“Ci si ammala di economics, ma si muore di cassa”.
Chiunque abbia approcciato la letteratura in materia di turnaround aziendale si è imbattuto almeno una volta in una classica inversione negli economics dell’impresa. Quando le vendite si riducono e i margini si assottigliano si riscontra il principale sintomo di ogni crisi d’impresa: si lavora per la cassa essendo venuto meno l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario che fa sì che sia invece la cassa a lavorare per l’impresa.
Nei momenti di stress finanziario ci si focalizza su un approccio difensivo volto a contenere le spese correnti e ad aumentare le entrate spesso rendendo la gestione corrente meno prudente e lungimirante, si trascura ulteriormente la marginalità che è invece la chiave da perseguire nel risanamento per inseguire, al contrario, le possibilità di generare flussi di cassa rapidamente, anche a costo di aggravare lo squilibrio economico.
Se sotto il profilo di conto economico la marginalità è indubbiamente l’obiettivo a cui tendere, sotto il profilo finanziario il canale di trasmissione da azionare nel breve termine, per aumentare le possibilità di sopravvivenza, è rappresentato dal capitale circolante. Per agire sul working capital non è però sufficiente un approccio endogeno, con il quale è possibile negoziare pagamenti più ravvicinati da parte dei clienti, concedendo sconti, prospettare piani di rientro ai fornitori o ottimizzare la gestione delle scorte.
Occorre infatti ripensare, anche completamente, la propria gestione finanziaria, diversificando la provvista più tradizionale di elasticità di cassa bancaria e di linee autoliquidanti. Accanto a leve meno frequentemente utilizzate, quali ad esempio la valorizzazione del magazzino come collaterale in operazioni di pegno non possessorio e che non sempre, vuoi per complessità valutativa e liquidità effettiva del sottostante, possano risultare di immediata accessibilità può essere valutato il ricorso al factoring, agendo dunque sul fronte dei clienti e dei fornitori.
L’efficacia di questa forma tecnica è soprattutto riconducibile alla sua funzione di reale intermediazione del rischio: per il lender il rischio si sposta dall’impresa, nella sua veste di cedente, a quella della clientela della stessa, con il duplice effetto di valorizzare un merito creditizio differente, auspicabilmente maggiore, e allo stesso tempo diversificato. L’esposizione complessiva viene infatti redistribuita su più soggetti, e proprio per questo principio, diventa potenzialmente oggetto di copertura assicurativa.
Il ricorso al factoring permette di beneficiare inoltre di ulteriori esternalità positive: il factor è nella sostanza un BPO (business process outsourcer) rappresentando un soggetto specializzato nel credit management a cui può essere delegata buona parte della gestione del ciclo attivo, e anche passivo quando si affianca all’anticipazione tradizionale pro solvendo o pro soluto una operatività c.d. reverse (lo sconto delle fatture emesse dai fornitori dell’impresa mandante al fine di permettere lo smobilizzo a monte della supply chain).
All’immediato vantaggio gestionale di sgravio amministrativo si affianca quello informativo: il factor può infatti considerarsi anche un infomediario, cioè un soggetto dotato di un patrimonio conoscitivo della clientela dell’azienda in UTP e che può essere già stata positivamente o negativamente sperimentata per conto di altri cedenti. Ciò permette anche di evitare relazioni con soggetti scarsamente affidabili, e quindi non anticipabili, spesso inevitabilmente ricercate per selezione avversa nel tentativo di aumentare le vendite con l’errata aspettativa di tradurle in cash flow.
È indubbio che il piano industriale di un’azienda in crisi preveda spesso il realizzo di diverse milestones coincidenti con operazioni straordinarie, tuttavia il percorso per raggiungerle passa sempre dalla gestione dei flussi di cassa a breve termine. Su questo fronte, a parità di economics e quindi anche prima di intervenire sulla marginalità, si può già subito agire facendo leva sui crediti commerciali che rappresentano un asset fondamentale e generativo di cassa nell’immediato, attraverso una corretta politica di smobilizzo e cessione degli stessi.
L’operatività sul fronte dei debiti commerciali, reverse, rappresenta poi un volano anche reputazionale per l’impresa UTP, solitamente già esclusa dai canali di sconto tradizionale, permettendo di ricostruire la fiducia della supply chain che trasforma in questo modo un credito commerciale potenzialmente incagliato in un’esposizione verso un intermediario finanziario e può pertanto proseguire nelle forniture all’azienda in situazione di stress.
In conclusione una gestione alternativa dei crediti e i debiti commerciali in partnership con un operatore specializzato può ripristinare la naturale funzione della cassa, cioè quella di lavorare per l’impresa ed uscire dal loop per cui ogni sforzo profuso dall’impresa è purtroppo rivolto esclusivamente a generare la cassa minima per la sopravvivenza della stessa.