I proverbi cinesi e le proposte parlamentari sui crediti deteriorati

“Se devi fare una legge - recita un proverbio cinese - pensa prima a persuadere, poi ad assicurare una deterrenza, e alla fine, a punire”. Le proposte legislative per riportare in bonis i titolari di debiti già ceduti, che in estate hanno acceso il dibattito, non centrano alcuno di questi target

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La vicenda ha avuto origine all’inizio di agosto quando la materia è stata sul punto di essere incardinata nel decreto omnibus del Governo. Alla fine si è deciso un rinvio ma nel frattempo il vaso di Pandora era stato aperto e l’attenzione degli osservatori si è subito concentrata sulla proposta di legge n. 843 di Fratelli d’Italia, di cui il ministro delle Imprese Adolfo Urso è stato considerato l’ispiratore. In quell’atto parlamentare si propone di consentire ai titolari di cessioni anche con cartolarizzazione, di sanare le posizioni riacquistando il loro debito al prezzo al quale la banca originaria li ha ceduti, con una maggiorazione del 20% (o del 40% qualora siano già state avviate le procedure giudiziali).

Nell’industria dei crediti distressed (ma non solo) c’è subito stata una levata di scudi. Le obiezioni hanno riguardato questioni di principio (parità dei cittadini di fronte alla legge, retroattività del provvedimento) e di merito visto che misure del genere potrebbero compromettere i business plan delle società che hanno rilevato quei crediti – la principali delle quali è pubblica, l’Amco – e ripercuotersi negativamente anche sull’escussione delle garanzie che lo stato ha accordato sulle tranche senior dei crediti cartolarizzati (GACS). Ma ancora più rilevante sarebbe l’incentivo perverso che la legge introdurrebbe.

Il debitore sarebbe indotto a non pagare i ratei dovuti con la prospettiva che, una volta cartolarizzato, quel debito potrebbe essere riacquistato a sconto. È pur vero che il provvedimento varrebbe soltanto per i crediti ceduti entro il 2022 ma in Italia siamo abituati ai condoni: formalmente una tantum ma poi vengono reiterati ogni due anni. Non solo. La maggiore incertezza causata dalla legge eserciterebbe una pressione al ribasso sui prezzi di cessione dei portafogli rendendo quell’incentivo perverso ancora più attraente.

Insomma, al di là delle intenzioni senz’altro condivisibili dei legislatori – quelle di intervenire a favore di PMI e cittadini in difficoltà nel rimborsare i crediti – la proposta legislativa rivela una certa dose d’improvvisazione. E, poiché questa per sua natura è bipartisan, vale la pena di segnalare che effetti ancora più pervasivi avrebbe, se accolta, la proposta di legge Pd (n. 1246) sulla stessa materia. In alcuni passaggi quella proposta sembra estendersi anche ai crediti non ancora ceduti dalle banche originator. A che prezzo? Al valore netto – dicono i proponenti – scritto in bilancio dalla banca. E poiché quest’ultima deve progressivamente svalutare le sue esposizioni in virtù delle norme prudenziali della BCE (calendar provisioning) ecco che di fronte ai debitori si aprirebbero sterminate praterie. Da far impallidire anche il cinese del proverbio.

“Se devi fare una legge – recita un proverbio cinese – pensa prima a persuadere, poi ad assicurare una deterrenza e, solo alla fine, a punire”

A ben vedere le proposte legislative per riportare in bonis i titolari di debiti già ceduti (anche) nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, che nel mese di agosto hanno acceso il dibattito e le preoccupazioni degli operatori, non centrano alcuno dei target indicati dal saggio. Puniscono i soggetti sbagliati (i creditori) e quindi non persuadono. Ma soprattutto non creano una deterrenza, cioè non introducono incentivi giusti ma, al contrario, perversi.