Il maggior rischio rilevante considerato dalle banche nel concedere un prestito ad un’impresa debitrice è quello di insolvenza, seguito da incendio e furto. Invece calamità e cyber attacchi sono considerati rischi meno diffusi e perciò gli istituti di credito non tengono conto, sia nel concedere credito sia per il pricing, della presenza di coperture assicurative per questi ultimi. Il dato è contenuto nell’ultima Nota di stabilità finanziaria e vigilanza pubblicata dalla Banca d’Italia.
L’analisi si avvale dei risultati dell’indagine regionale sul credito bancario (Regional Bank Lending Survey, RBLS) condotta sempre da Bankitalia nei primi mesi del 2023. Gran parte delle banche intervistate considera rilevante il rischio di insolvenza di un debitore dell’impresa. Sono ritenuti significativi anche gli altri rischi ‘operativi’ tradizionali come furto e incendio, trasporto merci e responsabilità verso terzi. Invece si presta meno attenzione ai cosiddetti ‘rischi emergenti’ come i rischi naturali e climatici e il cyber risk.
Ciò presumibilmente dipende, fa notare la Banca d’Italia, almeno in parte dal fatto che le imprese molto esposte sono poche. Secondo l’indagine Invind, infatti, circa il 60% di imprese ritiene questa tipologia di rischio non importante per la propria attività. Un numero esiguo di banche intervisate ritiene questi rischi “molto rilevanti”. Perciò molti intermediari anche tra quelli che ritengono rilevanti i rischi operativi, non tengono conto, sia per la concessione del credito sia per il pricing, della presenza di eventuali coperture assicurative, soprattutto per le tipologie di rischi ‘emergenti.
Perché ciò accade? Per la difficoltà a integrare i dati sulla presenza di una copertura assicurativa nei modelli di valutazione del credito. Perciò lo studio suggerisce che l’adeguamento dei modelli usati dagli intermediari e la disponibilità di polizze idonee a essere incorporate in tali modelli potrebbero consentire agli operatori di sfruttare maggiormente i potenziali benefici delle coperture assicurative in termini sia di un contenimento del rischio di credito per le banche sia di minori costi di finanziamento per le imprese.
Il rischio climatico e la transizione verde
Sul tema era anche intervenuto Ignazio Visco, la scorsa estate, nella sua relazione tenuta nel corso dell’ultima assemblea dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana. L’ex governatore della Banca d’Italia, aveva segnalato che, in apparenza, le banche non tengono conto delle coperture assicurative delle imprese nella concessione del credito, soprattutto per il rischio legato all’ambiente.
“Un’adeguata copertura assicurativa – aveva detto – costituisce un importante elemento di attenuazione del rischio per le banche che affidano famiglie e imprese residenti in zone ad alto rischio climatico. In circa tre quarti dei casi le banche non sarebbero informate della sottoscrizione di polizze da parte delle aziende affidate […] Sarà necessario indagare con maggiore profondità le ragioni di questo fenomeno, in capo alle banche o alle imprese, e porvi rimedio”.
Ignazio Visco faceva riferimento all’alluvione che ha colpito nel 2023 la Romagna e alcune zone limitrofe, con profonde ricadute sulle attività economiche e sugli intermediari che le hanno finanziate. Oltre alla messa in sicurezza del territorio l’ex governatore aveva ricordato che nell’ambito del tavolo di coordinamento sulla finanza sostenibile istituito al MEF con l’Ivass e le altre autorità di settore, è stata avviata un’iniziativa per promuovere la protezione assicurativa contro i rischi climatici e gli altri rischi catastrofali basata sulla collaborazione tra il settore pubblico e quello privato.