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Sul filo di questa dicotomia, tra opportunità e costo della transizione energetica, si gioca in Europa anche la partita dell’auto elettrica, tra lamoda scatenata dall’ascesa delmarchioTe- sla, che ha spinto la domanda oltre le attese, e la messa al bando del motore endotermico a partire dal 2035, decisa dall’Unione Euro- pea contro cui si batte la Germania (l’Italia si è astenuta), oltre a Confindustria. Mentre le case automobilistiche tradizionali hanno inizialmente contrastato e cercato di ritardare l’avvento dell’elettrico, per via della legacy tecnologica che tuttora rappresenta un costo enorme alla loro transizione, la Cina ha visto l’opportunità di muoversi in anticipo e detta- re le regole del nuovo mercato, spiazzando la concorrenza. In particolare la produzio- ne cinese di batterie al litio ha sostenuto la commercializzazione di veicoli elettrici, ma nonostante nell’ultimo decennio i costi di queste batterie si siano ridotti di oltre l’80% (fonte Bloomberg), restano alti rispetto ai costi di produzione dei motori endotermici. Se questo può non rappresentare un ostacolo per i veicoli di gamma medio alta (sopra i 50.000 euro di prezzo) è invece una forte bar- riera nel mercato dei veicoli più economici, dove i consumatori non sono disponibili a pagare un premio e le case automobilistiche non possono assorbire una minore redditi- In Europa l’auto elettrica ha spinto la domanda oltre le attese. vità. Se pensiamo che in Europa solo il 10% delle nuove immatricolazioni è oggi elettri- co - trend peraltro il leggera flessione, per un atteggiamento più cauto dei consumatori dopo l’entusiasmo iniziale - e solo il 2% dei quasi 260 milioni di auto in circolazione, si ha la misura della distanza da colmare e del rischio connesso al bando del motore endotermico in tempi troppo stretti rispetto a frontiere che la tecnologia ancora non ha conquistato. È noto infatti che molti proget- ti di ricerca finanziati con risorse europee, così come gran parte degli investimenti dei produttori privati, guardano ad alternative alle batterie al litio, che da molti addetti ai lavori non è considerata il futuro dell’elet- trico. Peraltro nel recente Bollettino Econo- mico la Banca Centrale Europea ha dedicato un intero capitolo al settore automotive, “ Will the euro area car sector recover?”, in cui, messa a fuoco la centralità del settore per l’economia dell’Unione e identificate le sfide e minacce della transizione energetica, conclude che la resilienza finquimostrata dai produttori di auto europei necessita di una rapida integrazione dei processi digitali nella manifattura tradizionale, e più in generale di un’innovazione tecnologica decisiva che gui- di il mercato, emancipandolo dalle forniture made in Asia. A questo proposito sempre la BCE menziona le politiche industriali come fattore decisivo di successo, lasciando inten- dere che gli obiettivi scritti nel Green Deal da soli non bastano a garantire che l’industria sopravviva alla transizione. D’altra parte se sulla recessione della Ger- mania pesa in maniera evidente il crollo dell’ export automotive del 25%, con il sor- passo dell’export cinese nel 2022, non stupi- sce che questo trend preoccupi anche l’Italia, che nel settore automobilistico tradizionale, in larga parte indotto, impiega oltre 230.000 addetti e fattura il 5,6% del Prodotto Inter- no Lordo (fonte ANFIA). Quello che si fa- tica a leggere, fra le righe della transizione energetica, è quanto il settore sia esposto in termini di indebitamento verso il settore bancario, e quanto verso la propria clien- tela, con politiche aggressive che tentano di sostenere la domanda. L’indebitamento dei principali gruppi automobilistici euro- pei posizionati anche sulla fascia bassa del mercato, Volkswagen, Renault e Stellantis, ammonta oggi complessivamente a quasi 300 58 B E | B AN K E R S
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