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Le imprese, che storicamente in Italia han- no fatto finora largamente affidamento al rubinetto bancario, ed ancora continuano a farlo, dovranno in futuro rivolgersi altrove per finanziare la loro crescita. Dove? “ La strada da percorrere sarà sempre più quel- la del private debt dove le PMI più meritevoli troveranno il sostegno di cui hanno bisogno contribuendo allo stesso tempo all’evoluzione deimercati finanziari in Italia ”. Adaffermarlo è Massimo Figna , fondatore e Ceo di Tenax Capital, boutique di asset management tra le più attive nel mondo del private debt eu- ropeo, con attivi in gestione per 2,9 miliardi. Il private debt, cioè i finanziamenti accordati alle imprese da investitori istituzionali non bancari, ammontava nel 2022 in Europa a circa 293 miliardi, poco meno dell’1% del Pil continentale. Le differenze tra i diversi paesi sono significative. In Gran Bretagna il private debt pesa per circa il 5,7%del prodot- to interno (0,3% in Italia) e lo stesso paese detiene circa il 60%del mercato complessivo dei debiti privati in Europa (il 2,1% in Italia). Come si spiegano simili differenze? “ In gran parte hanno avuto origine nel 2008 con la crisi della finanza globale – spiega Fi- gna – quando le banche commerciali hanno ridotto significativamente la quota dei finan- ziamenti all’economia reale. Il loro posto è stato preso da boutique di Asset Management spesso nate su iniziativa di ex dirigenti banca- ri. I nuovi attori hanno costituito i primi fondi di private debt con il compito di finanziare le imprese ”. Nel funding dei nuovi fondi particolarmente attive sono state le assicurazioni. Queste han- no collocato le quote dei fondi di private debt nei portafogli che servono a garantire le pre- stazioni dei fondi pensione britannici. Una quota di investimenti illiquidi – che offrono in contropartita rendimentimaggiori di quelli immediatamente liquidabili – ben si prestano a sostenere liability a lunga scadenza come sono quelle previdenziali. “ Se osserviamo l’intera catena di intermediari coinvolti nel private debt possiamo dire che gli assicuratori hanno sostituito in buona parte le banche nel sostegno all’economia reale britannica ”. In questo passaggio le compagnie si sono av- vantaggiate anche di più favorevoli requisiti prudenziali. Poiché quegli asset finivano in portafogli chiusi – i capitali dei fondi pen- sioni vengono rilasciati solo al momento di erogare le rendite pensionistiche – gli assicu- ratori del Regno Unito hanno fatto largo uso del meccanismo di “ matching adjustment ”, previsto dalla normativa di Solvency II, con ratios patrimoniali agevolati. In Italia è immaginabile un’evoluzio- ne simile? “ Il cammino è già iniziato ed un esempio sono proprio i fondi di private debt costi- tuiti nel tempo da Tenax Capital ”. L’ultimo della famiglia, il Tenax Sustainable Credit Fund, nato nel 2023, è frutto di una part- nership con IntesaSanpaolo. È un esempio del modello bancario “ originate to share ” che si è affermato in Gran Bretagna dopo la crisi della finanza globale. La banca propo- ne al fondo una lista di aziende candidate ai finanziamenti, scegliendole tra i propri clienti. Il fondo, partecipato anche da Intesa per ridurre il rischio di conflitti di interes- se, decide in autonomia quali finanziare. L’istituto di Carlo Messina non perde con- tatto con la propria clientela ma allo stesso tempo non è gravato dai ratios patrimoniali associati ai finanziamenti diretti. La garan- zia dell’European Investment Fund (EIF) ottenuta sui finanziamenti alle imprese e la partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti, entrata nel fondo con una quota di 40 milioni, qualificano il Tenax Sustainable Credit Fund come un’iniziativa di sistema. Dall’avvio del progetto il fondo ha già rac- colto 200 dei 300 milioni del suo target e ha erogato 147milioni a 18 PMI italiane dei più svariati segmenti merceologici. Anche nella via italiana al private equity le assicurazioni potranno essere il volano della trasformazione? Figna se lo augura soprattutto – spiega – se verranno chiari- te alcune incertezze regolamentari. Se gli investimenti godono di una garanzia sul credito – ad esempio quelle dell’EIF – al- lora i ratios patrimoniali delle compagnie risultano più favorevoli. Ma, secondo alcu- ne interpretazioni prevalenti ad esempio in Italia, è una facility che vale soltanto se la garanzia è totale e non parziale, a differenza di quanto prevede ad esempio la disciplina prudenziale nel credito per i finanziamenti bancari. Fatta già propria, in alcune legislazioni, anche dai regulator assicurativi. “ È un’asimmetria che andreb- be rapidamente rimossa anche in Italia – sottolinea ancora Figna – per consentire ai nuovi attori di private debt di occupare gli spazi lasciati vuoti dalle banche nel soste- nere la crescita delle imprese ”. B E | B AN K E R S 55

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