La Composizione negoziata della Crisi d’Impresa (CNC), introdotta nel nostro ordinamento nel novembre 2021 con la riforma del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), sta trovando, a quasi due anni dal via, una crescente applicazione, sia tra le piccole medie imprese, ma anche tra controparti strutturate e di dimensioni ragguardevoli.
Ricordiamo che si tratta di una procedura stragiudiziale finalizzata al risanamento e alla preservazione della continuità aziendale (going concern), pensata per le imprese che possono tornare a creare valore ed evitare l’alternativa liquidatoria. I dati di Unioncamere dello scorso maggio evidenziano, a livello assoluto, un ricorso ancora limitato allo strumento, con 767 istanze presentate di cui ca il 41% (316) ad oggi già chiuse. L’incremento appare però molto significativo raffrontato agli stessi dati di maggio 2022, quando le istanze censite erano 217. L’istituto è stato adottato con successo in alcune occasioni anche in contesti di maggior complessità, che aumenta in funzione dei volumi d’affari e diversificazione del business, massa debitoria e numerosità degli stakeholder coinvolti.
Allo stato attuale, seppur l’impiego da parte delle società che eccedono la soglia di fatturato dei 50 milioni di euro abbia una incidenza ancora molto contenuta (2% ca), si riscontra un uso efficace dell’istituto anche in crisi che interessano large corporate, laddove la soluzione negoziata preveda:
- salvaguardia della continuità e del patrimonio aziendale mediante il ricorso, anche selettivo, alle misure protettive;
- il mantenimento e la conferma degli affidamenti in essere, operando il divieto di revoca degli stessi ai sensi dell’art. 16 co. 5 CCII;
- nuova finanza in pre-deduzione, per “cassa” (i.e. term loan, linee di smobilizzo e/o factoring), anche con il coinvolgimento di investitori istituzionali e challenger banks, e/o per “firma” (i.e. fidejussioni e performance bond), che si confermano forma tecnica per la quale occorre l’apporto indispensabile delle banche;
- continuità “indiretta” mediante l’individuazione di nuovi investitori nell’ambito di processi competitivi trasparenti per i creditori;
Nella casistica di cui sopra, dove le succitate finalità risultavano fondamentali per la risoluzione della crisi d’impresa, l’istituto della CNC ha dato prova di poter essere impiegato efficacemente per pervenire ad un accordo intercreditorio normato dal CCII.
Uno dei principali punti di forza della CNC consiste proprio nella flessibilità di addivenire, a seguito di un esito favorevole della negoziazione, ad una tra le seguenti procedure in going concern: accordo contrattuale con i creditori, convenzione di moratoria ex art. 62, accordo contenente un piano di risanamento con effetti ex art. 166 co.3 lett d), piano attestato ex art. 56, accordo di ristrutturazione omologato ex art. 57, 60 o 61.
Occorre precisare che le istanze con esito favorevole rappresentano tuttora un numero esiguo, 39 casi, vale a dire ca il 12% delle procedure chiuse, con l’evoluzione in un accordo o contratto ex art. 23 in 22 casi ed accordo di ristrutturazione omologato in 7 casi.
Si riscontra di converso ancora un’elevata numerosità di istanze chiuse con esito sfavorevole, principalmente laddove venga accertata la mancanza di prospettive di risanamento (38,9% ca), si pervenga ad un outcome negativo delle trattative (33,2% ca) o l’imprenditore rinunci alla procedura (12,3% ca). Meno frequenti invece le casistiche di successivo concordato semplificato (2,5%).
Nelle esperienze positive si riconferma come fattore critico di successo il team di professionisti coinvolto. Advisor industrial, finanziari e legali, specializzati nella gestione della crisi d’impresa, capaci di dialogare efficacemente con i creditori e l’esperto nei tempi più compressi previsti dall’ordinamento.
La squadra di professionisti in campo può fare la differenza anche nel coinvolgimento di nuovi attori, che possano apportare nuovi capitali e risorse manageriali. In tal senso appare crescente l‘attenzione in contesti dimensionalmente più ampi per la dotazione da parte dell’impresa di nuovi manager e/o chief restructuring officer (CRO) e, parimenti, per il rafforzamento della corporate governance, con l’introduzione di consiglieri non esecutivi.
In conclusione l’istituto della CNC sta acquisendo maggior significatività, trovando crescente applicazione sia nei contesti di PMI sia di “grandi” imprese, è dunque possibile auspicare, con l’aumento della sua diffusione, un impiego dello stesso in situazioni di early warning e di deterioramento ancora contenuto, laddove la reversibilità della crisi consenta ancora una soluzione in continuità nell’interesse di tutti gli stakeholder.