Arrivati davanti a un giudice, una delle questioni dirimenti da affrontare è quella della legittimità della firma: non c’è credito né possibilità di recupero se la firma non è autentica (salvo casi del tutto particolari), sicché si comprende – senza necessità di troppe spiegazioni – la rilevanza della questione.
La domanda a cui si prova a dare risposta, in sintesi, è la seguente: quella firma può essere attribuita ‘senza incertezza’ al signore dall’aria un po’ dimessa chiamato in giudizio? Qui interviene il grafologo giudiziario nominato dal Giudice, il quale potrebbe essere incaricato anche di raccogliere il saggio grafico. Ex post, attraverso l’Osservatorio di Alma Iura relativo agli esiti delle ctu grafologiche condotto su un totale di 3.241 firme risulta che (vedi tabella*) nelle regioni del centro e del sud Italia la percentuale di firme considerate autografe si aggira sul 60%; è verosimile, in quei casi, che i procedimenti di verificazione rispondano a una pura strategia difensiva, permessa dalla debolezza della firma manoscritta quale autenticazione della propria identità, e di conseguenza dall’impossibilità di creare un’associazione forte tra documento e firma. Il CTU si esprime soltanto sull’esito di falsità di una firma e il numero comunque ragguardevole di quelle apocrife potrebbe avere diverse spiegazioni (ad esempio una firma apposta sul contratto di credito da un familiare del titolare, fatta salva naturalmente l’ipotesi di una truffa).
È da sottolineare – per inciso – anche il costo degli accertamenti grafologici, che gravano significativamente sugli oneri per il recupero dei crediti. Il documento informatico e l’identità espressa attraverso una firma digitale, per converso, potrebbero risolvere l’impasse. L’identità digitale, infatti, offre il suo contributo scientifico. Something I am, parametri biometrici, impronta, iride, something I know, una password, un codice, something I have, un token, una smart card. Tuttavia, ad oggi, rimane ancora da gestire la gran mole dei crediti passati. I portafogli degli NPL ceduti dalle banche si riferiscono spesso a finanziamenti che “risalgono” anche al secolo scorso. E, in quei casi, la firma è ancora l’architrave per identificare un soggetto.
Nonostante i numerosi tentativi di meritarsi una connotazione scientifica, nello specifico attraverso la progressiva introduzione della pratica della dimostrazione, la grafologia peritale viene sovente considerata una pseudoscienza non sempre attendibile. Si legge in una recente sentenza (Trib. di Napoli, Sen. N. 8759/2021 pubblicata il 22/10/2021):
“Orbene, alla luce delle suddette circostanze incontestate e documentate, non possono essere assunte a base della presente decisione le conclusioni a cui è giunto il c.t.u. che, nominato in corso di causa per effetto dell’istanza di verificazione proposta dalla opposta, ha proceduto alla verifica della riconducibilità all’opponente delle sottoscrizioni apposte ai contratti di finanziamenti e ha concluso, con argomentazioni logiche sotto l’aspetto tecnico, per l’apocrifia delle stesse. In senso opposto, del resto, con argomentazioni altrettanto logiche sotto l’aspetto tecnico, ha concluso il consulente di parte opposta”.
La pratica della dimostrazione applicata alla grafologia si realizza nella chiarificazione di tutte le premesse assunte, e nello scegliere quale unico criterio di validazione la semplice e autentica deduzione logica, controllabile e ripercorribile da ognuno. Ma, letta da un non esperto in materia, potrebbe insomma prestarsi a sostenere logicamente entrambi i risultati di autenticità e falsità.
A tale riguardo nulla di nuovo si scrive se si rileggono le parole di Bruno Vettorazzo perito grafologo giudiziario (1987): “sconcerta il giudice, il fatto che dalla molteplicità dei metodi derivino responsi spesso contrari, sostenuti da argomenti proclamati scientifici da entrambe le parti e magari affermati con dialettica ironicamente forbita o dichiaratamente polemica e persino offensiva. È una reazione e diffidenza spesso giustificata per cui il giudice, a tutt’oggi ancora incapace di operare una giusta sceverazione fra i metodi, finisce penalizzando la perizia in generale”.
La perizia grafica è più antica della grafologia nonostante oggi ne rappresenti un’applicazione. Per lungo tempo eseguita dal calligrafo, ora è, infatti, affidata a consulenti grafologi che abbiano svolto il percorso di specializzazione in ambito peritale e raggiunto un’esperienza professionale che ne garantisca la competenza.
L’obiettivo rimane quello di identificare un soggetto e non anche quello di analizzarne la personalità, che pure rappresenta un altro importante filone di ricerca della grafologia. Come dimenticare, ad esempio, gli studi di Cesare Lombroso, per aver intuito la validità della grafologia come scienza e aver chiarito la necessità del reperimento di opportuna documentazione al fine di validare il legame tra scrittura e personalità. Lombroso raccolse in archivi di penitenziari, di tribunali e collezioni private un totale di 520 scritti autografi di altrettanti criminali. Del resto nello stesso periodo in Inghilterra anche uno scrittore del calibro di Robert Louis Stevenson confermò in letteratura le ipotesi di Lombroso. Nel suo romanzo più famoso, “The Strange Case of Dr. Jeckill and Mr. Hyde”, fece dire ad uno dei suoi personaggi, lo studioso di scrittura Mr. Guest, che dal raffronto tra un biglietto manoscritto da Mr. Hyde e uno della mano di Dr. Jeckill emergeva come la scrittura fosse la medesima, e che differiva solo nell’inclinazione.
Occorre infine ricordare, rispetto al nostro tempo, come la calligrafia fosse ancora presente nell’apprendimento della scrittura. In Italia, nel 1923 la riforma Gentile ne ridusse l’insegnamento da quattro ore settimanali a una soltanto e nel 1970 nelle scuole italiane venne definitivamente abbandonata come materia di studio e di insegnamento. A quel tempo i banchi di scuola avevano ancora le scanalature per i pennini ed i fori dove sistemare i contenitori per l’inchiostro. Di lì a poco, con i primi computer, sarebbe arrivata un’altra, decisiva, spallata.
La parola chiave Il saggio grafico Campione di scrittura autografa rilasciato dal presunto sottoscrittore che viene confrontato con la firma apposta al contratto per accertarne l’autenticità. È una procedura prevista nella perizia grafica forense nell’ambito della quale il giudice può appunto disporre l’acquisizione di un campione autografo. Il soggetto redige una serie di firme seguendo le indicazioni del ctu. Ad esempio è opportuno che il perito utilizzi modelli e facsimile del documento contestato ai fini di replicare il più possibile l’evento passato. Così da avere un confronto obiettivo e non contestabile.