Il contratto di mutuo è un titolo esecutivo anche se la somma è trattenuta in pegno

Una sentenza delle Sezioni Riunite della Cassazione interviene a chiarire un aspetto sul quale erano nate controversie

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Corte-di- Cassazione

Il contratto di mutuo costituisce titolo esecutivo a favore del mutuante se il mutuatario ha assunto l’obbligazione di restituire la somma mutuata che è stata effettivamente posta nella sua disponibilità giuridica, anche se mediante una mera operazione contabile. Sembrerebbe un aspetto scontato, ma è stata necessaria una sentenza della Cassazione a sezioni riunite (decisione n. 5968/2025) a ribadirlo. In questo modo, ha commentato Angelo Busani sulle colonne de Il Sole 24 Ore, le Sezioni Unite “sbarrano definitivamente la strada all’artificioso tentativo di evitare l’esecuzione da parte di quei debitori che, accampando l’insussistenza del titolo esecutivo (e cioè la mancanza di un apposito atto di erogazione e quietanza) nel caso di somma non erogata contestualmente alla stipula del mutuo, hanno trovato adesione a questa tesi non solo in numerose pronunce di merito ma anche nella giurisprudenza di legittimità (e cioè nella decisione 12007/2004)”.

Tutto nasce dal lag temporale che intercorre tra il momento di sottoscrizione del contratto di mutuo e quello in cui la somma di denaro viene concretamente messa a disposizione di chi contrae il mutuo. È il tempo necessario a consolidare l’ipoteca sull’immobile concessa a garanzia del mutuo e nel corso del quale la somma viene trattenuta dalla banca a titolo di deposito o di pegno irregolare.
La sentenza della Cassazione afferma che il mutuo è titolo esecutivo, senza che occorra un nuovo atto pubblico il quale attesti l’erogazione della somma trattenuta dalla banca, “anche quando vi sia contestualmente pattuizione di costituzione della somma mutuata in deposito o pegno irregolari e assunzione dell’obbligazione della mandante di svincolarla direttamente al verificarsi di quanto convenuto”.

Al raggiungimento di questa conclusione, spiega il giornale, concorre la fondamentale premessa secondo cui la messa a disposizione della somma mutuata può essere solo figurativa (cioè meramente contabile), anche in considerazione del fatto che, allo stato attuale dell’evoluzione degli strumenti di pagamento, non si può più immaginare il mutuo come era concepito all’epoca in cui il Codice civile venne emanato e non si può quindi prescindere dalla considerazione che il materiale trasferimento del denaro fisico è stato sostituito da corrispondenti operazioni contabili.

In altre parole, la “consegna” della somma menzionata nella definizione che il mutuo riceve nell’articolo 1813 del Codice civile non è più da intendere come materiale corresponsione del denaro, ma è da intendere oggi come “consegna giuridica”, vale a dire che si deve intendere intervenuta con la formazione di un “titolo autonomo di disponibilità a favore del mutuatario”, e cioè una situazione nella quale il mutuatario è in grado di disporre liberamente della somma erogata una volta che si siano verificati gli eventi pattuiti come presupposto per il suo svincolo.
Questo patto accessorio al mutuo (in base al quale la somma viene trattenuta dalla banca fino al consolidamento dell’ipoteca) regola le modalità di concreta libera disponibilità della somma medesima e non può essere ritenuto in grado di incidere immediatamente e direttamente sull’obbligazione restitutoria che, in capo al mutuatario, si origina per effetto della stipula del mutuo e, quindi, né sulla configurabilità di un credito certo, liquido ed esigibile né, di conseguenza, sulla formazione di un valido titolo esecutivo.