Se la composizione negoziata della crisi rappresenta un’opzione sempre più utilizzata dalle imprese in difficoltà, continua a destare preoccupazione il numero delle liquidazioni giudiziali, quando la crisi aziendale arriva al suo ultimo e conclamato stato. Lo sottolinea un articolo di Italia Oggi nel riferire gli ultimi dati dell’Osservatorio Unioncamere-InfoCamere, pubblicato a febbraio.
Nel 2024, la composizione negoziata ha registrato un vero boom: sono 1.089 le istanze presentate, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Un segnale, spiega il giornale, di come le imprese di medio-grandi dimensioni, soprattutto società di capitali (81,5% dei casi), stiano puntando sulla prevenzione e sulla continuità aziendale, evitando di arrivare all’insolvenza conclamata. Ma i numeri relativi alle liquidazioni giudiziali raccontano un’altra storia: con 9.203 aperture nel 2024, l’incremento rispetto al 2023 è significativo.
La maggior parte delle imprese coinvolte riguarda micro e piccole realtà, spesso prive di adeguati strumenti di governance, che arrivano alla procedura concorsuale più severa senza aver attivato alcun meccanismo di allerta. Ancora più preoccupante è il dato sugli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili.
Solo il 3,5% delle imprese italiane ha dichiarato di averli implementati, nonostante l’obbligo sancito dall’articolo 2086 del codice civile e dall’articolo 3 del Codice della crisi. Su oltre 662.000 imprese che hanno depositato il bilancio 2023, appena 22.806 hanno segnalato di aver istituito assetti idonei a monitorare tempestivamente lo stato di salute dell’impresa. E dunque, se da un lato crescono gli strumenti di risanamento negoziale, dall’altro il tessuto imprenditoriale soffre ancora di un deficit culturale e organizzativo che impedisce di cogliere in tempo i segnali della crisi.