Dalle scalate bancarie al caso MPS: l’ex magistrato Francesco Greco racconta le indagini che hanno scosso la finanza

L'ex procuratore capo della Repubblica di Milano ripercorre alcune grandi indagini su reati finanziari, banche e borsa

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E’ anche una storia di fallimenti e scandali bancari, quella contenuta nei faldoni d’inchiesta raccolti nella procura di Milano. A ripercorrere il loro contenuto, in una lunga intervista a Milano Finanza, è Francesco Greco, 73 anni, ex magistrato di Mani Pulite, a lungo pm esperto di reati societari, poi procuratore capo della Repubblica del capoluogo lombardo. Greco racconta trent’anni di indagini che hanno scosso anche il mondo della finanza.

L’ex magistrato racconta che il suo primo intervento nel mondo della finanza avvenne quando le società specializzate in junk bond fallirono. Negli anni Ottanta, infatti, i rendimenti dei titoli di Stato erano bassi, e ciò spingeva gli investitori verso titoli più rischiosi e atipici. Circa 150.000 risparmiatori subirono perdite significative a causa di queste attività non regolamentate.

In quel periodo, in Procura, fu creata per la prima volta in Italia una struttura organizzata per dipartimenti. Lui era responsabile della sezione dedicata ai reati fallimentari e societari. Poi arrivò Mani Pulite e si scoprì che c’era una sorta di joint venture tra sistema politico e sistema economico: il reato più contestato fu l’illecito finanziamento. Si cominciò a contestare il falso in bilancio soprattutto in relazione ai fondi neri delle grandi società.

Dal crak Parmalat alle scalate bancarie

Ma fu solo nel 2003, ricorda Greco, che le banche entrarono con forza nei faldoni giudiziari con il crak Parmalat. “In questi dieci anni passiamo da un’attenzione ai bilanci della società, e quindi ai dati economici, al rapporto tra società, mercato e banche. Nacque da lì la normativa sulla market abuse”. In quegli anni comincia a farsi strada anche la novità della legge sulla responsabilità delle imprese, la legge 231, che ha cambiato il sistema di corporate governance delle imprese, dotandole di controlli interni e responsabilità penale degli enti. Un altro strumento recente, aggiunge il magistrato, sono i bilanci di sostenibilità, perché si sposta il focus della società dal profitto alla funzione sociale dell’impresa.

Dopo la Parmalat fu la volta delle scalate bancarie e poi delle indagini sulle banche, con il famoso ritrovamento del “manuale del perfetto evasore”. “Scoprimmo che l’Italia era stata invasa da relationship manager delle banche che gestivano i conti di questi clienti all’estero. Le banche hanno patteggiato tutte per riciclaggio. Però ci tengo a precisare una cosa: la procura si è impegnata sul fronte della finanza offshore ma non dobbiamo pensare che ci siano paesi cattivi che campano come sanguisughe sulle spalle degli altri. Una parte dell’economia finanziaria è costruita proprio sui sistemi offshore, che ne sono una componente strutturale”.

Il caso MPS

Tante sono le inchieste finite con assoluzioni, come il caso Monte dei Paschi di Siena. Un caso complesso – riferisce Greco alla testata finanziaria – perché lo IASB (l’International Accounting Standards Board), sollecitato da Bankitalia e Consob, non ha fornito un’interpretazione chiara sulle operazioni controverse: erano derivati o potevano essere rappresentati diversamente? Un’altra questione è la confusione tra diversi momenti nella gestione di Mps. Paragonare una gestione che copriva perdite a una che cercava di risanarle è scorretto, così come ritenere che solo Mps abbia avuto problemi con i crediti deteriorati, sottolinea l’ex magistrato. Questa sottolineatura è particolarmente rilevante alla luce della sentenza della Corte d’appello di Milano che nel dicembre scorso ha assolto, ribaltando la decisione del Tribunale, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, ex vertici di Mps, e Paolo Salvadori, allora presidente del collegio sindacale, finiti imputati, assieme alla banca senese, per una presunta, e ora ritenuta insussistente, erronea contabilizzazione dei derivati Santorini e Alexandria. In Italia – aggiunge – tutte le banche hanno avuto centinaia di miliardi di NPL, non tutti causati da finanziamenti politici. La crisi finanziaria globale ha colpito anche l’Italia, portando a difficoltà per le banche a causa del fallimento di molte società.

Nel caso di Mps, ci sono state ambiguità che hanno generato solo fumo e confusione, impedendo di identificare chiaramente le responsabilità. L’intervento delle autorità ha spesso portato a malintesi, e anche io sono stato coinvolto e denunciato, vittima di questa confusione. La questione degli NPL ha interessato tutto il sistema bancario, non solo Mps, come conseguenza della crisi economica e non di un complotto politico.

Serve un Codice penale bancario

Inoltre, conclude “in Italia manca un Codice penale bancario. […] Alcune banche portavano con grande ritardo un credito in centrale rischi, o non lo facevano affatto, o costruivano strutture anche di equity per evitare di segnalare i finanziamenti. Tutto questo ha bisogno di un codice penale bancario, perché la funzione garantita in Costituzione di custodia del risparmio non ha mai avuto una norma tipica che identificasse i comportamenti dei banchieri. Le norme dei reati comuni non servono. Ci sono settori che necessitano di nuovi strumenti penali”.

Tuttavia “Se funzionassero meglio le authority di controllo non ci sarebbe bisogno di aumentare l’intervento penale. Bisognerebbe trovare un equilibrio tra le authority che controllano effettivamente e l’intervento residuale della magistratura. La cultura delle autorità dovrebbe essere più interventista e seria, mentre hanno sviluppato una cultura diversa: ad esempio Bankitalia ha una paura folle dei danni sistemici e quindi cerca di salvare il salvabile; la Consob dialoga con i soggetti del mercato creando situazioni di compromesso. Solo dall’Antitrust alcune volte ci sono stati spunti in questa direzione”.