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I l market failure è un fenomeno ben conosciuto dagli economisti ma dovremmo considerare con la stessa attenzione anche il caso di un regulator failure ? E quali incentivi potrebbero ridurne l’impatto? Due articoli del magazine che vi apprestate a leggere sollecitano una simile riflessione. Il primo è un articolo di Robert Skidelsky, economista e tra i maggiori biografi di Keynes, che rampogna la Bank of England per non aver previsto la fiammata inflazionistica degli ultimi anni conducendo una politica monetaria accomodante. Skidelsky critica la separazione tra politicamonetaria e politica fisca- le - un’eredità Milton Friedman - e, anche, la “finta” indipendenza delle banche centrali. L’altro articolo è l’intervista a Giovanni Sabatini in cui l’ex (da po- chi mesi) direttore centrale dell’Abi ripercorre le tappe dalla grande espulsione degli NPL (€300 miliardi in pochi anni) dai bilanci delle banche italiane. Ma anche dei grossolani errori regolamentari (dal diniego di utilizzare il fondo interbancario per gestire le crisi delle piccole banche del centro Italia alle norme sul calendar provisioning ) che hanno favorito un “consistente trasferimento di ricchezza dalle banche e dai loro azionisti ai fondi che hanno rilevato” i portafogli di NPL. Qualcuno dovrebbe pagare per questi errori ed è legittimo che vi sia una sanzione? Senza un disincentivo gli errori sono destinati a ripetersi, ma comporre unmosaico convincente di pesi e contrappesi è assai complesso. Per organismi indipendenti come sono le banche centrali e le authority di vigilanza vale pur sempre il mandato che gli deriva dalle leggi. Quello di garantire la stabilità degli intermediari è sempre stata la principale finalità del Tub (Testo unico bancario) nonostante com- paia anche quella di “promuovere l’efficienza e la competitività del sistema finanziario”. Nel caso delle assicurazioni (TUA) l’obiettivo della stabilità è “subordinato” alla necessità di garantire “l’adeguata protezione degli assicurati” e infine, nel testo unico della finanza (TUF), vengono indicate finalità differenti (la salvaguardia della fi- ducia nel sistema finanziario; la tutela degli investitori; la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario; la competitività del sistema finanziario) senza stabilire una prevalenza quando si trova- no in contrasto. Per le Banche centrali la finalità prevalente è quella del controllo dell’inflazione cui si aggiunge, in più ordinamenti, la promozione dello sviluppo economico. Definito il mandato, quali sono gli incentivi/disincentivi perché tutti svolgano al meglio il proprio compito? Qui il quadro si complica. Esi- stono buone regole impartite da organismi internazionali (ad esempio l’IMF)ma la pratica suggerisce che, nella gran parte dei casi, authority e regulator sono stati messi sul banco d’accusa soltanto in casi di cor- ruzione o di crisi finanziarie in cui era in gioco la stabilità finanziaria e di singoli grandi intermediari. Attualmente nella graticola è finita per questi motivi la Securities and Exchange Board of India (Sebi), l’equivalente della nostra Consob. Una funzione informativa potenzialmente in grado di cambiare i comportamenti potrebbero svolgerla le commissioni d’inchiesta. Ma dipende. In Gran Bretagna - ricorda Skidelsky - a esaminare le per- formance della BoE è stata chiamata una persona autorevole come l’ex presidente della Fed, Ben Bernanke, e le sue considerazioni sono state attentamente valutate nel mondo accademico e politico. In Ita- lia è stata costituita una chiassosa commissione parlamentare sulle banche, presieduta dalla pentastellata Carla Ruocco. Ha svolto decine di audizioni, è stata l’arena per verbosi scambi di accusa, e non ha combinato nulla. B E | B AN K E R S 3

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