I liquidatori delle fallite banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) hanno chiuso i conti con i creditori ammessi. Su oltre 41 mila richieste d’insinuazione per 5,6 miliardi di euro, ne sono stati ammessi al passivo meno della metà, 2,4 miliardi.
Con tutta probabilità, però, nessuno vedrà un euro, sottolinea un articolo del Corriere del Veneto, meno ottimista di un articolo comparso in questi giorni su Il Gazzettino che riguardava unicamente il caso di Veneto Banca (vedi Be Bankers, 24 marzo).
A quasi otto anni dalle liquidazioni di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, avvenute il 25 giugno 2017, i commissari dei due istituti di credito hanno depositato ai tribunali di Vicenza e Treviso e in Banca d’Italia i relativi stati passivi.
Ammessi alla fase successiva del processo di liquidazione sono stati 41 mila creditori:
- 12,5 mila relativi a Veneto Banca
- 28 mila riguardanti Banca Popolare di Vicenza
Di questi, poco più della metà – 15 mila richieste per 2 miliardi di euro – riguardano azionisti in lite per violazioni sulla compravendita delle azioni.
Gli esclusi hanno ora 15 giorni dal ricevimento della comunicazione per opporsi. In ogni caso, i creditori non possono attendersi nulla: i commissari hanno già chiarito più volte nelle relazioni annuali che «non sono ravvisabili concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori» diversi da Intesa Sanpaolo e dallo Stato.
Questo è dovuto al fatto che le somme derivanti dalla liquidazione e dal recupero dei crediti deteriorati andranno innanzitutto a ripagare:
- Intesa Sanpaolo, che ha concesso prestiti garantiti dallo Stato per 3,2 miliardi di euro nel caso di Vicenza e 3,1 miliardi di euro per Montebelluna.
- Lo Stato, per altri 2,4 miliardi di euro e 2,3 miliardi di euro destinati a oneri di ristrutturazione e contributi sul capitale al momento della liquidazione.
Solo dopo aver soddisfatto questi obblighi si potrà procedere al pagamento dei crediti chirografari, ma le possibilità di rimborso per i creditori ordinari restano praticamente nulle.