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Già ma come finanziare tutto questo? Forse con gli eurobond di cui è sem- pre stato un convinto sostenitore? Le sembra che il quadro politico europeo sia favorevole? Gli Eurobond sono una realtà apprezzata da un mercato di dimensione potenzialmente molto ingente. Come sono stati usati per ragioni solidaristiche di emergenza in oc- casione della crisi sanitaria globale, devono poter essere utilizzati anche per l’emergenza crescita-innovazione-produttività. Nessuno si nasconde le difficoltà e le resistenze, ma nessuno deve nemmeno nascondere i rischi economici, sociali e politici di una Europa de- clinante economicamente, tecnologicamente e militarmente e sempre più dipendente da altre potenze globali concorrenti e potenzial- mente conflittuali. E allora come? L’attuale bilancio comunitario non è in gra- do di affrontare un programma del genere. Il suo peso sul PIL complessivo è addirittura in calo e raggiunge a stento l’1%: in gran parte consiste in trasferimenti da alcuni Stati ad altri. È vero che tocca alcuni dei punti cru- ciali per il nostro futuro che abbiamo appena individuato, ma li sfiora soltanto in termini quantitativi e li affida sostanzialmente ai sin- goli Stati. Inoltre, è concentrato su obiettivi – del tutto rispettabili – di difesa dell’esistente come l’Agricoltura - e di coesione con i Fondi strutturali. Manca, di fatto, un bilancio fede- rale che assicuri la realizzazione e il finan- ziamento di quegli investimenti di interesse comune e aggiuntivi rispetto a quelli nazio- nali. Il nostro concorrente diretto – gli Stati Uniti – dispone di questo strumento e ne fa uso con grande forza: una buona parte della crescita americana e dell’aumento della sua produttività è legata proprio ai programmi federali di promozione degli investimenti nei settori chiave: l’IRA è stato uno degli ulti- mi casi. Se noi vogliamo essere potenza, se vogliamo essere sovrani, se vogliamo essere capaci di reggere il nostro sistema economico e sociale dobbiamo crescere di più, abbiamo bisogno di aumentare la nostra produttivi- tà e per aumentare la produttività bisogna fare investimenti. Sono risorse che solo in parte i privati riescono a mettere in campo e dobbiamo prendere atto che i bilanci nazio- nali sono in gran parte esausti. Lo può fare invece l’Europa con un bilancio federale a lungo termine. Parliamo di numeri. Per avere un effetto significativo, i nuovi investimenti federali dovrebbero avere di- mensione considerevole. Impossibile fare cifre, ma da anni dico che per muovere un PIL complessivo di circa 15 trilioni di euro, dovremmo probabilmentemetterci in condi- zione di attivare investimenti aggiuntivi per nonmeno di 4-5 trilioni – 4-5000miliardi - da concentrare in un numero limitato di anni. Anche per questo homolto apprezzato il Pia- no presentato da Mario Draghi che dimostra la necessità di intervenire con grande forza. La sfida, però, è soprattutto politica e neces- sita di una leadership coraggiosa, determi- nata e capace di costruire alleanze. Solo cosi si risponde al grande disagio che cresce nei nostri paesi e si evita che il disagio diventi estremismo, inevitabilmente antieuropeo, ma soprattutto nemico della democrazia liberale. Politica monetaria, che fare? Bisognava agire fortemente difronte all’infla- zione galoppante ed è stato fatto –magari un po’ in ritardo -, ora bisogna avere il coraggio di prendere atto che l’inflazione è diminuita e che la recessione è di fatto in corso, perché quando si cresce allo zero-virgola è come non crescere. E che è ora, pertanto, di abbassare di più i tassi, senza ulteriori ritardi. La priorità per noi è la crescita sostenuta e sostenibile e non dobbiamo necessariamente sempre allinearci agli Stati Uniti per muoverci anche noi in quanto l’economia Usamostra dei tas- si di produttività e di crescita di gran lunga migliori dei nostri. Grattando la superficie quale trend strutturale la preoccupa maggior- mente? Senza dubbio la demografia. Noi sappia- mo che in Italia mancheranno 5 milioni di persone entro 15 anni. Quando parliamo di immigrazione sembra che il problema siano i barconi, quando, invece, dovremo adoperarci per attirare, integrare e mante- nere in Italia gli immigrati che ci servireb- bero. Magari formandoli e insegnando loro la nostra lingua nei loro paesi di origine. Ma per affrontare l’inevitabile calo demografico dobbiamo adoperarci attivamente anche in altri modi. Prima di tutto, se avremo meno persone in età da lavoro, per non perdere troppo volume di PIL sarà necessaria una maggiore produttività e questo implica più investimenti. Pertanto, dovremmo premiare le aziende che investono in ricerca, tecnolo- gia, innovazione, quelle che si aggregano, si rafforzano. La famosa “industria 4.0” è stata definanziata e solo ora viene riavviata per alcune tipologie di investimento la “5.0”. Il fisco dovrebbe premiare strutturalmente le aziende che investono perché solo con maggiore produttività potremo crescere con meno persone. Segnalo, al riguardo, l’errore fatto con l’abolizione dell’ACE avevamo in- trodotto per premiare le società chemettono capitale nell’impresa, che tengono gli utili in azienda. È stata una delle misure prese dal governo di cui facevo parte che oggi è stata eliminata. B E | B AN K E R S 35

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