Nei giorni scorsi l’ultimo report pubblicato dall’agenzia di rating DBRS Morningstar ha puntato i riflettori sulle performance delle cartolarizzazioni di NPL italiane per il primo trimestre del 2024, in particolare su quelle di crediti deteriorati garantite dallo Stato italiano, le cosiddette GACS. Ne emerge un quadro critico perché le stime sugli incassi dalle cessioni di NPL degli anni pre-pandemia sono state ridotte in media del 18%. Inoltre sui crediti deteriorati originati da Mps non arrivano aggiornamenti dal 2020. Anche la Banca d’Italia ha definito a rischio di escussione undici operazioni lanciate prima del Covid.
Sulle operazioni assistite da GACS più vecchie, soprattutto quelle lanciate prima della pandemia, i servicer hanno ridotto di molto l’importo dei recuperi lordi attesi, con una riduzione del 18,1% contro il 16,1% e il 12,2% degli ultimi due aggiornamenti. La variazione negativa degli incassi in termini di net present value viene spiegata con i «ritardi, in parte dovuti alla chiusura dei tribunali durante la pandemia, combinati con assunzioni più aggressive su tempistiche e spese di recupero», si legge nel report.
In linea con i target del piano iniziale – segnala MF – c’è Unicredit con il progetto Fino 1 da 5,4 miliardi. Quali sono invece le operazioni in ritardo? DBRS ne conta molte, tra cui:
- Gacs Popolare Bari NPLs 2017 (operazione da 480 milioni, -30%);
- Popolare Bari NPLs 2016 (321 milioni, -27,2%);
- Aragorn 2018 (deal da 1,7 miliardi del Credito Valtellinese con una variazione negativa);
- Maggese (quasi 700 milioni della Cassa di Risparmio di Asti, -26,6%);
- Maior (operazione da 2,7 miliardi di Ubi, -23%);
- Brisca (961 milioni di Carige, – 22,6%);
- 2Worlds (oltre un miliardo del Banco di Desio, -21,3%);
- Ibla (349 milioni della Popolare di Ragusa, -15,6%).