Le nuove misure tariffarie annunciate dagli Stati Uniti stanno riscrivendo le regole del commercio internazionale, con effetti a catena sull’economia reale e, soprattutto, sulla solidità delle imprese. Secondo uno studio di Allianz Trade, l’inasprimento dei dazi varati dal Presidente Trump rischia di generare un’ondata di insolvenze a livello globale, con un incremento atteso del +7% nel 2025. Una dinamica che si prolungherà anche nel 2026, con un ulteriore +5%, in netto peggioramento rispetto alle stime precedenti.
Il 2 aprile 2025, gli Stati Uniti hanno introdotto dazi «reciproci» che colpiscono duramente le importazioni dalla Cina, con un’aliquota del 130%, e, in misura minore, quelle dall’Unione Europea, pari al 9%. Il tasso medio dei dazi USA ha così raggiunto il 25,5%, un livello che non si vedeva dai primi anni del Novecento.
La crescita del PIL globale rallenterà al +2,3% nel 2025, mentre in Europa è previsto un +0,8%, e negli Stati Uniti una recessione tecnica tra il primo e il terzo trimestre. Negli USA le insolvenze aziendali aumenteranno del +16% nel 2025, in Cina del +7,5%, e in Europa occidentale del +5%.
Al centro della crisi ci sono alcuni comparti chiave dell’economia globale. L’automotive è colpita da rincari su veicoli e componenti importati, con un impatto diretto sui margini e sulla domanda. Il tessile sconta l’aumento dei costi delle materie prime, con effetti pesanti sulla competitività. Il commercio non alimentare, in particolare le piccole imprese retail, fatica a sostenere il peso dei rincari. L’agricoltura soffre sia per le contromisure tariffarie dei partner commerciali, sia per l’aumento del costo del lavoro legato alle restrizioni migratorie. Anche il settore delle energie rinnovabili, a causa dell’aumento dei costi delle attrezzature importate, sta rallentando gli investimenti in nuovi progetti. In Europa, uno dei settori più colpiti è quello chimico, penalizzato dal calo della domanda statunitense e dalla concorrenza crescente di produttori extraeuropei.
Di fronte all’incertezza, molte aziende stanno cercando soluzioni di emergenza. Le più diffuse sono l’anticipo delle importazioni prima dell’introduzione dei dazi (frontloading), la diversificazione delle catene di fornitura verso Paesi come il Messico o il Sud-est asiatico, la rinegoziazione dei prezzi con i fornitori e, dove possibile, la riduzione dei prezzi di vendita per restare competitivi. Tuttavia, queste strategie potrebbero non bastare a scongiurare il rischio di default in un contesto globale sempre più instabile.