La riforma della giustizia varata nel 2012 ha fatto lievitare gli NPL delle banche

I risultati di uno studio di due ricercatrici italiane pubblicato nell'Oxford Bulletin of Economics & Statistics

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La riforma della giustizia varata nel 2012 dal governo Monti può forse aver contribuito a ridurre i costi della giustizia in Italia, ma ha avuto un effetto dannoso nell’accumulo di NPL nei bilanci delle banche. Fatti i conti, la concentrazione delle strutture giudiziarie in sedi più grandi ha comportato l’aumento della durata dei processi in media di 39 giorni (su una durata media dei procedimenti di 441 giorni). Tutto questo ha comportato un effetto dannoso nella gestione dei crediti non performanti degli istituti di credito. È la tesi esposta in un articolo pubblicato sull’Oxford Bulletin of Economics & Statistics, di cui sono autrici Giulia Canzia (ricercatrice del CSIL di Milano) e Antonella Rita Ferrara (ricercatrice dell’Università della Calabria). Una sintesi dello studio è stata pubblicata da La Voce.

Nel 2012, il governo ha introdotto una riforma giudiziaria che ha ridotto il numero di tribunali da 165 a 140. L’obiettivo era migliorare l’efficienza della giustizia attraverso la chiusura di tribunali con un carico di lavoro troppo ridotto per garantire la specializzazione e la rapidità nei processi. In realtà, esaminando i dati sui procedimenti giudiziari nel periodo 2010-2017 e il simultaneo andamento delle esposizioni deteriorate nei bilanci creditizi, gli effetti sono stati negativi.

I risultati dello studio hanno messo in evidenza come la riforma giudiziaria del 2012 “abbia creato diseconomie di scala, danneggiando particolarmente quei tribunali che erano già più efficienti”.

L‘impatto sul sistema bancario è stato altrettanto preoccupante. “Le banche situate nelle giurisdizioni dei tribunali coinvolti hanno registrato un aumento significativo dei crediti deteriorati (NPL) rispetto agli istituti localizzati in aree non interessate dalla riforma. Lo studio stima che il rapporto tra NPL e prestiti sia cresciuto di 3,5 punti percentuali, con un incremento medio del 20 per cento. L’effetto è stato particolarmente marcato nelle aree servite da tribunali che, prima della riforma, erano relativamente più efficienti”. Si spiega anche così perché, mentre il NPL ratio medio europeo sia gradualmente diminuito dalla crisi del 2008, in Italia sia rimasto al 10% nel secondo trimestre del 2018, ben al di sopra di Francia (2,9%), Germania (1,7%) e Spagna (4,1%). È la tesi, appunto, dello studio che tuttavia non ha preso in considerazione gli effetti della crisi del debito sovrano che si è abbattuta nell’Europa meridionale proprio negli anni indagati dalle due ricercatrici.