Abi: troppo rigide le soglie di default identificate dall’Eba

L’associazione bancaria presenta a Bruxelles un dossier sui principali temi regolamentari sul tappeto; gli intermediari creditizi chiedono chiarezza anche sui temi di sostenibilità

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Il presidente Abi Antonio Patuelli

La misura identificata dall’Eba (Autorità Bancaria Europea) per classificare come deteriorati i crediti è «molto rigida» e rischia di causare «effetti profondi sull’economia reale e la competitività delle imprese europee». È quanto sostiene l’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, in un dossier che il presidente Antonio Patuelli ha presentato a Bruxelles durante incontri con rappresentanti delle istituzioni europee.

Il documento si è concentrato in particolare sul cosiddetto pacchetto bancario approvato dal Parlamento europeo, che comprende l’implementazione di Basilea 3, le cui misure attuative dovranno essere emanate attraverso norme di secondo livello affidate alle istituzioni e alle autorità competenti, prevalentemente l’Eba.

L’Abi sottolinea nel dossier che «è particolarmente critica la revisione del trattamento prudenziale delle ‘misure di concessione’ (che riguardano, per esempio, la rinegoziazione o la sospensione del rimborso del finanziamento), con la modifica della soglia che, secondo gli Orientamenti dell’Eba, fa classificare un credito come deteriorato, con tutto ciò che ne consegue». Attualmente, ha spiegato l’associazione dei banchieri, la classificazione a default scatta quando la misura di concessione comporta una riduzione superiore all’1% del valore del credito per la banca. Si tratta, secondo Abi, di una soglia già «molto stringente e rigida che deve essere innalzata e resa flessibile per evitare, in un contesto critico come quello attuale, effetti profondi sull’economia reale e la competitività delle imprese europee».

La sostenibilità

Il dossier illustrato da Patuelli affronta anche un altro tema rilevante: la sostenibilità. La preoccupazione del settore creditizio è che alle banche venga richiesto di scrutinare i comportamenti green delle imprese, negando finanziamenti a quelle che non adottano pratiche virtuose. «Le banche – osserva il dossier – già assistono i clienti nella transizione, aiutandoli a reperire i finanziamenti necessari e consigliandoli in ogni fase di questo complesso percorso di trasformazione della sostenibilità. Tuttavia, non possono guidare da sole questo processo, né possono assumersi la responsabilità primaria di far rispettare le politiche climatiche. Spetta alle istituzioni definire politiche chiare e coerenti che incentivino tutti i settori e le imprese a progredire in questa transizione».

L’Abi chiede chiarezza

L’Abi chiede chiarezza su due aspetti fondamentali. In primo luogo, «le istituzioni UE dovrebbero stabilire un chiaro quadro finanziario di transizione, delineando percorsi settoriali e tabelle di marcia rispetto alle quali le imprese possano adeguare i piani di sviluppo e le banche possano definire le proprie strategie di finanziamento della transizione». In secondo luogo, per consentire alle banche di supportare al meglio i loro clienti, è cruciale che le imprese pubblichino piani di transizione conformi agli standard redatti dall’Efrag (Organismo Contabile Europeo) in applicazione della direttiva sui reporting di sostenibilità (CSRD).

I banchieri sottolineano che «è essenziale che ogni impresa, al di là delle soglie stabilite dalla CSRD, sia tenuta a elaborare un piano di transizione di elevata qualità, che comprenda almeno le informazioni previste dagli standard dell’Efrag».