolta anche in via non subordinata rispetto alla gestione dei crediti in sofferenza (evidentemente sul presupposto che la prima non costituisca fonte di rischi significativi che possano compromettere il corretto svolgimento della seconda).

Strutture di acquisto e gestione

Una prima struttura sottoposta al vaglio della Banca d’Italia ipotizza che il gestore di crediti in sofferenza curi il recupero di crediti che siano stati acquistati da una società neo-costituita su iniziativa dello stesso gestore e nella quale questi partecipi anche come socio di capitali. Chiarito che non vi è un divieto in capo ai gestori di crediti in sofferenza di costituire veicoli per l’acquisto di crediti allo stesso conferiti in gestione, secondo la Banca d’Italia, la legittimità dell’impostazione prospettata richiede una valutazione delle specificità dei soggetti coinvolti, anche per evitare possibili rischi di elusione del vincolo di prevalenza dell’attività di gestione di crediti in sofferenza previsto dalle Disposizioni (come nel caso in cui il gestore di crediti in sofferenza gestisca esclusivamente crediti acquistati dal veicolo dallo stesso partecipato).

Secondo una diversa struttura ipotizzata da un partecipante alla consultazione, l’acquirente di crediti in sofferenza (ad esempio, una società di recupero crediti autorizzata ex art. 115 TULPS) affiderebbe la gestione ad un gestore di crediti in sofferenza autorizzato, il quale a sua volta incaricherebbe il proprio mandante di svolgere la mera attività di recupero crediti. Da un punto di vista regolamentare, stando alle indicazioni della Banca d’Italia nelle Tavole, non esiste un divieto a carico degli acquirenti di crediti in sofferenza ad agire quali fornitori di servizi di gestione di crediti in sofferenza per conto di gestore di crediti in sofferenza, sempre sul presupposto che siano posti in essere tutti i presidi necessari per assicurare il rispetto di tutte le previsioni contenute nella Parte Prima, Capitolo 5, Sezione IV, delle Disposizioni e, in particolare, la condizione che il gestore di crediti in sofferenza svolga almeno una parte dell’attività di gestione dei crediti in sofferenza e non si trasformi in una “empty shell”. Non è invece chiaro perché, in questa risposta, la Banca d’Italia richieda di “assicurarsi che il fornitore di servizi di gestione di crediti in sofferenza (enfasi aggiunta) sia in possesso della licenza eventualmente necessaria per lo svolgimento della o delle attività esternalizzate”. Da un punto di vista civilistico, la struttura proposta dovrebbe essere valutata con attenzione in quanto per certi versi atta a integrare un’ipotesi di confusione (in senso tecnico e non solo).

Con riguardo alle società fiduciarie previste dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966, il regolatore ammette che l’attività di custodia e amministrazione dei beni affidati possa avere ad oggetto anche crediti in sofferenza e che, quindi, tali società possano acquistare crediti in sofferenza per conto dei propri fiducianti (che assumerebbero la qualifica di acquirenti di crediti in sofferenza). Pur trattandosi di soggetti autorizzati ai sensi dell’articolo 106 del TUB (sebbene iscritti in una apposita sezione separata dell’albo unico), alla luce dell’oggetto sociale esclusivo, vincolato alla gestione fiduciaria, è da escludersi invece che le società fiduciarie possano svolgere l’attività di gestione di crediti in sofferenza per conto di acquirenti di crediti in sofferenza.

Una serie di importanti delucidazioni vengono poi offerte in tema di esternalizzazione. Al di là della conferma (per certi versi scontata) che l’attività di informativa dei debitori ceduti ex articolo 114.10 del TUB potrà essere svolta anche dal soggetto al quale è esternalizzata l’attività di recupero del credito, la Banca d’Italia si sofferma sul divieto imposto al gestore di crediti in sofferenza di esternalizzare tutte le attività di gestione di crediti in sofferenza allo stesso tempo, per meglio precisarne i contenuti.

Al riguardo, la Banca d’Italia riconosce che il requisito del mantenimento in capo al gestore di crediti in sofferenza di alcune attività di gestione di crediti in sofferenza possa essere inteso non solo in senso “longitudinale” ma anche “verticale”. In altre parole, la condizione risulterebbe soddisfatta anche qualora il gestore di crediti in sofferenza esternalizzasse in toto la gestione dei crediti in sofferenza in relazione ad alcuni portafogli mantenendo al contempo la gestione su altri. Con riguardo alle attività esternalizzate, anche in questo caso, il gestore dovrà assicurare il rispetto delle previsioni contenute nella Parte Prima, Capitolo 5, Sezione IV, delle Disposizioni e, in particolare, il mantenimento del “controllo sulle attività esternalizzate e la piena responsabilità per il rispetto di tutti gli obblighi in materia di gestione di crediti in sofferenza” nonché “in ogni momento [di] un’idonea struttura e operatività sostanziale, evitando di diventare un’entità vuota (c.d. “empty shell”)”.

In chiusura, infine, alcune considerazioni in merito agli aspetti immobiliari dell’attività di gestione. Come noto, ai sensi delle Disposizioni (e innovando rispetto alla normativa di rango primario), i gestori di crediti in sofferenza possono acquisire immobili di proprietà ad uso strumentale, vale a dire quelli che rivestono carattere di ausiliarietà all’esercizio dell’attività di gestione, con esclusione in ogni caso dello svolgimento di qualsiasi attività immobiliare di tipo meramente speculativo.

A tal proposito, la Banca d’Italia, accogliendo positivamente il commento di un partecipante alla consultazione, conferma che, fatto comunque salvo il requisito dell’ausiliarietà e il divieto di attività speculativa, i gestori di crediti in sofferenza possono svolgere l’attività di gestione immobiliare per il tramite di società appositamente costituite e da essi controllate (quelle che in gergo vanno sotto il nome di reoco). Pur confermando che i proventi derivanti dall’attività immobiliare, in quanto meramente ausiliaria, non dovrebbero rappresentare la maggioranza assoluta delle entrate del gestore di crediti in sofferenza, l’Autorità di Vigilanza sembra derubricare questa ipotesi ad una mera evenienza altamente improbabile e rispetto alla quale nessuno specifico rimedio sembra essere necessario (come invece è stato fatto a tutela del principio di prevalenza dell’attività di gestione di crediti per conto degli acquirenti dei crediti rispetto a quella svolta per conto proprio).

In base alla risposta fornita dalla Banca d’Italia ad una richiesta di chiarimento (salvo voler ammettere che l’Autorità di Vigilanza sia caduta in un fraintendimento), dovrebbe concludersi che la prassi tipica delle strutture reoco che prevedono meccanismi di traslazione in capo alla società immobiliare sia della titolarità dell’immobile a garanzia del credito in sofferenza sia del relativo debito con finalità di recupero nell’interesse del creditore, mediante la combinazione di vari accordi di assunzione di debito/accollo e riscadenzamento con esigibilità limitata (c.d. “limited recourse”) sia compatibile con le l’impostazione data dalla Banca d’Italia a questa tipologia di operatività, a condizione che l’operazione complessivamente intesa non integri attività di concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 106 del TUB.

Conclusioni

La normativa di recepimento ed attuazione della SMD si innesta in un mercato (quello della gestione dei crediti di varia natura) che in Italia è già consolidato e maturo. Con questa consapevolezza, il legislatore e il regolatore sono intervenuti in chiave evolutiva e in modo mirato, guidati da un principio di prudenza.

Cionondimeno, il nostro breve excursus dovrebbe aver fornito un piccolo spaccato della profondità e latitudine delle questioni interpretative e applicative che la nuova disciplina pone e che potranno emergere in nuove forme in futuro.

Un elemento incoraggiante va senz’altro riconosciuto nel ruolo di guida, se non addirittura, in alcuni casi, propulsivo assunto dalla Banca d’Italia nel governo di questo nuovo settore.
La vera sfida per l’Autorità di Vigilanza sarà, a nostro avviso, quella di riuscire a coniugare un adeguato livello di controllo sul settore con la necessità di non compromettere (e, se possibile, migliorare) l’attuale livello di efficienza e competitività del sistema. A parere di chi scrive, al raggiungimento di questo obiettivo potrà contribuire in modo significativo la prosecuzione, nel rispetto dei rispettivi ruoli, funzioni ed interessi, del confronto costruttivo tra regolatore ed operatori del mercato che ha caratterizzato la fase gestazionale della riforma, ad esempio programmando, su base periodica, altri eventi di workshop come quello organizzato qualche giorno addietro dalla Banca d’Italia per presentare la nuova disciplina regolamentare e magari aprendo, in quelle occasioni, alla possibilità di una maggiore interazione tra Autorità di Vigilanza e soggetti vigilati