Sì, temo che la moneta sia soggetto irrimediabilmente comico; ma sfortunatamente deve essere trattato seriamente» ricordava l’economista cantabrigense Dennis Robertson. Viene allora da chiedersi se l’origine della moneta non sia tematica da divertisment, nonostante riguardi l’istituzione più importante della moderna economia capitalistica. È, quindi, naturale pensare che chi ci governa (anche attraverso la moneta) sia preparato a rispondere a una domanda tanto banale quanto chiara: «come viene creata?».
L’utilizzo di un sintagma economico-religioso quale fiat money, per descrivere la moneta «come oggi la conosciamo», dovrebbe fornirci qualche indizio. Eppure, la realtà è meno rosea delle aspettative. Da un sondaggio commissionato da Positive Money nel 2014 è emerso come l’85% dei membri del Parlamento inglese non sapesse che la maggior parte del denaro in circolazione (ben il 97%) fosse prodotto dalle banche e non intendo quelle centrali, ma proprio quelle commerciali, quelle con gli sportelli sotto casa. Solo il 3% del denaro è costituito da banconote (stampate dalla European Central Bank – ECB) e da monete divisionali (coniate dalle varie National Central Banks – NCB). Il 70% dei politici inglesi era convinto che solo il governo avesse il potere di creare moneta.
Chissà quali potrebbero essere i risultati del sondaggio se condotto oggi in Italia. Gran parte dei banchieri e bancari non ha convinzioni diverse da chi ci governa e ciò trova una spiegazione in ciò che s’insegna nelle più prestigiose università di economics del mondo, ove si contendono varie teorie sull’origine della moneta bancaria. Almeno tre, due delle quali vedono, in sostanza, le banche quali semplici intermediari, ovverosia che possono prestare solo i fondi (o un loro multiplo), che hanno precedentemente ricevuto in deposito. Il fondamento di queste teorie merita un ripensamento.
Come ci hanno spiegato la Bank of England (Money creation in the modern economy, in Quarterly Bulletin, 2014 Q1) e la Bundesbank (The role of banks, non-banks and the central bank in the money creation process, in Monthly Report, 2017), le banche commerciali creano la moneta dal nulla (out of thin air), quando erogano i prestiti a imprese e famiglie, senza necessità di detenere previamente depositate presso di sé somme di denaro: la moneta è, quindi, endogena.
Un’altra concezione comune è che siano le banche centrali a decidere, con la loro politica monetaria, la quantità di prestiti e depositi nell’economia (cd. approccio del moltiplicatore monetario). Indovinate? Anche questa teoria non è fondata su una visione tecnica corretta. In realtà, le banche centrali esercitano la politica monetaria, determinando – non già la quantità di riserve – bensì il costo di tali riserve, ovverosia il tasso d’interesse. Agiscono indirettamente, diciamo. La teoria (e la conseguente diatriba con i sostenitori della moneta esogena) non è nuova se anche Schumpeter, nel 1934, si era preoccupato di ricordarci che «Il banchiere non è tanto un intermediario nella merce del “potere d’acquisto” quanto un produttore di questa merce».
La scelta d’aderire a una teoria o all’altra ha profondi riflessi giuridici in quanto guida la legislazione del sistema economico. Può essere efficace una regolazione prudenziale fondata su una teoria non corretta? Essa non consente di regolare efficacemente i fenomeni né di scorgere gli eventuali meriti di possibili soluzioni per ridurre il rischio di future crisi: penso al sistema delle banche cooperative (rectius alla loro filosofia) o alle monete complementari, fondate sulla clearing union del Keynes di Bretton Woods. In verità molti banchieri dimostrano di non conoscere il loro demiurgico mestiere. Di questa straordinaria capacità di “battere” moneta dovrebbero andare fieri, non avendo bisogno neppure di fango e pneuma per creare qualcosa ex nihilo (a loro basta un più modesto tasto di computer).
Ma, per concludere, la moneta è davvero un soggetto comico? Nel luglio scorso, Mario Draghi, davanti alla stampa, ha raccontato una barzelletta sui banchieri centrali.
«La conoscete la storia del trapianto di cuore? Vengono proposti due cuori a un paziente, uno di un giovane di 25 anni in splendide condizioni fisiche, l’altro è di un banchiere di 86 anni. Il paziente sceglie il secondo, perché mai? Chiedono i medici: perché non è mai stato usato, risponde il paziente»
Io pretendo che i banchieri (centrali o meno) non usino il cuore quando creano il denaro; pretendo, invece, che usino “occhiali teorici” a fuoco, altrimenti le battute che si potrebbero fare riguarderebbero non già il loro cuore, bensì il loro cervello. Ma tanto si sa qual è il problema con le barzellette sui banchieri: i banchieri non le trovano divertenti, le persone normali non pensano siano barzellette. Forse è giunto il momento di diventare seri quando trattiamo di moneta.