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europea – ricorda ancora Sabatini – diffuse le sue linee guida per la definizione di default al fine di giungere ad un criterio unico per tutta Europa nel riclassificare come deteriorati i crediti accordati alla clientela. Tra queste li- nee guida veniva inserita una previsione che limita fortemente la possibilità di una banca di offrire “misure di tolleranza” a un debi- tore in temporanea difficoltà. In particolare, se una ristrutturazione del debito offerta al debitore riduce di oltre l’1% il valore della esposizione originaria, l’intera esposizione verso quel debitore deve essere immedia- tamente riclassificata come deteriorata. “ In precedenza i regolatori nazionali utilizzavano una flessibilitàmoltomaggiore che includeva anche il ricorso amisure di forbeance (conces- sioni) per agevolare i debitori in difficoltà (in Italia la soglia era del 5%). L’1% si è rivelata una misura troppo restrittiva e rigida. Con l’aumento dei tassi d’interesse, qualsiasi ri- strutturazione di un debito è finita in quella mannaia ”. Così, riclassificati quegli asset, sono incappa- ti in un’altra regola, “ unmeccanismo perver- so ” – così lo definisce l’ex direttore dell’Abi – del regolatore europeo, racchiusa in due parole inglesi dall’aria innocua: calendar pro- visioning . Con quell’espressione si intende la procedura di accantonamenti progressivi al semplice decorrere del tempo definita in sede europea per i crediti deteriorati. Con quella svalutazione progressiva, indipendentemen- te dal dato storico di capacità di recupero del collateral di un credito (normalmente un immobile dato in garanzia), in sette anni il valore di quella esposizione deve essere az- zerato. “ È stato inutile far presente l’aspetto insensato e perfino prociclico di una simile regola, e neppure sottolineare che una simile svalutazione contrastava anche con le regole dei principi contabili internazionali IFRS. Il regolatore europeo è andato per la sua strada. Quello che era inizialmente (dal 2017) soltan- to una pratica consigliata dalla vigilanza è stata successivamente incorporatanelle regole di Basilea III ed è pertanto divenuta cogente ”. Una simile tenaglia regolamentare ha costret- to le banche a disfarsi il più rapidamente pos- sibile dei loro crediti difficili. Era l’obiettivo che il regolatore si proponeva fin dall’inizio, ma a che prezzo è stato realizzato? “ Che in questo passaggio di mano – s ottolinea Saba- tini – ci sia stato un consistente trasferimento di ricchezza dalle banche e dai loro azionisti ai fondi che hanno rilevato quegli asset, anche fondi speculativi, questomi sembraundato di fatto ”. È sicuramente vero che prima degli in- terventi delle autorità europee, in particolare del SSM della BCE, la gestione dei crediti de- teriorati era inmolti casi lacunosa e approssi- mativa. Quando un credito andava inmalora si passava la pratica ad un legale esterno e le banche rinunciavano ad una gestione attiva di quelle esposizioni. Soprattutto la qualità delle informazioni relative alle esposizioni e alle connesse garanzie era assolutamente insufficiente. Anche ai fini delle successive operazioni di cessione e di cartolarizzazione è stato fatto un grande lavoro per avere un set di dati preciso, dettagliato e aggiornato sul- le esposizioni deteriorate, come – in questo caso giustamente – richiesto dalle autorità di vigilanza. È una storia ormai passata e in fondo è stata, appunto, una storia di successo. Il problema degli Npl è stato superato con successo e con tempi che hanno sorpreso anche i supervi- sori. È certamente migliorata la capacità di gestione del rischio di credito e questo è te- stimoniato anche dai valori sui nuovi flussi di crediti deteriorati che – nonostante il quadro economico di bassa crescita – rimangono su livelli più bassi di quelli antecedenti la grande crisi finanziaria. Che sta succedendo, forse le banche stanno razionando il credito per evitare di incappare in brutte sorprese? “ No, non mi sembra sia in atto un razionamento del credito, il rallentamento a cui stiamo as- sistendo è un problema di domanda più che di offerta, le aziende che vanno bene non ne hanno bisogno, dispongono ancora di molta liquidità e, poi, l’incertezza sulle prospettive economiche in relazione al complesso scena- rio globale frena gli investimenti ”. Tornando a quanto è accaduto in questi anni, c’è un altro aspetto che sorprende. Il quadro delle regole europee ha spinto la gran massa dei crediti difficili al di fuori del perimetro del- le banche, che sono soggetti regolamentati, verso chi (i servicer) non è vigilato allo stesso modo. Ed ora, con la direttiva sul mercato se- condario dei crediti, è costretta a regolamen- tare anche loro. “ La viamaestra è di consenti- re alle banche di tornare a fare il loromestiere, lasciare loro maggiore flessibilità nel gestire le situazioni difficili, nell’aiutare le aziende in temporanea difficoltà, che dopotutto sono i loro clienti, a superare i momenti difficili. E soprattutto, occorre ripensare al più presto regole con effetti prociclici e negativi quali il calendar provisioning ”. B E | B AN K E R S 13

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