Credito al consumo: per la CGUE il rimborso è ‘scontato’ se si restituisce in anticipo

Il principio giuridico, affermato dalla Corte di giustizia europea in un'importante sentenza, è stato recepito nella legge italiana dal TUB. L'obiettivo è ridurre lo squilibrio di forza tra consumatore e intermediari finanziari

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Il consumatore può rimborsare in anticipo in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. Se lo fa, ha diritto ad una riduzione degli interessi e dei costi, eccetto le imposte, in proporzione alla ‘vita residua del contratto’. È quanto stabilisce il TUB (art. 125-sexies del Testo Unico Bancario): si tratta di un importante principio giuridico di tutela del consumatore, affermato per la prima volta da una sentenza della CGUE, la Corte di Giustizia dell’Ue e poi recepito nell’ordinamento italiano. Ora un’analisi della Fondazione nazionale di ricerca dei Commercialisti, ripercorre l’iter che ha condotto la giurisprudenza a stabilirlo e quali sono i suoi effetti principali in tema di tutela del mercato e dei diritti dei consumatori.

Il caso

Il principio è stato affermato per la prima volta con la sentenza “Lexitor” (sentenza CGUE causa C-383/18 dell’11 settembre 2019) la quale stabilisce una riduzione del costo totale del credito per il consumatore che rimborsa in anticipo un finanziamento. La Lexitor, da cui prende il nome la pronuncia, è una società polacca che offre servizi giuridici ai consumatori. L’azienda aveva acquistato i crediti vantati da tre consumatori verso tre istituti bancari, a cui aveva poi aveva fatto causa.

La questione – come spiegano i Commercialisti – era stata posta di fronte al Tribunale di Lublino, in Polonia e riguardava l’interpretazione della direttiva europea 2008/48/CE (dell’art. 16, paragrafo 121) nell’ambito di contratti di credito al consumo conclusi da tre consumatori con tre intermediari: la Skok, la mBank S.A. e la Santander Consumer Bank. Questi contratti prevedevano il versamento all’intermediario di una commissione indipendente dalla durata del contratto. Dopo aver proceduto al rimborso anticipato degli importi dei loro crediti, i consumatori avevano ceduto alla Lexitor, i diritti di credito che vantavano nei confronti degli istituti bancari in virtù del rimborso anticipato. Quindi la Lexitor aveva chiesto alle tre banche il rimborso di una parte dell’importo delle commissioni versate dai consumatori, maggiorata degli interessi di mora. Le tre banche Skok, la Santander Consumenr Bank e mBanck S.A. non avevano accolto la richiesta perciò la Lexitor ricorse per la restituzione di parte delle commissioni versate dai consumatori più gli interessi.

Il giudice polacco si rivolse quindi alla Corte di Giustizia Ue per la corretta interpretazione dell’art. 1622 comma 1 della direttiva 2008/48/CE: voleva cioè capire se per riduzione del costo totale del credito dovesse intendersi il taglio di tutti i costi o solo a quelli legati alla durata residua del contratto. Secondo il giudice per riduzione del costo totale del credito doveva intendersi quella estesa a tutti i costi: anche perché in caso contrario gli intermediari sarebbero stati spinti ad aumentare in modo opportunistico i costi non legati alla durata del contratto. La Corte dunque, con la sentenza Lexitor del 2019, ha stabilito che l’art. 16 della direttiva 2008/48/CE deve essere interpretato nel senso che il consumatore in caso di rimborso anticipato del credito ha diritto alla riduzione, quota parte, di tutti i costi posti a suo carico. L’intento della Corte è proteggere il consumatore che si trova in una posizione di svantaggio rispetto all’intermediario.

La pronuncia europea – secondo i Commercialisti – ha “effetti dirompenti con conseguenti opportunità di rimborso” ma è anche un “utile strumento di riflessione su come un sistema di norme stia evolvendo a tutela dei mercati”. L’obiettivo “è garantire un alto livello di protezione dei consumatori per favorire un maggior equilibrio tra gli attori coinvolti e gli interessi contrapposti”.

L’evoluzione delle norme italiane

In Italia – come spiega la Fondazione nella propria analisi – dopo l’entrata in vigore della direttiva 2008/48/CE, si è consolidata la distinzione tra costi iniziali (up front) e costi ricorrenti legati alla durata del contratto nei contratti di finanziamento, con diverse prassi per la restituzione dei costi in caso di estinzione anticipata. Si riteneva che il consumatore avesse diritto alla restituzione di entrambi i tipi di costi solo se la distinzione non rispettava le regole di trasparenza.

Dopo la sentenza Lexitor, anche la Banca d’Italia, con una pronuncia del Coordinamento ABF, si è allineata a tale sentenza. Tuttavia, a causa dell’incertezza e delle controversie legali sorte, il legislatore italiano è intervenuto con l’art. 11-octies, comma 2 del d.l. 73/2021 (decreto “sostegni-bis”). Per mitigare gli effetti della sentenza Lexitor, è stato stabilito che i contratti stipulati dopo il 25 luglio 2021 devono essere conformi alla sentenza Lexitor, senza distinzione tra costi up front e costi ricorrenti e i contratti stipulati prima di tale data continuano a essere regolati dalle norme vigenti al momento della loro sottoscrizione.

A distanza di tre anni, la Corte Costituzionale con la sentenza 263/2022, ha dichiarato incostituzionale art. 11-octies comma 2 del decreto “Sostegni bis” in quanto in contrasto con la sentenza Lexitor che fornisce un’interpretazione autentica del diritto comunitario dotata di efficacia vincolante per il giudice nazionale. L’obiettivo della Consulta era uniformare il diritto nazionale a quello comunitario.

Infine sul punto si è pronunciata anche la Cassazione, che con ordinanza n. 25977/202332, nel ricostruire l’intera vicenda fornisce un’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, agli orientamenti della Consulta e al diritto Ue. Gli Ermellini chiariscono che l’articolo 125 del Testo Unico Bancario (TUB), prima delle modifiche apportate dal d.lgs 141 del 2010, stabiliva che in caso di estinzione anticipata di un finanziamento, il consumatore ha diritto a una riduzione equa del costo totale del credito, secondo le modalità fissate dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio. Se non esiste una norma integrativa che stabilisca tali modalità, o se la norma rinvia al contratto, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che deve pagare per il finanziamento. Infine, la Cassazione afferma che è nulla qualsiasi clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, poiché ciò comporterebbe un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi tra le parti.