Crediti difficili: come cambia l’industria del credit servicing

Le capacità di analisi vengono ampliate attraverso l'utilizzo di piattaforme in grado di elaborare ed integrare, in tempi brevi, ingenti masse di dati pubblici e non.

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L’industria italiana del credit servicing sta attraversando un periodo di significativi cambiamenti, in reazione ad una serie di fattori di mercato, strutturali e regolamentari.

Tra questi cambiamenti si rilevano di particolare rilevanza: la riduzione dei volumi di NPE transati sul primario (1), l’innovazione tecnologica, il consolidamento di normative tese a favorire la liquidità del mercato e il controllo degli operatori, le conseguenze dell’applicazione di misure governative di sostegno all’economia.

In un contesto in cui lo stock di NPE italiani, pur avendo cambiato titolarità in modo significativo, rimane comunque stabilmente al di sopra dei €300mld, le iniziative adottate dagli operatori per reagire a queste dinamiche hanno riguardato interventi sia di natura straordinaria, come testimoniano le recenti operazioni di M&A, sia di ricerca di nuove aree di business, attraverso l’ampliamento nella gamma di servizi offerti a supporto delle attività di banche e investitori e nella copertura di gestione di nuove asset class (tra cui ad esempio gli stage 2 e gli stage 1).

Tali iniziative riflettono l’ambizione di consolidare la leadership nel settore concentrando le masse in gestione, e al tempo stesso di sostenere i margini reddituali, questi ultimi in graduale livellamento verso i valori dei paesi europei più maturi.

Si registra inoltre una tendenza da parte dei servicer a rifocalizzarsi su tipologie di operatività più capital light, in parte conseguenza di un marginale riciclo degli investitori sul mercato.

In particolare, con riferimento all’offerta di nuovi servizi e alla copertura di nuove asset class, le tendenze in atto riguardano: il tentativo di colmare quegli spazi che si potrebbero creare man mano che il sistema bancario procede nel percorso di ottimizzazione e snellimento delle proprie strutture organizzative, coinvolte, in particolare, nello svolgimento di servizi ancillari, e nella focalizzazione su attività e prodotti a maggior valore aggiunto e/o a forte connotazione di compliance regolamentare.

Tale inserimento sfrutta la maggior flessibilità dei servicer nell’adozione di nuove soluzioni tecnologiche e negli interventi di ottimizzazione dei processi operativi; la proposta di interventi che correggono, migliorano o integrano la qualità e la consistenza dei dati e delle informazioni riferite ai portafogli di attivi, spesso rese fragili dalle continue modifiche, migrazioni e stratificazioni di piattaforme e sistemi informativi; l’offerta di competenze specifiche che integrano quelle tradizionali e che permettono ai creditori di rafforzare il proprio presidio su segmenti di mercato o porzioni di portafogli che richiedono alta specializzazione e conoscenze tecniche evolute ed aggiornate; l’ampliamento del ricorso a strumenti alternativi al credito bancario (i.e. il private capital) per sostenere, da un punto di vista finanziario, operativo e industriale, fasce di clientela (performing e sub-performing) che per motivi diversi rimangono ai margini dei radar degli interventi di lending tradizionale.


(1) L’NPE ratio del sistema bancario italiano è ormai stabilmente (da oltre 18 mesi) al di sotto del 3%, sostanzialmente in linea con la media europea – fonte: data.ecb.europa. eu/data/datasets.