Il Ministero dell’Economia e delle Finanze rischia di dover pagare una grossa cambiale. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, sulle finanze pubbliche potrebbe gravare un debito imprevisto di circa 300 miliardi di euro non contabilizzati nel bilancio dello Stato, derivati dagli anni del Covid. Un incubo che il MEF spera di non dover affrontare.
La vicenda
Si tratta di un’eredità del governo Conte: nel 2020, durante la pandemia, l’Italia si era fermata e il sistema economico rischiava di collassare. Perciò fu varato il decreto Liquidità. Il decreto prevedeva una garanzia pubblica su trecento miliardi di prestiti alle imprese, con l’obiettivo di proteggere aziende e lavoratori ed evitare che andassero a picco. Le banche fornirono i fondi per escludere il tracollo, con lo Stato che offriva copertura tramite Mediocredito Centrale e Sace, enti sotto il controllo del Ministero dell’Economia. I prestiti erano agevolati e una parte era a fondo perduto.
Durante l’emergenza, molti debiti furono ristrutturati con tassi d’interesse vantaggiosi, trasferendo il rischio allo Stato e aumentando i costi del decreto. Quattro anni dopo, però le banche iniziano a chiedersi quando riavranno i fondi prestati. Gli istituti di credito più piccoli, in particolare – secondo quanto riferisce il Corriere – mostrano segni di difficoltà nei loro bilanci. Ciò crea preoccupazioni sulla capacità statale di soddisfare le richieste.
Alcuni esponenti del governo si interrogano sull’impatto del decreto Liquidità sulle finanze pubbliche e sulla sufficienza delle riserve di Mediocredito Centrale e Sace. Con molti debiti in scadenza, se gli imprenditori non riusciranno a pagarli, il credito sarà trasferito allo Stato. Se Mediocredito Centrale e Sace non dovessero riuscire a coprire, il Ministero dell’Economia dovrà pagare, mettendo a bilancio il debito. Uno scenario inquietante che preoccupa il MEF.