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lato dell’offerta aumenterebbero l’efficienza economica e le politiche dei tassi d’interesse manterrebbero la stabilità dei prezzi. I dati macroeconomici raccontano una sto- ria contrastante. L’era postbellica può essere divisa in due periodi distinti: l’età dell’oro keynesiana (1947-1973) e la “Grande Mo- derazione” del monetarismo (1997-2019). Escludendo gli anni successivi, l’inflazione nel Regno Unito si aggirava inmedia al 4,5% durante l’era keynesiana e la disoccupazione al 2,1%. Sotto la gestione della banca centrale il tasso di inflazione si attestava in media di poco al di sopra del 2%, mentre la disoccu- pazione media era al 5,6%. I tassi di crescita nei due periodi sono stati rispettivamente del 2,8% e del 2%. In altre parole, i risultati macroeconomici sotto i due regimi erano nettamente diversi. Inoltre, l’“indice di miseria” (il tasso di di- soccupazione più il tasso di inflazione) era al 6,6% durante l’età keynesiana e al 7,8% nell’era dell’indipendenza della banca cen- trale. Dal 2020 è salito al 9%. A dire il vero, è impossibile stabilire se questi accadimenti siano stati il risultato di eventi politici o esterni. Già nel 1968 l’economista R.C.O.Matthews si chiedeva se la piena occu- pazione dell’epoca d’oro keynesiana dovesse essere attribuita alla politica del governo o a un boom secolare del dopoguerra. Si potreb- be anche sostenere che la bassa inflazione che caratterizzò laGrandeModerazione ebbe meno a che fare con le politiche della banca centrale che con l’ingresso di miliardi di la- voratori a basso reddito provenienti dall’Asia nel mercato del lavoro globale. Ma dato che la politica economica influisce inmodo significativo sulla performance eco- nomica, è difficile sostenere che la politica fiscale e quella monetaria debbano essere tenute separate. Le banche centrali control- lano l’offerta di moneta attraverso i tassi sui prestiti concessi alle banche commerciali. Ciò stabilisce la struttura dei tassi d’interesse a lungo termine, determinando i tassi ai quali i mutuatari possono accedere ai fondi, il che a sua volta influenza gli investimenti e la di- soccupazione. In poche parole, se i governi devono essere ritenuti responsabili degli investimenti e della disoccupazione, devono anche controllare la politicamonetaria. Inoltre, mentre le banche centrali si sforzano di mantenere l’apparen- za dell’indipendenza, la realtà è che spesso fanno ciò che vogliono i governi. Anche se è impossibile prevedere quale quadro ma- croeconomico emergerà dalla nostra attuale epoca di turbolenze, con molta probabilità poco somiglierà all’ideale friedmaniano. Traduzione di Simona Polverino ®PS 10 B E | B AN K E R S

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