BeBankers

CRED I TO #RecuperoCrediti #CreditoDifficile #RistrutturazioneDebitoria StefanoMarchetti Avvocato, Vicepresidente di BCA Banca, Gruppo IBL Banca, e Presidente della Fondazione vaticana “San Giovanni XXIII” C onfrontando due fotografie del mondo degli NPL 1 in Italia, scatta- te oggi e dieci anni fa, si potrebbe dire che nulla è cambiato a livello dei principali indicatori: lo stock complessivo lordo di crediti impagati di origine bancaria è abbastanza simile (360 miliardi vs. 305), come simili sono i tempi medi di durata delle procedure giudiziali di recupero del credito (circa 6,5 anni). Nulla è quindi successo e, per dirla con To- masi di Lampedusa, tutto è cambiato perché nulla cambiasse? Non proprio, ma vediamo con attenzione da dove si è partiti e dove siamo arrivati. 1 Spesso i termini NPL/NPE/UTP sono usati in modo improprio. In base alle Linee guida per le banche sui crediti deteriorati della BCE, queste sono le corrette definizioni: NPL e NPE sono considerati sinonimi e identificano tutti i crediti deteriorati, vale a dire i crediti scaduti da oltre 90 giorni, nel cui ambito rientrano: gli UTP (unlikely to pay) rappresentano i crediti verso soggetti in momentanea difficoltà; i Bad Loans sono crediti, sostanzialmente simili alle sofferenze delle regole Centrale Rischi, verso soggetti che versano in sta- to di insolvenza ancorché non dichiarata; infine i Forborne, crediti per i quali si sono modificate alcune delle condizioni originarie del finanzia- mento, al fine di favorire il recupero del credito. Come noto, il sistema bancario dopo il picco di NPL raggiunto nel 2015 (361miliardi lordi) è ormai giunto ad avere poco meno di 60 mi- liardi di crediti deteriorati lordi, passando da oltre il doppio della media europea a numeri assolutamente in linea con quelli dell’area Euro. Il loro impatto netto sui bilanci del sistema bancario è ormai quasi irrilevante, essendo passati dai 196 miliardi del 2015 ai circa 30 degli ultimi dati disponibili (rapporto ABI di luglio 2024). Il maggior focus operativo delle banche su- gli NPL in ogni loro fase, le molte cessioni, concluse anche grazie alle GACS, alcuni in- terventi “di sistema” (come AMCO e il fon- do Atlante) hanno contribuito a risolvere il problema nei bilanci delle banche. Tutto sembrerebbe quindi ormai risolto: ma la realtà è in parte diversa. Se guardiamo, infatti, al complesso degli NPL esistenti sul mercato italiano, vediamo che i crediti problematici, usciti dai bilanci ban- cari, sono ora in quelli degli investitori, che hanno comprato i crediti dalle banche. Gli NPL complessivi, infatti, sono pari a circa 305 miliardi lordi, per circa 60 miliardi nei bilanci delle banche e per la differenza (circa 245 miliardi) in mano agli investitori. Considerando i ridotti ingressi di nuovi NPL in questi ultimi anni (anche grazie alle varie moratorie, che hanno riguardato crediti per oltre 300 miliardi di euro e nuovi finanzia- menti per oltre 100miliardi concessi in epoca Covid con la garanziaMCC) il problema prin- cipale delmercatoNPL è oggi essenzialmente legato allo smaltimento dello stock più che ai nuovi flussi. La “vasca” degli NPL, infatti, si riempie per due dinamiche diverse, i flussi in entrata e quelli in uscita: sistemato il rubinetto dei nuovi ingressi ci si deve preoccupare dello “scarico”, aumentando in modo importante il deflusso degli NPL. Il principale problema da affrontare oggi, pertanto, è legato agli stock accumulati nel c.d. mercato secondario, alla necessità, cioè, che i crediti usciti dai bilanci delle banche ed attualmente nei portafogli dimolti investitori, siano finalmente recuperati. Le tempistiche reali dei Tribunali, infatti, sono di poco migliorate, rimanendo sempre poco sotto la soglia dei sette anni, che ha per decenni caratterizzato il sistema giudiziario italiano, sia nelle esecuzioni individuali sia in quelle concorsuali. Un mercato molto maturo, come quello italiano, ha negli ultimi dieci anni percorso la via degli accordi stragiudiziali in modo importante e significativo, organizzandosi e dedicando strutture e risorse per favorire al massimo accordi transattivi e ristruttura- zioni, essendo questa soluzione sicuramente preferibile rispetto alla strada giudiziale. L’altra strada, quella giudiziale, è sempre sta- ta perseguita come un percorso necessario e inevitabile quando la via dell’accordo non era possibile. Il rapporto tra queste due modalità di recu- pero, la giudiziale e la stragiudiziale, si è for- temente modificato negli ultimi anni: dieci anni fa i recuperi provenienti dall’attività stragiudiziale erano largamente superiori all’attività giudiziale (60% vs. 40%) mentre oggi il rapporto si è invertito e i recuperi giu- diziali sono in talune situazioni superiori al 70% degli incassi totali. B E | B AN K E R S 45

RkJQdWJsaXNoZXIy MTUzNjY=