Mutui ipotecari: in caso di cessione del credito, azioni esecutive subordinate all’esibizione del contratto di cessione

La Cassazione chiarisce le regole per la prova della cessione del credito e i requisiti per le azioni esecutive nei confronti del debitore ceduto

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Fonte: Matthias_Lemm on Pixabay

Negli ultimi anni c’è stato un considerevole contenzioso riguardante il diritto di chi acquisisce un credito di procedere nei confronti del debitore ceduto. La Cassazione ha stabilito che, per procedere con azioni esecutive, è necessario produrre il contratto di cessione del credito, non essendo sufficiente l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale relativo a un intero portafoglio. Lo segnala un articolo de Il Sole 24 Ore a proposito dei portafogli distressed di mutui immobiliari ceduti a una società veicolo (SPV – special purpose vehicle) nell’ambito di una cartolarizzazione.

«La classificazione a sofferenza – spiega l’avvocato Letizia Vescovini – è indipendente dall’accertamento dell’inadempimento in sede giudiziaria e non si basa solo su singoli eventi (ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento della rata del mutuo o di altro debito), ma avviene quando il cliente è valutato dalla banca o dalla società finanziaria come ‘insolvente’, ossia non in grado, in modo definitivo, di saldare il proprio debito.» Quando un credito passa a sofferenza, avviene anche la segnalazione del nominativo del debitore nella Centrale Rischi di Banca d’Italia. Questa segnalazione va comunicata al cliente. Se quest’ultimo è un consumatore, ha diritto a ricevere un preavviso quando l’intermediario comunica per la prima volta la segnalazione a sofferenza o altra informazione negativa sul suo conto alla Centrale Rischi di Banca d’Italia.

Ebbene, «in questi ultimi anni – continua Vescovini – si è assistito a un considerevole contenzioso che vede, come preliminare contestazione, il diritto del cessionario di procedere nei confronti del debitore ceduto (in particolare, la sua legittimazione ad agire e la titolarità del credito), per poi, nel merito, l’esistenza e la quantificazione del credito per cui si procede al recupero coattivo.» Il tema assume un particolare rilievo perché, normalmente, il cessionario si propone di vendere l’immobile ipotecato posto a garanzia del prestito per rientrare nella sua esposizione. Ma, appunto, deve rispettare regole ben precise.

Vescovini ricorda che, in forza dell’articolo 58 del TUB, la notifica individuale al debitore ceduto viene sostituita con la pubblicazione di un avviso in Gazzetta Ufficiale. «La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto – continua Vescovini – ma non prova l’esistenza della stessa cessione e non esonera la parte che agisca, affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 TUB, dall’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.»

Per questo, la Cassazione, con la sentenza n. 3405/2024, ha confermato il suo orientamento in tema di prova della cessione di crediti in blocco, prevedendo che la cessione vada provata attraverso la produzione del contratto di cessione, non essendo da solo sufficiente l’estratto dell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ex articolo 58 TUB. In pratica, per procedere ad azioni esecutive sull’immobile ceduto, la società veicolo dovrebbe produrre il contratto di cessione del credito che include quello per cui si procede; altrimenti, corre il rischio che l’azione sia bloccata in quanto non risulta dimostrato il suo diritto di procedere.