Alla ricerca di una seconda giovinezza

Cronache dall’XI edizione di NPL&UTP, il Congresso nazionale di Giurimetria, Banca e Finanza promosso dal Centro Studi Alma Iura.

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L’industria italiana del credito deteriorato è alla ricerca di una seconda giovinezza. Dopo gli anni del grande trasferimento di Npl dalle banche ai servicer – circa 300 miliardi passati di mano tra il 2015 al 2023 – quei flussi si sono progressivamente affievoliti spingendo i servicer a ripensare al loro modello di business ed a nuove strade da intraprendere per proseguire un cammino di crescita. Quali? Se ne è parlato a Verona all’XI edizione di NPL&UTP, il Congresso nazionale di Giurimetria, Banca e Finanza promosso dal Centro Studi Alma Iura. È un evento che ogni anno fa incontrare nella città veneta i principali esponenti del mondo italiano dei crediti deteriorati e che, tra il dibattito in plenaria ed i workshop tematici, permette di affrontare a tutto campo i problemi del settore.

Il 2024 è stato caratterizzato da importanti novità. Alcuni operatori (Illimity) hanno abbandonato il mondo degli Npl (anche se parzialmente vi continuano ad operare), sono poi in corso importanti operazioni di aggregazione (Prelios Ion, Gardant-doValue). Per tutti, appunto, è in corso una riflessione sulla strada da seguire. Ed ecco le prime risposte.

I servicer servono ancora – ha detto Giovanni Gilli, presidente di Intrum Italy, aprendo i lavori del convegno – ma i margini sono sotto pressione e c’è necessità di un cambio di strategia e nuove fonti di finanziamento”. Gilli ha auspicato un allargamento della base di investitori a anche a soggetti “meno specialistici”. Il ceo di Fincavio Capital, Carlo Viola, ha approfondito il tema. “Dovremmo attirare il private capital e potrebbero intervenire anche Eltif specializzati”.

Sul fronte della materia prima, i crediti deteriorati e in particolare le sofferenze, non c’è da attendersi una ripresa consistente dei flussi a favore dei servicer. “Il problema degli Npl è alle spalle”, ha detto l’amministratore delegato di Banco Desio, Alessandro Decio. “Siamo stati bravi nellaffrontarlo. Dobbiamo essere attenti ad evitare che il problema si ricrei e per la verità non credo che accadrà”. Certo, i tanti fattori che in questi ultimi due anni hanno reso profittevoli i bilanci delle banche sono stanno affievolendola loro forza d’urto. Banca Desio si aspetta per il prossimo futuro un aumento del costo del rischio da 25 a 50 bp e un dimezzamento del margine di intermediazione. Ma non sono fattori sufficienti per far nascere nuovi importanti stock di crediti deteriorati.

Dove cercare nuovi affari, allora? Una risposta è venuta dall’ad di Gardant, Marco Briozzo per il quale l’industria dei servicer deve rivolgere la propria attenzione anche a portafogli di crediti “potenzialmente” deteriorati ed anche “ai crediti dell’erario”. Se si giungesse a tanto, in effetti, vi sarebbero nuove praterie da percorrere. Per il momento, però, l’attenzione dell’industria è soprattutto concentrata sullo stock dei crediti deteriorati da gestire, una massa di Npl di circa 250 miliardi. E, su questo fronte l’attenzione è soprattutto rivolta a stabilire nuovi rapporti con i debitori.

Debbono essere visti sempre più come clienti da servire”, ha sottolineato Fabio Panzeri, ceo di Prelios. In quella gran massa di debiti c’è del valore da fare emergere e alcune esperienze in altri paesi possono indicare il cammino. “In Spagna ad esempio il mercato dei reperforming loan è già molto sviluppato”. Su quale sia la strada migliore per recuperare i crediti, se quella delle procedure giudiziali o degli accordi stragiudiziali, è stato l’oggetto di una specifica tavola rotonda al convegno.

Non c’è una vera contrapposizione”, è il giudizio dell’avv. Marco Rossi, presidente dei comitato scientifico di Alma Iura. “L’avvio di procedure giudiziali spesso agevola il raggiungimento di accordi stragiudiziali”. Certo quest’ultima è la via preferita dai creditori, “dove si chiudono il 75% delle controversie – ha sottolineato Davide Sarina, senior partner di I-law – anche perchè con le vie giudiziali si recupera spesso non più del 30-35% del valore dei crediti. L’attenzione è rivolta anche all’efficienza della macchina giudiziaria. In questi anni sono stati raggiunti solo modesti risultati nel ridurre i tempi delle procedure esecutive. Se una causa dura 15 anni – è stato detto al convegno – il debitore non ha neppure un vero incentivo per un accordio stragiudiziale. Senza considerare che le corti – ha fatto presente Silvia Lodi (Banca Ifis) – intervengono quasi sempre a tutelare il soggetto debole, il debitore, ciò che contrasta con chi deve recuperare un credito.

Nel dibattito sul futuro dell’industria dei crediti distressed vi sono comunque già alcuni punti fermi. Uno di questi riguarda la necessità di giungere ad una maggiore economia di scala da parte degli operatori. Lo ha detto senza mezzi termini Andrea Munari, amministratore delegato di Amco. “Stiamo riducendo in modo molto significativo – ha spiegato – il numero dei servicer con cui lavoriamo. Da 18 arriveremo a 6-7 operatori. Non è più sostenibile un sistema con servicer da 2-300 milioni. Per essere correttamente remunerati devono gestire importi più elevati. Lindustria deve consolidarsi con più velocità”.

Una riflessione sul cammino fatto in questi anni dalle banche per ridurre il peso degli Npl è venuta infine dal fondatore di Illimity, Corrado Passera. Il suo è stato un quadro a luci ed ombre. “In questi anni il mondo del credito è andato avanti ed oggi lItalia può contare su sistema bancario forte. Siamo al top con un bassissimo costo del credito ed una pulizia dei bilanci avvenuta anche grazie al contributo dello stato. Se però guardiamo dall’alto il Paese e analizziamo i suoi problemi strutturali da classe dirigente, dobbiamo porci la domanda: stiamo conducendo saggiamente il Paese? La risposta è: no. Demografia, disagio sociale, competitività: non stiamo affrontando il problemi veri del Paese”.