Codice della Crisi e dell’Insolvenza: un “correttivo” rivolto a perseguire un migliore equilibrio tra le esigenze dei creditori e quelle dell’impresa

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Premesse

Il Codice della crisi d’impresa (di seguito Codice) è entrato in vigore il 15 luglio 2022 a seguito di un lungo processo di gestazione avviatosi con la c.d. riforma Rordorf. Tale riforma interveniva in modo tanto sensibile sulla vecchia legge fallimentare al punto da richiedere due interventi correttivi, di cui l’ultimo rivolto all’attuazione della Direttiva Insolvency, oltre alla recente introduzione di un terzo correttivo (di seguito Correttivo), approvato in via preliminare in data 10 giugno 2024 dal Governo, e che si attende venga definitivamente approvato entro il prossimo mese di settembre.

Ciò premesso, prima di segnalare alcune delle principali aree di intervento del nuovo Correttivo (rimandando allo stesso per un maggiore approfondimento), si ritiene di fornire una breve disamina sul processo che ha visto la legge fallimentare confluire nell’attuale Codice, nel tentativo di trovare una risposta al quesito che qui ci si pone, ovverosia se le modifiche introdotte abbiano o meno portato benefici di “sistema”, inteso come insieme di interessi espressione delle parti coinvolte. 

Dalla Legge Fallimentare al Codice della Crisi

La transizione normativa in esame si fonda sul principio della conservazione del valore aziendale, con ciò ridefinendo il nucleo centrale della previgente legge fallimentare, rivolta invece a tutelare principalmente i diritti dei creditori[1]

In buona sintesi, la struttura del Codice si poggia sui seguenti paradigmi:

  • incentivare l’emersione anticipata della crisi tramite strumenti preventivi di allerta (i.e. early warnings tools) in virtù del presupposto secondo cui il tempo risulta essere il fattore determinante da cui dipende il successo del turnaround;
  • facilitare attraverso un ampio panel di strumenti giuridici la ristrutturazione preventiva scongiurando l’insolvenza, in assenza di pregiudizio dei creditori.

Il quadro testé definitivo muove dagli obiettivi prefissati dalla Direttiva Insolvency, da cui dipende anche la numerosità degli strumenti messi a disposizione del debitore (Composizione negoziata i.e. accordo, contratto, concordato semplificato, oltre agli Strumenti di regolazione della crisi). In tale contesto trova dunque collocazione la norma di cui all’art. 2086 c.c. che disciplina gli adeguati assetti organizzativi e contabili, finanche attraverso l’introduzione dell’art.3 del Codice titolato “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa”. Le due norme hanno lo scopo di rinnovare profondamente l’esercizio dell’attività imprenditoriale introducendo il principio c.d. forward looking, rivolto alla previsione delle performance aziendali, superando il limite della mera consuntivazione dei risultati dell’impresa.

Qualora si dovessero manifestare incertezze sul mantenimento della continuità aziendale, è allora obbligo degli amministratori attivarsi senza indugio per il recupero della continuità stessa[2].

Modifiche sensibili sono state poi destinate al concordato preventivo in continuità con l’introduzione di un articolato meccanismo di voto che passa necessariamente attraverso la classazione dei creditori secondo il principio di omogeneità di trattamento degli stessi, e trova la sua massima espressione innovativa nel cd cross cram down ovverosia il principio che consente al tribunale, al verificarsi di determinate condizioni,[3] di omologare il concordato con l’approvazione di una sola classe di creditori.

In tale contesto, merita inoltre una menzione particolare, la regola che impone la limitazione del valore riservato ai soci in presenza di classi dissenzienti (c.d. valore risultante dalla ristrutturazione). Nello specifico, il meccanismo di calcolo definito dalla norma in questione – a dire il vero, non di facile comprensione – è stato introdotto come strumento di salvaguardia e “costituisce il più forte ostacolo ad operazioni di risanamento condotte a spese dei creditori[4]. Il valore risultante dalla ristrutturazione, infatti, è una grandezza assoluta che corrisponde al valore dell’azienda al momento dell’omologa e viene preso come raffronto con il valore destinato al soddisfacimento dei creditori appartenenti alla classe dissenziente. Qualora quest’ultimo fosse inferiore al valore riservato ai soci, il concordato non potrà essere omologato.

Non di rado, infatti, con la struttura giuridica previgente, il peso specifico della ristrutturazione veniva scaricato sui creditori che di fronte a una proposta di concordato in continuità diretta avevano a disposizione, come unico strumento di opposizione (oltre evidentemente al voto), la dimostrazione del mancato rispetto del principio di miglior soddisfacimento dei creditori[5].

A ben vedere, un ulteriore deterrente era rappresentato dalle proposte concorrenti, che avrebbero dovuto evitare comportamenti opportunistici del debitore. Tuttavia, nella prassi, si rileva(va) uno scarso utilizzo di questo strumento.

Concetto differente è poi il “valore eccedente il valore di liquidazione” assoggettabile alla c.d. Relative Priority Rule.

Tale principio risulta il nodo centrale su cui si fonda la proposta di concordato in quanto solo il valore eccedente quello di liquidazione potrà essere destinato ai creditori e ai soci in deroga agli stretti criteri dell’Absolute Priority Rule (i.e. valore astrattamente disponibile per i creditori concorsuali in caso di liquidazione giudiziale), rappresentando quindi il più forte mezzo di persuasione per l’approvazione della proposta stessa.

Assume pertanto assoluta rilevanza il parametro secondo il quale la soddisfazione dei creditori non dovrà mai essere in misura inferiore rispetto a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale. Questo concetto si ritrova in tutti gli altri strumenti di regolazione della crisi nonché nel concordato semplificato.

L’impiego di quest’ultimo, previsto al termine del procedimento di composizione negoziata solo se rispettate talune condizioni[6], consente al tribunale di omologare il concordato se la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. Pertanto, l’unica forma di tutela per i creditori risulta l’opposizione all’omologa, non essendo previsto il voto.

Il nuovo correttivo – Cenni

Quanto al nuovo Correttivo[7], il legislatore è intervenuto con modifiche sensibili in particolare sulla composizione negoziata, confermando l’intenzione di destinare a questo strumento un ruolo centrale nei processi di ristrutturazione.

E’ stata infatti introdotta la facoltà di concludere, anche nell’ambito di tale procedimento, la transazione con il fisco[8] e la possibilità di proporre la domanda di composizione negoziata anche per un’impresa che si trovi già in stato di insolvenza al momento della proposizione della domanda stessa.

Per quel che riguarda più direttamente i creditori finanziari è stato previsto, tra gli obblighi demandati a tali soggetti, di non attivare una diversa classificazione del credito per effetto del solo accesso alla composizione negoziata. Permane l’obbligo di non sospendere o di revocare le linee di credito concesse all’imprenditore salvo per ragioni dettate dalla normativa di vigilanza bancaria così come l’obbligo di non sospendere o revocare i contratti pendenti (tra cui anche le linee di credito concesse) in concomitanza della concessione di misure protettive, ma viene introdotta la possibilità di qualificare con la prededuzione anche la riattivazione di linee di credito sospese.

La medesima norma prevede altresì l’aggiunta di un inciso di non poco rilievo, ovverosia che la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario. Attraverso l’inserimento di tale previsione, viene pertanto garantita una maggiore tutela agli istituti in relazione al dibattuto tema dell’abuso del credito.

Conclusioni

Il principio cardine che muove la riforma è dunque rappresentato dalla preservazione del valore aziendale.  La capacità dell’impresa di intercettare i segnali di crisi per tempo, consente di poter definire una way out realistica ricorrendo, se necessario, ad uno degli strumenti previsti dalla norma, salvaguardando la continuità aziendale e scongiurando il ricorso alla liquidazione giudiziale.

In tale contesto “virtuoso” trova allora ragion d’essere l’allineamento d’interessi tra creditori e debitore. Il mezzo per arrivare allo scopo prefissato risultano essere le trattative tra le parti coinvolte: il Codice impone infatti doveri delle parti nel corso delle trattative, ponendo a carico del debitore il dovere di trasparenza e qualità delle informazioni rassegnate, e richiedendo ai creditori lealtà di comportamento.

Il buon esito delle trattative passa poi attraverso la capacità del debitore e dei professionisti che lo assistono di creare consenso e attrattività rispetto al progetto di piano proposto. D’altra parte, anche i creditori sono chiamati ora a svolgere un ruolo proattivo.

In particolare, il Codice affida ai creditori finanziari doveri di segnalazione e impone una condotta rivolta a “non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando il contraddittorio sulle proposte del debitore[9].

Il concetto di correttezza e buona fede si ripropone anche come requisito di accesso al concordato semplificato.

Tuttavia, se la struttura del Codice risulta coerente con gli scopi da esso prefissati, i dati di recente registrati fotografano uno scenario attuale in cui appare necessario ancora un periodo di rodaggio applicativo.

l debitori che accedano alla composizione negoziata in condizioni di insolvenza o prevedendo di richiedere le misure protettive, risultano infatti essere il 76% dei casi, stando ai dati elaborati da Unioncamere[10]. Nonostante il trend degli ultimi mesi risulti in miglioramento, le istanze che si sono concluse con esito negativo risultano pari all’82% delle istanze archiviate.11]

Volendo quindi, in definitiva, tracciare un bilancio conclusivo, la buona riuscita del risanamento passa oggi ancora più di ieri attraverso un atteggiamento responsabile e consapevole di tutte le parti coinvolte.

A partire dalla figura dell’esperto che acquisisce un ruolo centrale nella composizione negoziata pertanto “occorre investire sulla competenza e sulla formazione specialistica di questi[12].

Andrebbe incentivata ulteriormente, inoltre, l’implementazione degli adeguati assetti attraverso anche sgravi fiscali sugli investimenti effettuati da parte dell’impresa[12].

Nondimeno dai creditori finanziari ci si aspetta uno standard di condotta più elevato rispetto agli altri creditori, pertanto adeguate competenze economico-finanziarie e tecnico-giuridiche risultano sempre più necessarie. Se l’insieme degli operatori coinvolti sapranno dunque interpretare correttamente tali principi, ricorrendo ad esempio all’utilizzo del concordato semplificato qualora sussista effettivamente la buona fede e si siano preliminarmente esplorate tutte le alternative possibili, il cammino per raggiungere la meta prefissata dalla Direttiva europea sarà verosimilmente a buon punto.


[1] Con il Codice della crisi il risanamento è con i creditori e non vi è più spazio per chi li pregiudica; R.Ranalli, Diritto della crisi 18/07/2023

[2] In difetto, gli organi gestori vanno incontro a responsabilità che potrebbero comportare conseguenze di ordine risarcitorio. Tuttavia, qualche dubbio permane ancora sotto il profilo dell’impianto sanzionatorio che regola la norma in esame, in attesa che la giurisprudenza consolidi il proprio orientamento.

[3] D.L. 13 giugno 2023, n. 69, art.112 co.2 “[…] che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”

[4] Con il Codice della crisi il risanamento è con i creditori e non vi è più spazio per chi li pregiudica; R.Ranalli, Diritto della crisi 18/07/2023

[5] Principio che si basava a sua volta sul valore di liquidazione assunto in ottica fallimentare con conseguenti tassi di recupero minimali per i creditori

[6] D.L. 13 giugno 2023, n. 69, art.25 -sexies co.1 “Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili”

[7] Si vedano la Relazione illustrativa dello Schema di decreto legislativo 07/06/2024, n. 73 e Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi, prime considerazione; L.Panzani; Diritto della crisi 17/07/2024

[8] Risulta ancora in fase di discussione l’inclusione nella transazione degli istituti previdenziali e i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea

[9] Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, L. Panzani; Diritto della crisi 25/08/2021

[10] Report diffuso da Unioncamere Maggio 2024

[11] Istanze archiviate = Istanze presentate – Istanze rifiutate – Istanze in corso

[12] Report diffuso da Unioncamere Maggio Novembre 2024

[13] Chi scrive aveva avanzato l’idea già tempo addietro. Si veda il saggio: Gli adeguati