Più che l’Isola che non c’è di Peter Pan, è la risposta concreta a una giustizia che non ci sarebbe stata. In fondo potrebbe essere definita anche così l’esperienza dell’Arbitro Bancario Finanziario giunto ormai al quindicesimo anno di attività. Dal 2010, quando ha iniziato ad operare, ha gestito circa 250mila ricorsi di clienti nei confronti di banche e altri intermediari che a loro giudizio non si erano comportati correttamente nei loro confronti. In una percentuale non indifferente di casi l’arbitro ha dato loro torto ma più spesso sono i clienti ad aver avuto ragione e i componenti dei Collegi dell’Arbitro Bancario Finanziario, in questi anni, hanno riconosciuto la legittimità di rimborsi per oltre 200 milioni di euro. Perchè la giustizia che non ci sarebbe stata? “L’Arbitro gestisce conflitti anche di 3-5mila euro – ma può dirimere ricorsi fino a 200mila euro, ndr – non sono un ammontare tale da spingere un cliente a rivolgersi a un tribunale, sobbarcandosi il rischio dell’esito del conflitto e delle spese legali”. Ma invece c’è l’Arbitro. I costi dei ricorsi sono molto contenuti, il ricorrente può attivare la procedura anche per proprio conto, in alternativa all’assistenza di un rappresentante come un avvocato. Per arrivare a un giudizio sono sufficienti pochi mesi, non gli anni della giustizia civile. Le banche normalmente rispettano quei giudizi anche se non sono vincolanti. “È una giustizia complementare, non sostitutiva di altre forme di tutela, quella appunto che non c’era”.
A parlare è Magda Bianco, economista di lungo corso della Banca d’Italia che dal 2020 guida il nuovo Dipartimento Tutela della Clientela ed Educazione finanziaria, dedicato alla vigilanza sui comportamenti degli intermediari, alla tutela individuale dei clienti, all’educazione finanziaria. È l’anima dell’Arbitro Bancario Finanziario che, per la verità, è una struttura abbastanza complessa. Nato su iniziativa della Banca d’Italia in attuazione di una direttiva europea, è però autonomo e indipendente da via Nazionale. È articolato in sette Collegi territoriali, formati da professionisti esperti e composti in modo da assicurare un’effettiva rappresentanza dei soggetti portatori dei diversi interessi.
Nonostante sia attivo da diversi anni, l’Arbitro non è ancora ben conosciuto tra il largo pubblico dei clienti. Per giunta il numero dei ricorsi, che ha raggiunto il picco nel 2020 (con 30.917 procedimenti, conseguenti alle dinamiche relative ai ricorsi in materia di cessioni del quinto dello stipendio, che da sempre rappresentano la componente principale del contenzioso) ha conosciuto una rapida discesa negli anni successivi fino ai 15.475 del 2022, prima di un lieve recupero nell’anno successivo (15.816). I motivi? “Ce lo stiamo chiedendo – risponde Bianco – potrebbe essere l’effetto di un adeguamento dei comportamenti degli intermediari che conoscono gli orientamenti dell’Arbitro e, quindi, aderiscono alle richieste dei clienti già in sede di reclamo. Però è possibile anche un’interpretazione alternativa. Quella che i clienti non conoscono abbastanza l’Arbitro. E, visto che i giudizi non sono sempre a loro favore, è possibile che talvolta siano indotti a non guardare con interesse all’Arbitro come strumento di risoluzione. Probabilmente c’è un po’ di vero in entrambe le ipotesi”.
A differenza delle pronunce dei giudici, che non sempre adottano le stesse interpretazioni, i giudizi dell’Arbitro sulle diverse problematiche che vengono portate alla sua attenzione sono invece caratterizzati da una sostanziale stabilità, ciò che rappresenta un merito non indifferente di questa esperienza. Con il tempo si crea un orientamento consolidato e i Collegi normalmente vi si attengono a meno che non intervenga qualcosa dall’esterno che imponga una revisione di quell’indirizzo. È accaduto recentemente, ad esempio, in tema di cessione del quinto, una delle problematiche che più spesso anima i ricorsi dei clienti. Quando questi rimborsano anticipatamente il prestito che avevano ottenuto si pone il problema di restituire loro una parte dei costi del finanziamento. In sede di Arbitro si era raggiunto un orientamento secondo il quale soltanto i costi ricorrenti dovevano essere oggetto di rimborso pro quota, mentre invece i costi fissi upfront, “se ben definiti”, andavano considerati acquisiti dall’intermediario. Poi è arrivata nel 2019 la sentenza Lexitor, della Corte di Giustizia europea, recepita in Italia anche da una sentenza della Corte Costituzionale.
Quella pronuncia ha stabilito il diritto dei consumatori, in caso di estinzione anticipata di un finanziamento, a ricevere il rimborso pro quota di tutti i costi, anche di quelli upfront. L’Arbitro Bancario Finanziario ne ha preso atto ma la materia non è ancora “stabilizzata” perchè le banche spesso non sono disponibili a rimborsare ai clienti i costi, ad esempio di distribuzione, addebitati da terze parti al momento di accendere il finanziamento.
Un altro tema che in questi anni sta impegnando parecchio l’Arbitro Bancario Finanziario è quello delle frodi informatiche che si realizzano attraverso tentativi di phishing, furto di password o accessi ai conti correnti on line e via hackerando. Spesso le truffe informatiche avvengono carpendo la buona fede dei truffati che incautamente consegnano ai truffatori i loro dati sensibili. Quando vedono sottratti fondi dai loro conti correnti i clienti protestano e si rivolgono all’Arbitro. Che risposte ottengono?
“La normativa – spiega Bianco – prevede che il cliente vada rimborsato entro 24 ore se, ovviamente, non è complice di quella truffa o se non può essergli addebitata una colpa grave”.
È su quest’ultimo punto, naturalmente, che si concentrano le dispute. Con un certo pragmatismo, l’Arbitro negli anni ha stabilito che se il tipo di truffa è consolidato e relativamente conosciuto allora la responsabilità del correntista è prevalente e quest’ultimo non ha pertanto diritto al rimborso. “Quando invece la truffa è molto sofisticata, e difficile da riconoscere, dà normalmente ragione al cliente oppure riconosce talvolta un concorso di colpa tra il cliente e la banca”. Già, ma non tutti sono uguali di fronte alle truffe. Vi sono clienti sofisticati abituati a fronteggiare simili insidie e altri soggetti più fragili e con un livello inferiore di cultura finanziaria, ovviamente più esposti a quei pericoli. “Finora l’Arbitro non ha preso in considerazione gli aspetti soggettivi di chi è vittima di una truffa informatica, ma non è detto che non possa farlo in futuro”.
Nell’immediato, comunque, c’è un nuovo campo di attività che si sta aprendo per l’Arbitro.
La Banca d’Italia ha messo in consultazione, conclusa il 23 settembre, le sue proposte di regolamentazione secondaria per il recepimento in Italia della direttiva europea sui crediti in sofferenza. Tra le novità in arrivo c’è la previsione che i gestori dei crediti in sofferenza, in quanto soggetti alle disposizioni di trasparenza, debbano aderire all’Arbitro Bancario Finanziario che quindi potrà intervenire nei possibili contenziosi tra creditori e debitori. Potenziali materie del contendere non mancano. Ad esempio, i debitori la cui posizione viene trasferita da un intermediario a un altro debbono essere informati con precisione di quanto sta accadendo. E se così non fosse? La nuova normativa, inoltre, amplia il ventaglio delle misure che un intermediario dovrebbe utilizzare per permettere a un debitore inadempiente, ma in situazione accertata di difficoltà, di rimettersi in regola. “Oltre alle opzioni già indicate – sottolinea ancora Bianco – vengono suggeriti anche rimborsi parziali, conversioni valutarie, remissioni parziali e consolidamento. Tutte le iniziative possibili vengono estese anche al credito al consumo”.