Le banche italiane potrebbero soffrire indirettamente dalla guerra commerciale in corso, con i dazi e un possibile deterioramento della qualità del credito. Lo indica il Capo Dipartimento della Vigilanza della Banca d’Italia, Giuseppe Siani, intervenuto in audizione alla Commissione d’inchiesta sulle banche in corso al Senato.
«In prospettiva» – ha spiegato – «stanno aumentando i rischi connessi con le tensioni geopolitiche e, più di recente, con l’avvio della manovra sui dazi attuata dall’amministrazione statunitense. Sebbene le conseguenze di questi sviluppi recenti siano ancora difficili da valutare, è sensibilmente aumentata l’incertezza sulle prospettive economiche, con possibili effetti sulla propensione a investire e sulla qualità dei finanziamenti».
L’acuirsi delle tensioni geopolitiche e la connessa incertezza macroeconomica – ha detto ancora il responsabile della vigilanza di Via Nazionale – «richiedono un accurato monitoraggio e un approccio prudente da parte degli operatori. L’aumento dell’avversione al rischio degli investitori ha determinato una correzione al ribasso dei prezzi delle attività finanziarie e un aumento della volatilità. L’impatto sul sistema bancario domestico è stato finora contenuto, in presenza di un modello operativo tradizionale, prevalentemente orientato all’attività creditizia. Qualora queste tensioni proseguissero, sono probabili impatti negativi, in particolare sulla qualità del credito».
Al momento, comunque, il profilo patrimoniale delle banche, di particolare importanza per la tutela della stabilità, «è solido, in graduale e costante miglioramento dal 2008». I numeri esposti da Siani in audizione lo confermano: alla fine del 2024 il CET1 ratio era pari al 15,9%.
L’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti, dopo un graduale e costante processo di riduzione – ha spiegato ulteriormente Siani – si colloca oggi su valori storicamente bassi (l’1,5% al netto delle rettifiche di valore), molto distanti dai massimi del 2015-2016 (quando sfiorava il 10%). Per le banche significative italiane, l’indicatore è da diversi trimestri in linea con la media dell’area euro (la differenza era pari a circa 6 punti percentuali nel 2015 e circa 2 nel 2019, prima della pandemia). Il flusso dei prestiti deteriorati si è mantenuto contenuto nel corso del 2024.
Indicazioni sostanzialmente analoghe a quelle della Banca d’Italia arrivano anche da un report di Scope Ratings sugli effetti delle guerre commerciali per le banche europee. La brusca correzione dei prezzi delle azioni bancarie, in seguito all’annuncio dei dazi statunitensi sulle importazioni dell’UE, «riflette le crescenti preoccupazioni degli investitori sulle potenziali implicazioni per la qualità degli attivi e la redditività del settore del credito». Di fronte ai dazi e alle conseguenti turbolenze nei mercati – si legge ancora nel report – gli istituti di credito «che si concentrano maggiormente sui prestiti alle imprese sono i più esposti», tanto che «quando il rallentamento dell’economia avrà effetto e gli impatti del secondo ciclo inizieranno a manifestarsi, la pressione sulla qualità del credito potrebbe estendersi ad altri segmenti».
Le banche europee, in ogni caso, «entrano in questa nuova fase di incertezza da una posizione di relativa forza». I loro bilanci sono «ampiamente solidi, con quantità relativamente ridotte di non-performing loans (NPL) pregressi e modesti newer-vintage NPL, in particolare nel settore del commercial real estate». Certo, l’annuncio dei dazi «ha anche modificato le aspettative del mercato sull’inflazione e sui tassi di interesse, ampliando la gamma di scenari possibili. Almeno inizialmente, le aspettative sui tassi sembrano essere in calo». L’effetto combinato di queste spinte – a giudizio di Scope Ratings – è che «tassi più bassi annullerebbero parte dei guadagni registrati dalle banche in termini di redditività grazie all’aumento dei margini di interesse».