Credito bancario: la composizione negoziata non va penalizzata negli affidamenti

Le pronunce della Cassazione indicano alle banche uno stretto sentiero entro il quale svolgere l’attività creditizia per le imprese in difficoltà. I concordati in bianco vanno classificati come UTP e non come NPL, dice la Banca d’Italia

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Le pronunce della Cassazione indicano alle banche uno stretto sentiero entro il quale svolgere l’attività creditizia per le imprese in difficoltà. I concordati in bianco vanno classificati come UTP e non come NPL, dice la Banca d’Italia

L’impresa che accede alla composizione negoziata della crisi deve poter continuare ad utilizzare le linee di fido e non rischiare che la sua iniziativa finisca per aggravare la crisi anziché risolverla. A ribadirlo, spiega il Sole 24 Ore, è la Corte di Cassazione che, nel massimario del 30 gennaio scorso, ha commentato la riscrittura del quinto comma dell’articolo 16 del Codice della crisi e dell’insolvenza, effettuata dal Dlgs 136/2024 entrato in vigore il 29 settembre 2024.
Le banche, sottolineano gli ermellini, non solo non possono inibire la normale funzionalità delle linee di affidamento del debitore (revoca o semplice sospensione dell’operatività) solo a causa dell’accesso alla composizione negoziata, ma debbono anche valutare il merito creditizio sulla base del piano e rispettare più precisi e stringenti obblighi di comunicazione e trasparenza.

Sul fronte opposto, comunque, restano ferme le regole di vigilanza prudenziale, che prevalgono rispetto a qualsiasi diversa prescrizione normativa. Dando credito a chi non lo merita, le banche rischiano di essere chiamate in causa per aver accelerato la crisi aziendale e di doverne pagare le conseguenze. Con l’ordinanza n. 28320 del 4 novembre 2024, commentata in un articolo comparso su Euro Conference Legal, la stessa Cassazione ha chiarito i presupposti dell’azione risarcitoria contro gli istituti di credito per concessione abusiva di credito a soggetti in stato di crisi o insolvenza.
L’azione degli istituti di credito deve pertanto contemperare queste opposte esigenze. Peraltro, sottolinea ancora l’articolo del Sole 24 Ore, in base al Dlgs 136, le banche non possono modificare la classificazione del credito solo in ragione dell’accesso del debitore alla composizione negoziata. Devono valutare, all’apertura e nel corso delle trattative, se le azioni di risanamento pianificate siano adeguate e sufficienti e se il comportamento del debitore nell’utilizzo delle linee di affidamento sia stato diligente e corretto. Se così non fosse, le regole di vigilanza prudenziale imporrebbero alla banca di considerare il declassamento del credito, e le conseguenze a quel punto non potrebbero che essere la riduzione drastica delle linee, fino alla loro revoca.

Nella stessa direzione va anche, riferisce un altro articolo apparso su Il Sole 24 Ore, l’aggiornamento della circolare della Centrale dei rischi della Banca d’Italia che contiene le istruzioni per gli intermediari creditivi. Ebbene, nell’ambito delle procedure concorsuali, anche in fase prenotativa, le banche devono utilizzare criteri di classificazione del debito che non pregiudichino il risanamento dell’impresa.

In particolare, nell’ipotesi di domanda di concordato preventivo in bianco (concordato con riserva), la posizione del debitore dovrà essere classificata tra le cosiddette inadempienze probabili, a meno che l’esposizione non fosse già presente prima dell’ingresso nella procedura e già classificata a sofferenza oppure ricorrano elementi oggettivi nuovi, tali da giustificarne l’inquadramento nella seconda (crediti a sofferenza) e più penalizzante categoria. La ratio, spiega il giornale, è quella di “non ostacolare il percorso avviato, congelando la qualificazione del debito durante la procedura e ripristinando solo al suo esito gli ordinari parametri di classificazione”.