Magazzino crediti dello Stato: rottamazioni bocciate dalla Corte dei Conti e dall’Ufficio del Bilancio

Benedetti (commissione ministeriale di indagine) delinea i possibili cardini della partnership per trasferire una parte dei crediti dello Stato ai servizi privati

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Gli organi di controllo della finanza pubblica, la Corte dei Conti e l’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB), bocciano senza appello le rottamazioni dei crediti fiscali. Mentre il governo si accinge a varare un nuovo provvedimento di clemenza verso i contribuenti inadempienti (“Rottamazione quinquies”), ancora più favorevole rispetto a quelli decisi dal 2016 ad oggi, la magistratura contabile e l’UPB dicono che quella non è la strada giusta per ridurre l’enorme magazzino dei crediti dello Stato (1273 miliardi al gennaio 2025).

Intervenendo in audizione all’indagine conoscitiva avviata dalla commissione Finanze del Senato sui temi del magazzino, Carlo Ciappinelli, presidente delle sezioni riunite della Corte dei Conti in sede di controllo, ha ricordato le “ricadute negative dei precedenti provvedimenti di definizione agevolata: rischio di abbassamento dei livelli di compliance, gravi difficoltà operative per l’agente della Riscossione, l’Agenzia delle Entrate (AdeR), che verrebbe distolto dai suoi compiti ordinari tralasciando le procedure esecutive”.

La rottamazione non funziona

Nei precedenti provvedimenti di rottamazione hanno aderito 3 milioni di contribuenti sui 21,8 milioni di morosi. Nelle prime tre rottamazioni (la quarta è ancora in corso), la percentuale di crediti riscossi sugli importi previsti è progressivamente scesa dal 47 al 33 percento, facendo sorgere il sospetto che gli aderenti si limitino a porre in essere tattiche sostanzialmente dilatorie “beneficiando comunque della temporanea sospensione delle procedure” di recupero coatto. Nel tempo lo Stato ha accordato benefici sempre maggiori a chi aderiva ai programmi agevolati. La rottamazione quater ha infatti previsto il pagamento della sola quota capitale e delle spese per eventuali procedure esecutive e di notifica, senza corresponsione degli interessi di mora e delle sanzioni inclusi nella cartella (esclusi anche nelle precedenti rottamazioni), degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e delle somme maturate a titolo di aggio (inclusi invece nelle precedenti rottamazioni).

Con il provvedimento quinquies fortemente sponsorizzato dal presidente della commissione finanze Massimo Garavaglia (Lega) – è lo stesso che ha promosso l’indagine sul “magazzino” – sono in arrivo ulteriori facilitazioni: una lunghissima dilazione che può arrivare fino a 10 anni, il mantenimento nel programma anche di chi non ha pagato fino a 8 rate delle somme concordate. Valutazioni sostanzialmente simili sono giunte, in audizione, anche dall’UPB che ha aggiunto una stoccata finale. Scopo della nuova rottamazione sarebbe quello di favorire famiglie e imprese in difficoltà, “non è tuttavia previsto alcun meccanismo per limitare effettivamente la misura a tali soggetti”. A queste voci si è aggiunta, per l’accademia, quella del professore Alessandro Santoro (Università di Milano Bicocca) che ha presentato i risultati di una simulazione per il periodo 2023-2034. Gli effetti delle rottamazioni sarebbero largamente sfavorevoli allo Stato con introiti di molto inferiori a quelli che potrebbe realizzare in via ordinaria. Il saldo, alla fine, sarebbe negativo per 1,363 miliardi.

La replica di Garavaglia alla fine dell’audizione di Ciappinelli: “Sommessamente segnaliamo che il meccanismo delle grida manzoniane fatto di supersanzioni, interessi ci ha portato bellamente vicino ai 1300 miliardi. Non facendo niente noi andiamo avanti con 70-80 miliardi l’anno di non incassato”.

Agenzia delle Entrate: un cane che abbaia ma non morde

Già, ma che si potrebbe fare in alternativa alle rottamazioni? Anche in questo caso Corte dei Conti e UPB marciano all’unisono. Attualmente la macchina dell’Agenzia delle Entrate (AdeR) è un cane che abbaia ma non morde. Invia un gran numero di intimazioni (6,6 milioni nel 2023) e solleciti (2,2 milioni nel 2023), ma risultano – ha detto Ciappinelli – “estremamente esigui” i pignoramenti mobiliari (479 nel 2023) e i pignoramenti immobiliari di iniziativa (81 nel 2023). Il numero di posizioni che ogni anno si riversano sull’Agenzia “non sembra essere compatibile con l’attuale dimensione organizzativa della struttura” (sono comunque previste 5500 assunzioni in tre anni). Occorre migliorare le procedure di notifica – sono costose ed originano un gran numero di contenziosi – e mettere in contatto tra loro le grandi banche dati di cui lo Stato dispone per ridurre il gap di conoscenza sui contribuenti morosi. Soprattutto occorre clusterizzare in classi omogenee il gran numero dei debitori (oltre 21 milioni appunto), così da poterli raggiungere più rapidamente e soprattutto per trasferire su altre spalle i compiti di riscossione se lo Stato dovesse intraprendere questa strada, già in parte percorsa dagli enti locali con buoni esiti.

Trasferire ai servicer quote dei crediti? Benedetti (commissione ministeriale) delinea le caratteristiche della possibile partnership

Di questo ha parlato, tra l’altro, Roberto Benedetti, presidente della commissione ministeriale d’indagine che sta svolgendo una ricognizione parallela a quella parlamentare sui temi del “magazzino”. Per Benedetti, del grande stock dei crediti dello Stato (1273 miliardi) quelli che possono essere considerati con “aspettativa di riscossione” sono pari soltanto a 568 miliardi, una cifra che è comunque cinque volte superiore a quella considerata realistica da UPB e Corte dei Conti (intorno ai 100 miliardi).

Nelle audizioni svolte dalla commissione parlamentare con i principali provider del mondo dei servicer (Amco Prelios, doValue, banca Finnint) – ha detto Benedetti – hanno auspicato “la strutturazione di una partnership pubblico-privato e ipotizzato diverse soluzioni di mercato che – se opportunamente calibrate – potrebbero migliorare l’efficacia della riscossione dei crediti in stock.” L’industria del credit management dispone di esperienza consolidata, tecnologie avanzate e processi ottimizzati per assicurare un’efficace gestione dei crediti erariali presenti nel magazzino. L’ipotesi avanzata prevede “l’affidamento dei crediti a uno o più gestori, che a loro volta potrebbero servirsi di servicer per la riscossione di portafogli all’uopo costituiti. In tali casi, gli Enti creditori rimarrebbero titolari dei crediti, ma la loro riscossione verrebbe affidata non più ad AdeR, ma a soggetti privati.”

La cessione dei crediti a terzi “potrebbe essere pro soluto o pro solvendo, con una possibile revisione della cornice normativa per accompagnare l’operazione. Comportando la fuoriuscita dei beni dal patrimonio degli Enti creditori, andrebbero comunque valutati gli effetti contabili sui loro bilanci.”

Il pagamento del prezzo di vendita “sarà commisurato al valore dei portafogli che, dopo una stima preliminare (eventualmente affidata alla stessa AdeR), dovrà essere determinato attraverso un processo di due diligence e valutazione del credito.” La cessione potrebbe riguardare singoli portafogli di crediti, opportunamente clusterizzati per massimizzarne il valore di vendita.

La cartolarizzazione ipotizzata dagli auditi “consentirebbe di ottenere immediata liquidità attraendo capitali privati, ferma restando l’esigenza di migliorare la riscossione dei crediti.” In tal caso, vi sarebbe una cessione a titolo oneroso di uno o più categorie di crediti ad una (o più) società veicolo, la quale emetterebbe titoli destinati ad essere collocati presso investitori istituzionali, e provvederebbe alla riscossione dei crediti ceduti, destinando le somme incassate dai debitori ai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti. Anche nel caso di cartolarizzazione vi sarebbe uno smobilizzo dei crediti, i quali fuoriescono dal patrimonio del creditore a fronte dell’ottenimento di immediata disponibilità economica.

Centrale e imprescindibile per tutti gli operatori ascoltati dalla commissione sarebbe comunque la conoscenza analitica di una serie di dati relativi al debitore (anagrafica, area geografica, tipo di debitore, classificazione), ai crediti (garantiti/non garantiti, vetustà), alle procedure in corso o piani di rientro/accordi stragiudiziali in essere; alle garanzie e relativi beni; agli incassi storici registrati. Ciò al fine di condurre un’analisi che consenta di identificare le principali caratteristiche dei crediti, nonché di procedere a una loro clusterizzazione per approntare e mettere in atto strategie differenziate di recupero.