Asset based lending nel turnaround: luci ed ombre del pegno non possessorio

Le potenzialità e i limiti della garanzia non possessorio nella ristrutturazione del debito d’impresa

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Cinque i vantaggi principali per un creditore che ricorre al pegno non possessorio in un contesto di ristrutturazione del debito.

Il primo: la strumentalità del collaterale all’esercizio dell’impresa e quindi alla continuità aziendale.
L’ordinamento stabilisce che sono nulli i contratti che pegnano attività non strumentali all’attività di impresa. Al contrario, una garanzia sugli asset che incarnano la gestione caratteristica dell’impresa significa disporsi a comprendere le fonti sottostanti alla creazione del valore aziendale.
L’importanza di proteggere queste risorse e valorizzarle rappresenta la mission dell’impresa debitrice. Allo stesso modo, per il creditore, un ricorso diretto al fulcro dell’attività imprenditoriale, da cui conseguentemente dipendono i flussi di cassa, costituisce una modalità importante di allineamento di interessi con il debitore, che si adopererà per mantenere proprie e in buone condizioni queste attività, in considerazione del rilevante pregiudizio di una procedura di escussione sulle stesse.

Il secondo vantaggio è proprio il mantenimento del possesso del bene da parte del debitore.
Coerentemente a ciascun strumento di risoluzione della crisi in continuità che presume di operare con un debtor in possession, il pegno non possessorio non pone vincoli all’impresa a disporre del bene in garanzia per trasformarlo in quella generazione di cassa che è condizione necessaria per il pagamento del debito finanziario.
Ciò implica per il creditore di disporre di una garanzia senza sostenerne i costi di mantenimento, protezione e custodia, ma pone la sfida del monitoraggio e degli strumenti a presidio e vigilanza del collaterale «da remoto».

Il terzo beneficio è rappresentato dalla rotatività.
Ogni attivo, inevitabilmente, assolta la sua finalità di produzione di cassa, nel tempo deperisce e viene meno nella propria funzione di utilità. Ma la possibilità dell’istituto di sostituire il collaterale con altro equivalente permette di disporre di una garanzia che possa mantenere un valore stabile nel tempo.
Se pensiamo, ad esempio, alla natura rotativa dell’iscrizione del pegno su un magazzino, il valore sottostante al credito potrà riflettere l’aumento di valore della materia prima nei casi più favorevoli o, laddove la stessa diminuisca, prevedere una correzione al rialzo delle quantità pegnate.
In un contesto di crisi, la rotatività permette di evitare la novazione: la garanzia si iscrive su un nuovo attivo sostitutivo del precedente venuto meno, rendendo così neutrale il gravame per le disponibilità della restante massa creditoria.

La possibilità di opzionare il futuro è il quarto grande pregio dello strumento.
Il pegno non possessorio permette infatti di acquisire una garanzia su un’attività ancora non disponibile, a patto che sia certa e determinabile. Si può ad esempio pegnare un contratto e dunque i frutti che lo stesso produrrà in termini di crediti futuri che sorgeranno, rendendolo una modalità molto interessante per assistere i finanziamenti del riavvio del ciclo produttivo nelle situazioni di crisi in cui si assiste a uno stallo totale o parziale della produzione.

L’ultimo, ma non meno fondamentale plus dello strumento, è ad oggi purtroppo però ancora soltanto presunto.
Si tratta dell’efficacia dell’escussione, il cui procedimento appare piuttosto semplice ed agevole: con un termine di 15 giorni da comunicazione a mezzo PEC è prevista l’attivazione da parte dell’ufficiale giudiziario.
Laddove contrattualmente espressamente contemplato, si può – alternativamente alla vendita con procedura competitiva – anche entrare in possesso dei beni, di fatto con una datio in solutum, oppure locarli avendo il diritto di percepire i canoni.

La casistica di utilizzo è ancora molto limitata, tra le incognite del procedimento di escussione rientrano: senz’altro:

  1. l’alea della corretta individuazione del bene in caso di trasformazione o alienazione, che presuppone per l’ufficiale giudiziario il ricorso a terzi professionisti (commercialisti o esperti “tecnici” della categoria merceologica ad esempio);
  2. l’esaustività delle clausole contrattuali che debbono espressamente prevedere criteri e modalità di valutazione e di determinazione del canone se si contempla la possibilità di affitto;
  3. la precisione con la quale all’atto di registrazione si sia determinato il corretto inquadramento merceologico nell’apposita casistica delineata dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 2021 e sia stata specificata l’inerenza del bene all’esercizio d’impresa.

Sono allo stesso tempo attese le prime esperienze di impiego nei contesti di restructuring, con l’auspicio che, per gli organi di controllo delle procedure, il ricorso al pegno non possessorio possa essere valutato meno restrittivamente rispetto alla prededuzione tout court, considerando lo stesso quale titolo di prelazione circoscritto ad uno specifico ambito e dunque, in caso di insuccesso, meno penalizzante sulla massa rispetto a un ricorso più omnicomprensivo sull’attivo di liquidazione.